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24 Maggio 2006

Iraq, si studia il piano per il ritiro

Autore: Carlo Mercuri

Roma – Oggi pomeriggio alla Farnesina si stabilirà il
destino dei militari italiani in Iraq. Il summit tra il ministro degli Esteri,
Massimo D’Alema, e il ministro della Difesa, Arturo Parisi, a questo servirà: a
fissare un calendario di massima del ritiro dei nostri soldati. «Nel giro di pochi
giorni – ha detto D’Alema a “Ballarò” – presenteremo un programma
chiaro. Noi abbiamo dichiarato che intendiamo ritirare le nostre Forze armate in Iraq ma
che intendiamo nello stesso tempo rafforzare la presenza civile in sostegno alla
ricostruzione del Paese. Ora – ha concluso – dobbiamo trasformare la scelta in
un piano concreto.

Infatti, la presenza civile ha bisogno di una protezione di
sicurezza». Si tratta dunque, stando alle parole del ministro, di
quantificare il numero dei militari che dovranno rimanere in Iraq per proteggere gli
operatori delle aziende italiane che si impegneranno nella ricostruzione del
Paese.

E’ evidente l’intendimento di D’Alema e Parisi. E’ quello di
marcare delle differenze rispetto al calendario del ritiro già predisposto
dal governo Berlusconi e che prevede il dimezzamento delle truppe (da
3.200 a 1.600) entro giugno e l’azzeramento entro la fine del 2006. Marcare delle
differenze rispetto al precedente programma significa una cosa sola:
accelerare, per quanto possibile, il ritorno a casa del contingente militare
e avviare, prima che sia possibile, una missione di cooperazione civile.

A quello di oggi altri incontri seguiranno, tra i
responsabili di Esteri e Difesa. D’altronde non è possibile prendere armi e bagagli e
andar via dall’Iraq in un colpo solo. Il governo Prodi deve prima
mettere a parte dei propri intendimenti i governi alleati e concordare con essi
una soluzione. Poi deve fare la stessa cosa nei riguardi del nuovo governo
iracheno. Infine deve avviare il vero e proprio piano di ritorno a casa dei nostri
militari, secondo i progetti suggeriti dai “tecnici”, cioè dai
vertici della Difesa. I quali hanno già fatto sapere che ci vorranno non meno di 80 giorni
per la smobilitazione completa. Dunque, come si vede, non è cosa
che si possa fare in una nottata.

Ma il nuovo governo è assai determinato a seguire la strada
del “tutti a casa”, prima che si può. «La nostra non è una fuga ma una scelta
politica», aveva sottolineato D’Alema a Napoli, sabato scorso. E sempre a
Napoli il ministro aveva spiegato di «voler mantenere l’impegno assunto con gli
elettori, ritirare cioè le Forze armate italiane con un programma che sia
ragionevole e concordato con il governo iracheno e con i nostri alleati». Del resto,
il ministro degli Esteri ha già in programma una visita a Washington per
incontrare il segretario di Stato Condoleezza Rice al fine di concordare i tempi del
rientro del contingente italiano. Questo incontro potrebbe
concretizzarsi già nei primi giorni di giugno.

Che il disimpegno iracheno sia uno dei
tratti distintivi del nuovo governo in questa primissima fase della legislatura è
stato riaffermato dal presidente del Consiglio, Romano Prodi, alla Camera
durante il dibattito sulla fiducia: «Ribadisco – ha detto – la decisione presa
sul ritiro delle truppe dall’Iraq e sottolineo che non significa venire meno
al ruolo che ci compete sullo scacchiere internazionale, per la nostra
dimensione, per la posizione geografica e per gli obblighi con i nostri partner
in difesa della libertà, della sicurezza, della pace e dei diritti
umani».