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17 Giugno 2008

Il vero volto del Cavaliere

Autore: Ezio Mauro
Fonte: La Repubblica

Nel mezzo della luna di miele che la maggioranza degli italiani credeva
di vivere con il nuovo governo, la vera natura del berlusconismo emerge
prepotente, uguale a se stessa, dominata da uno stato personale di
necessità e da un´emergenza privata che spazzano via in un pomeriggio
ogni camuffamento istituzionale e ogni travestimento da uomo di Stato
del Cavaliere. No. Berlusconi resta Berlusconi, pronto a deformare lo
Stato di diritto per salvaguardia personale, a limitare la libertà di
stampa per sfuggire alla pubblicazione di dialoghi telefonici
imbarazzanti, a colpire il diritto dell´opinione pubblica a essere
informata sulle grandi inchieste e sui reati commessi, pur di fermare
le indagini della magistratura. La Repubblica vive un´altra grave
umiliazione, con le leggi ad personam che ritornano, il governo del
Paese ridotto a scudo privato del premier, la maggioranza parlamentare
trasformata in avvocato difensore di un cittadino indagato che vuole
sfuggire al suo legittimo giudice, deformando le norme.

In un solo
giorno – dopo la strategia del sorriso, il dialogo, l´ambizione del
Quirinale – Silvio Berlusconi ha chiamato a raccolta i suoi uomini per
operare una doppia azione di sfondamento alla normalità democratica del
nostro sistema costituzionale. Sotto attacco, la libertà di
informazione da un lato, e l´obbligatorietà dell´azione penale
dall´altro. Per la prima volta nella storia repubblicana, il governo e
la sua maggioranza entrano nel campo dell´azione penale per
stravolgerne le regole e stabilire una gerarchia tra i reati da
perseguire. Uno stravolgimento formale delle norme sulla fissazione dei
ruoli d´udienza, che tuttavia si traduce in un´alterazione sostanziale
del principio di obbligatorietà dell´azione penale.

Principio
istituito a garanzia dell´effettiva imparzialità dei magistrati e
dell´uguaglianza dei cittadini. La nuova norma berlusconiana
(presentata come un emendamento al decreto-sicurezza, firmato
direttamente dai Presidenti della I e II commissione di Palazzo Madama)
obbliga i giudici a dare «precedenza assoluta» ai procedimenti relativi
ad alcuni reati, ma questa precedenza serve soprattutto a mascherare il
vero obiettivo dell´intervento: la sospensione «immediata e per la
durata di un anno» di tutti i processi penali relativi ai fatti
commessi fino al 31 dicembre 2001 che si trovino «in uno stato compreso
tra la fissazione dell´udienza preliminare e la chiusura del
dibattimento di primo grado».

È esattamente la situazione in cui
si trova Silvio Berlusconi nel processo in corso davanti al Tribunale
di Milano per corruzione in atti giudiziari: con l´accusa di aver
spinto l´avvocato londinese Mills a dichiarare il falso sui fondi neri
della galassia Fininvest all´estero. Quel processo è arrivato al passo
finale, mancano due udienze alla sentenza. Si capisce la fretta, il
conflitto d´interessi, l´urgenza privata, l´emergenza nazionale che ne
deriva, la vergogna di una nuova legge ad personam. Bisogna ad ogni
costo bloccare quei giudici, anche se operano “in nome del popolo
italiano”, anche se il caso non riguarda affatto la politica, anche se
il discredito internazionale sarà massimo. Bisogna con ogni mezzo
evitare quella sentenza, guadagnare un anno, per dar tempo all´avvocato
Ghedini (difensore privato del Cavaliere e vero Guardasigilli-ombra del
suo governo) di ripresentare quel lodo Schifani che rende il premier
non punibile, e che la Consulta ha già giudicato incostituzionale,
perché viola l´uguaglianza dei cittadini: un peccato mortale, in
democrazia, qualcosa che un leader politico non dovrebbe nemmeno
permettersi di pensare, e che invece in Italia verrà presentato in
Parlamento per la seconda volta in pochi anni, a tutela della stessa
persona, dalla stessa moderna destra che gli italiani hanno scelto per
governare il Paese.

Con ogni evidenza, per l´uomo che guida il
governo non è sufficiente vincere le elezioni, e nemmeno stravincerle:
non gli basta avere una grande maggioranza alle Camere, parlamentari
tutti scelti di persona e imposti agli elettori, una forte
legittimazione popolare, mano libera nel dispiegare legittimamente la
sua politica. No. Ancora una volta a Berlusconi serve qualcosa di
illegittimo, che trasformi la politica in puro strumento di potere, il
Parlamento in dotazione personale, le istituzioni in materia
deformabile, come le leggi, come i poteri della magistratura. È una
coazione a ripetere, rivelatrice di una cultura politica spaventata, di
una leadership fuggiasca anche quando è sul trono, di un sentimento
istituzionale che abita la Repubblica da estraneo, come se fosse un
usurpatore, e non riesce a farsi Stato, vivendo il suo stesso trionfo
come abusivo. Col risultato di vedere il Capo dell´esecutivo chiedere
aiuto al potere legislativo per bloccare il giudiziario. Qualcosa a cui
l´Occidente non è abituato, un abuso di potere che soltanto in Italia
non scandalizza, e che soltanto l´establishment italiano può accettare
banalizzandolo, per la nota e redditizia complicità dei dominati con
l´ordine dominante, che è a fondamento di ogni autoritarismo popolare e
di ogni democrazia demagogica, come ci avviamo purtroppo a diventare.

Questo
uso esclusivo delle istituzioni e della norma, porta fatalmente il
Premier ad un conflitto con il Capo dello Stato, garante della
Costituzione. Napolitano era già intervenuto, nelle forme proprie del
suo ruolo, contro il tentativo di introdurre la norma anti-prostitute
nel decreto sicurezza, spiegando che non si vedeva una ragione
d´urgenza. Poi aveva preso posizione per la stessa ragione contro
l´ingresso nel decreto della norma che porta i soldati in strada a
svolgere compiti di polizia. Oggi si trova di fronte un emendamento che
addirittura sospende per un anno i processi penali e ordina ai
magistrati come devono muoversi di fronte ai reati, una norma
straordinaria inserita come “correzione” in un decreto che parla di
tutt´altro. Che c´entra la sospensione dei processi con la sicurezza?
Qual è il carattere di urgenza, davanti ai cittadini? L´unica urgenza –
come l´unica sicurezza – è quella privatissima e inconfessabile del
premier. Una stortura che diventa un abuso, e anche una sfida al Capo
dello Stato, che non potrà accettarla. Come non può accettarla il
Partito Democratico, che ieri con Veltroni ha accolto la proposta di
Scalfari: il dialogo sulle riforme non può continuare davanti a questi
“strappi” della destra, perché non si può parlare di regole con chi le
calpesta.
Nello stesso momento, mentre blocca i magistrati e ferma
il suo processo, Berlusconi interviene anche sulla libertà di cronaca.
Il disegno di legge sulle intercettazioni presentato ieri dal governo,
infatti, non impedisce solo la pubblicazione delle intercettazioni
telefoniche, con pene fino a 3 anni (e sospensione dalla professione)
per il cronista autore dell´articolo e fino a 400 mila euro per
l´editore. Le nuove norme vietano all´articolo 2 la pubblicazione
“anche parziale o per riassunto” degli atti delle indagini preliminari
“anche se non sussiste più il segreto”, fino all´inizio del
dibattimento. Questo significa il silenzio su qualsiasi notizia di
inchiesta giudiziaria, arresto, interrogatorio, dichiarazione di parte
offesa, argomenti delle difese, conclusioni delle indagini preliminari,
richiesta di rinvio a giudizio. Tutto l´iter investigativo e
istruttorio che precede l´ordinanza del giudice dell´udienza
preliminare è ora coperto dal silenzio, anche se è un iter che nella
lentezza giudiziaria italiana può durare quattro-sei anni, in qualche
caso dieci. In questo spazio muto e segreto, c´è ora l´obbligo
(articolo 12) di “informare l´autorità ecclesiastica” quando l´indagato
è un religioso cattolico, mentre se è un Vescovo si informerà
direttamente il Cardinale Segretario di Stato del Vaticano, con un
inedito privilegio per il Capo del governo di uno Stato straniero, e
per i cittadini-sacerdoti, più cittadini degli altri.

Se il diritto
di cronaca è mutilato, il diritto del cittadino a sapere e a conoscere
è fortemente limitato. Con questa norma, non avremmo saputo niente
dello spionaggio Telecom, del sequestro di Abu Omar, della scalata
all´Antonveneta, della scalata Unipol alla Bnl, del default Parmalat,
della vicenda Moggi, della subalternità di Saccà a Berlusconi, dei
“pizzini” di Provenzano, della disinformazione organizzata da Pollari e
Pompa, e infine degli orrori della clinica Santa Rita di Milano. Ma non
c´è solo l´ossessione privata di Berlusconi contro i magistrati e i
giornalisti (alcuni). C´è anche il tentativo scientifico di impedire la
formazione di quel soggetto cruciale di ogni moderna democrazia che è
la pubblica opinione, un´opinione consapevole proprio in quanto
informata, e influente perché organizzata come attore cosciente della
moderna agorà. No alla pubblica opinione (che non sappia, che non
conosca) a favore di opinioni private, meglio se disorientate e
spaventate, chiuse in orizzonti biografici e in paure separate,
convinte che non esista più un´azione pubblica efficace, una risposta
collettiva a problemi individuali.

A questo insieme di individui
–di cui certo fanno parte anche gli sconfitti della globalizzazione, la
nuova plebe della modernità – il populismo berlusconiano chiede solo
una vibrazione di consenso, un´adesione a politiche simboliche, una
partecipazione di stati d´animo, che si risolve nella delega. La cifra
che lega il tutto è l´emergenza, intesa come orizzonte delle paure e
fine del conformismo, del politicamente corretto, delle regole e degli
equilibri istituzionali. Conta decidere (non importa come), agire (non
conta con che efficacia), trasformare l´eccezione in norma. Il governo,
a ben guardare, non sta militarizzando le strade o le discariche, ma le
sue decisioni e la sua politica. Meglio, sta militarizzando il senso
comune degli italiani, forzandolo in un contesto emergenziale continuo,
con l´esecutivo trasformato per conseguenza da organo ordinario in
straordinario, che opera in uno stato d´eccezione perenne.

Così Silvio
Berlusconi può permettersi di venire allo scoperto in serata, scrivendo
in una lettera a Schifani che la norma blocca-processi «è a favore di
tutta la collettività», anche se si applica «a uno tra i molti
fantasiosi processi che magistrati di estrema sinistra hanno intentato
contro di me per fini di lotta politica». È il preannuncio di una
ricusazione, in una giornata come questa, vergognosa per la democrazia,
con il premier imputato che rifiuta il suo giudice mentre ne blocca
l´azione. A dimostrazione che Berlusconi è pronto a tutto. Dovremmo
prepararci al peggio: se non fosse che il peggio, probabilmente, lo
stiamo già vivendo.