22 Febbraio 2006
Io non sono libero
Autore: Luca Coscioni
Fonte: l'Unità
Sono affetto da 10 anni e mezzo da sclerosi laterale amiotrofica, malattia
che lascia intatte le facoltà dell’intelletto e distrugge tutto il resto.
Costringe chi ne è affetto alla progressiva ed inesorabile immobilità, fino
a causarne la morte.
Non mi sento libero. Non sono libero.
Perché, ancora nel nostro Paese, le persone disabili non possono con una
coscienza di libertà propria, essere soggetti attivi nel processo sia di scelta
che di consumo di servizi e strutture libere per tutti gli altri
individui?
Parlo intenzionalmente di disabilità e non “di abilità diverse”, proprio
perché, sebbene la situazione sia migliore che in passato, la cultura
socio-politica italiana nei confronti della disabilità, è ancor piena di
pregiudizi, dove i rapporti civili e sociali, il rispetto della dignità umana,
le libertà individuali non sono affatto garantiti.
È un problema dunque di libertà degli individui che va di pari passo con la
responsabilità , perché in un Paese democratico non può esserci libertà senza
responsabilità.
Si perché è proprio la democrazia, nel nostro Paese, ad essere messa in
discussione, dove l’acquisizione del sapere, la ricerca, risorsa inesauribile
per la sopravvivenza dell’umanità, come luogo di discussione e di libertà su
temi che riguardano direttamente la vita, la morte, la salute, la qualità della
vita degli individui, è negata ad essa. Non può esserci dunque il superamento di
nessuna barriera, ideologica, geografica, economica, razziale, politica, se non
consideriamo le barriere invisibili per chi non le soffre, elementi fondamentali
della libertà personale.
E quando non si superano, si parla di violenza e di crimine contro
l’uomo.
Con l’Associazione che porta il mio nome, per la libertà di ricerca
scientifica, alla violenza sui diritti fondamentali dei cittadini, ho risposto
con il mio corpo che molti, forse, avrebbero voluto ridurre ad una prigionia
senza speranza, e rispondo oggi, con la mia sete d’aria, perché è il respiro a
mancarmi, che è la mia sete di verità, la mia sete di libertà. Mi auguro che i
malati come me, possano armarsi di forza, di coraggio e di uscire
dall’isolamento delle mura domestiche, per lottare per la propria esistenza, per
il riconoscimento della stessa, per la libertà, come solo chi ne è stato privato
è capace di farlo, per la libertà di scienza, per la libertà di ricerca, per la
libertà di coscienza, per quel valore di libertà che non può essere teorizzato,
ma semplicemente e dignitosamente vissuto.
Buon lavoro, ho concluso.
Questo l’intervento che Luca Coscioni aveva preparato e che sarebbe stato
letto oggi alla Prima Conferenza Organizzativa Regionale sulla SLA organizzata
dall’Associazione Viva la Vita in collaborazione con l’Assessorato alla Sanità e
quello alle Politiche Sociali della Regione Lazio, il Dipartimento di
Neuroscienze dell’Ospedale Gemelli e il Servizio di Telemedicina dell’Ospedale
Pertini)