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7 Dicembre 2004

Il triste anniversario dei diritti umani

Autore: Mario Soares
Fonte: l'Unità

Tutta la teoria contemporanea sui diritti umani proviene dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, votata nel 1789 dall’Assemblea Costituente istituita dalla Rivoluzione Francese che, a sua volta, si ispirava nel preambolo della Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti (1776), che dice: «Tutti gli uomini sono nati uguali e hanno ricevuto dal loro Creatore alcuni diritti inalienabili». Antecedenti più lontani sono la Magna Carta (secolo XII) e la «Bill of Rights» delle rivoluzioni inglesi del secolo XVII.

Però, per noi che viviamo nel XXI secolo, il riferimento fondamentale sui diritti umani è la Dichiarazione Universale approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre del 1948.


Questa dichiarazione, votata da tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite – compreso quelli che non la rispettano – è stata integrata da diverse convenzioni, come quelle relative ai diritti politici, quelle socio-economiche e quelle della donna.

Nell’ultimo periodo della Guerra Fredda, i diritti umani sono stati una bandiera costantemente issata dall’Occidente per sconfiggere l’Unione Sovietica. Il blocco sovietico metteva l’accento sull’eguaglianza – definita guardando le scandalose disuguaglianze socio-economiche esistenti nel mondo capitalista – mentre l’Occidente lo metteva sulle libertà e, soprattutto su quelle politiche e religiose. Già allora, gli Stati Uniti usavano il detestabile criterio di “due pesi e due misure” per valutare le violazioni dei diritti umani, come spesso accadeva specialmente in America Latina, regione vittima di ripetuti interventi politico-militari ed economici da parte di Washington. L’esempio più clamoroso è stato il Cile di Pinochet.

Con la caduta del Muro di Berlino abbiamo assistito al fenomeno – straordinario e non violento – del collasso del comunismo. E il mondo dette un giro di 180 gradi. Fu proclamata l’universalità dei diritti umani e della democrazia come una realtà alla portata di tutti i popoli, così come la promessa di una pace perpetua, vecchio sogno di Emmanuel Kant. Che illusi! La disintegrazione della Jugoslavia, lacerata da conflitti etnico-religiosi, e la Guerra del Golfo furono i primi segnali di quel che ci attendeva.

E poi arrivò l’11 settembre 2001, un orrore allo stato puro. Fu evidente l’immenso pericolo del terrorismo islamico o globale, insieme alla constatazione della vulnerabilità dell’iper-potenza. E siamo precipitati in un mondo inquietante dove l’importanza dei diritti umani è stata coscientemente screditata con il pretesto della preoccupazione per la sicurezza.

È fuori discussione che la lotta al terrorismo globale – o guerra, come imprudentemente l’ha chiamata Bush – è un imperativo assoluto con il quale dobbiamo essere fermamente solidali. Ma questa lotta deve essere condotta con intelligenza critica, basandosi su informazioni rigorose, con il conoscimento del terreno e delle condizioni in cui il terrorismo si muove.

Il brodo in cui cresce il terrorismo è il sottosviluppo, la mancanza di orizzonti e gli attentati contro la dignità delle popolazioni arabo-musulmane. Ed è ovvio che dobbiamo combatterlo con il rispetto assoluto dei diritti umani. Quando non è così, i terroristi e i loro antagonisti si ritrovano sullo stesso livello morale.

Precisamente per questo, l’amministrazione Bush ha clamorosamente fallito. Adesso siamo a un passo da una guerra di religione che altro non è se non un tremendo passo indietro in termini di civilizzazione. E il tentativo di marginalizzare le Nazioni Unite è stato un tragico errore che ha causato una frattura nell’Occidente visto che l’Europa non può accettare un simile cammino, non solo per ragioni strategiche ma anche e soprattutto per i valori umanisti che sono alle radici della costruzione europea. La violazione dei diritti umani dei prigionieri di “guerra” a Guantánamo, in Iraq e in Afghanistan, rappresentano una totale trasgressione alle convenzioni di Ginevra. Anche la tortura è stato un errore imperdonabile.

Quando parlo di fondamentalismo non mi riferisco solo alla variante islamica, ma anche agli altri due che vi si oppongono. Il fondamentalismo evangelico, nato negli stati del sud dell’America del Nord, attualmente in un momento di espansione anche in America Latina e in Africa, è dotato di ingenti risorse finanziarie; e il fondamentalismo ebreo-ortodosso che oggi sembra avere come obiettivo la liquidazione dello Stato palestinese.

A questi due fondamentalismi che, semplificando, definiamo di tipo religioso, dobbiamo aggiungerne un altro di tipo economico: il fondamentalismo del mercato, propulsore della globalizzazione senza etica che domina il pianeta e che lo divide tra poveri e ricchi, marginalizzando un terzo dell’umanità.

Anche se sono molto diversi tra loro, questi fondamentalismi convergono per la distruzione dell’ordine mondiale fissato nella Carta delle Nazioni Unite, nel diritto internazionale e nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo che abbiamo ereditato dal secolo scorso e che bene o male, ha alimentato il sogno dell’uguaglianza della condizione umana, indipendentemente dalla razza, dalla religione e dalla situazione sociale.


Mario Soares è stato presidente del Portogallo dal 1986 al 1996

Copyright Ips Traduzione di Leonardo Sacchetti