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19 Novembre 2004

Il tesoretto – Arriva nel centrosinistra anche Enrico Manca. Ecco chi è, ecco i suoi rapporti con Previti e i con i soldi della Fininvest

Autore: Gianni Barbacetto

A volte nei grandi processi accadono cose inaspettate, si inseriscono vicende laterali, entrano personaggi minori. L’attenzione di giudici, avvocati, giornalisti, normalmente rivolta ai protagonisti, agli imputati principali, ai comportamenti di accusa e difesa, per qualche attimo viene dirottata su storie diverse, quasi divagazioni della sorte. Così è successo nell’udienza del 28 maggio 2001 al processo chiamato «Toghe sporche-Sme», quando è stato chiamato a testimoniare Enrico Manca.


Il processo detto «Toghe sporche» è quello in cui Silvio Berlusconi è imputato (insieme all’avvocato Cesare Previti e ai giudici di Roma Renato Squillante e Filippo Verde), con l’accusa di aver corrotto i giudici romani per ottenere un atteggiamento a lui favorevole nella vicenda delle trattative per la vendita ai privati della società pubblica Sme. Il teste Enrico Manca è invece un ex dirigente del Psi. È stato parlamentare socialista fin dal 1972. È stato anche, nel 1980-81, ministro del Commercio con l’estero. E, dal 1986 al 1992, ha guidato, come presidente, la Rai.


La pubblica accusa, rappresentata dal sostituto procuratore di Milano Ilda Boccassini, lo ha voluto interrogare sui suoi rapporti con Cesare Previti, per via di strani passaggi di denaro intercorsi tra i due, come era emerso nella fase istruttoria dell’inchiesta. Stimolato dal pubblico ministero, Manca ha cominciato a raccontare la storia del suo tesoretto in Svizzera. Una vicenda che avrà, prevedibilmente, scarse conseguenze giudiziarie, ma che può aggiungere elementi utili a capire come si faceva (si fa?) politica in Italia. E può fornire nuovi contributi per scrivere la storia della Rai e della televisione italiana.

Durante la testimonianza si è parlato anche di alcuni cocktail ­ «per soli uomini» ­ a casa Previti, in cui dirigenti di partito e manager di Stato discutevano di politica economica. Infine si è evocata l’ombra di una loggia massonica segreta, che vent’anni fa fece molto scandalo: la P2.


Nessun giornale o telegiornale, comunque, ha dato il giorno dopo notizia di questo interrogatorio. Noi ci accontenteremo di raccontarne le tre scene principali, ascoltando le voci dei diretti protagonisti.


Scena prima:

Di come Cesare Previti, avvocato, esercitasse

la professione di banchiere privato


Dopo aver declinato le proprie generalità e aver compiuto il giuramento di rito, il teste Enrico Manca (T) comincia a rispondere alle domande che gli vengono poste dal pubblico ministero Ilda Boccassini (Pm).

Pm: ­ Senta, Lei conosce Cesare Previti? E in caso positivo, quando l’ha conosciuto e che tipo di rapporto ha instaurato con Cesare Previti nel corso conosciuto degli anni?


T: ­ Allora, conosco Cesare Previti, l’ho conosciuto a metà degli anni Settanta, nel ’74, ’75… Si è stabilito un rapporto amichevole, tra l’altro il padre di Previti era un commercialista e… praticamente mi ha dato assistenza legale… diciamo fiscale, insomma, per le pratiche mie e della mia famiglia nel corso degli anni. A un certo momento, verso la fine degli anni Settanta ­ nel ’77, ’78, non ricordo esattamente ­ insomma ho chiesto anche una assistenza particolare a Previti, nel senso che mia madre, timorosa della situazione economica, inflazione e così via, desiderò aprire, trasferire in Svizzera dei soldi che erano nella sua disponibilità. Io chiesi assistenza a Previti per questo, lui mi disse che lo avrebbe potuto fare. Consegnai questi soldi ­ se poi devo specificare vi specifico anche quanto: insomma, circa 400 milioni. (…) Si occupò lui di trasferirli e, diciamo, della gestione di questo conto in Svizzera, come è testimoniato dalla banca e come io ho consegnato la documentazione all’ufficio del Pubblico ministero. Io non ho mai gestito, diciamo così, questo conto. E avvenivano… credo si chiamino delle compensazioni, cioè nel senso che io ogni tanto chiedevo a Previti di trasferirmi alcuni soldi in Italia, cosa che lui faceva. Soltanto quando si è aperta questa vicenda e io ho avuto la documentazione bancaria ho potuto verificare ­ cosa che io non sapevo prima ­ che una… che queste somme, almeno per cinque volte, per cinque bonifici, sono avvenuti tramite il conto dell’avvocato Pacifico, che io non conoscevo ­ cioè, l’ho conosciuto molto superficialmente, l’avrò visto due o tre volte, ma non sapevo naturalmente che era tramite lui che questo avveniva. Si tratta di cinque bonifici: un bonifico è del maggio dell’89, mi pare che siano 180 milioni. Debbo anche precisare che nell’interrogatorio con il Pubblico ministero, a domanda cosa ne ricordavo, ho fatto un migliore, diciamo così, ripercorso di memoria e ho potuto constatare che esattamente un mese dopo, nel giugno, ho acquistato per mia figlia una casa a via dei Serpenti per 130 milioni. E poi ho avuto delle spese di ristrutturazione, attorno ai 60 milioni, quindi penso che l’utilizzo sia stato quello. Poi ci sono stati altri tre bonifici nel corso dell’anno ’90 e, se la memoria non mi tradisce, uno è nel maggio, uno è nel luglio e l’altro è nell’ottobre ­ o ottobre o dicembre, insomma ­ per complessivi, nel corso dell’anno, 163 milioni. Anche qua, a domanda del Pubblico ministero, ho detto di non ricordare, essendo passati molti anni. Andando a rivedere le carte (che tra l’altro posso anche avere e così via) sono stati utilizzati ­ almeno in parte, naturalmente, perché non è che posso…, non ho il timbretto sui soldi insomma ­ per la ristrutturazione di una casa in Toscana, a Capalbio, che ho da moltissimi anni. L’ultimo bonifico, il quinto avvenuto tramite questo giro che poi ho verificato solo successivamente, è del ’93 e sono 70 milioni: ricostruendo, in parte sono andati per un allargamento sempre della casa di Capalbio, in parte sono andati a coprire delle spese perché avevo intanto fondato una rivista, «Pol-Is Politica e Istituzioni», che appunto aveva bisogno di un qualche sostegno. Questi diciamo sono i bonifici che ho ricevuto, poi non ho mai più dato ­ tranne i primi di mia madre di fine ’77 ­ non ho più trasferito tramite Previti soldi in questo conto, tranne che nel 1992. Nel 1992, a seguito della vendita di una casa avuta in eredità da mia madre nell’ottobre del ’91 (e la documentazione è presentata all’ufficio del Pubblico ministero), ho venduto questa casa per 830 milioni, di questi mi pare circa 600, 700 ­ adesso non ricordo esattamente ­ ho trasferito nel ’92, nel maggio del ’92, nel conto in Svizzera tramite Previti. Alla domanda del Pubblico ministero come mai dall’ottobre ’91 avevo trasferito questi soldi nel maggio del ’92, ho risposto ­ e confermo ­ che ho tenuto questi soldi nella mia abitazione, in cassaforte, e in parte in una cassetta della Banca Nazionale del Lavoro di via Veneto. Per precauzione: avendo una campagna elettorale difficile nel 1992, ho tenuto questi soldi di riserva per vedere se mi sarebbero stati necessari. Non sono stati necessari, nel senso che sono stato per la quarta volta rieletto con il massimo numero di voti, sono stato nella storia il deputato più votato di tutti i partiti… Poi, finita la campagna elettorale, ho trasferito questi soldi. Anche là, poi, guardando sempre i conti che ho avuto dalla banca, ho visto che questi soldi che io ho consegnato, non mi ricordo se in una o due volte direttamente a Previti, poi hanno girato: una parte tramite il conto di Previti sono arrivati sul mio conto, e una parte, cinquanta e cinquanta, attraverso dei clienti di Previti di cui non conosco il nome, che sono andati nel conto. Altre, diciamo così, operazioni, non ci sono state, se non solo queste due volte, una volta nel ’77, ’78, una volta nel ’92 ­ e quindi a distanza di molti anni. Poi il conto è stato alimentato, fuori da Previti, diciamo da me, dall’88 o ’89 fino al ’92, con dei versamenti che sono stati fatti da un mio amico… diciamo compagno di partito, imprenditore, direttamente sul conto, in vari versamenti… se debbo dire il nome lo dico, al Pubblico ministero l’ho detto, ma se non è indispensabile…


Pm: ­ Non ha interesse la Pubblica accusa. Se poi la Difesa intenderà chiederlo, Lei ovviamente dovrà rispondere.

T: ­ Va bene, e sono stati appunto versati tenendo conto… c’è una motivazione politica, perché nell’89 si aprì un forte dissenso, il secondo forte dissenso fra il segretario del Partito socialista Craxi e me ­ il primo dissenso avvenne nel ’79 in quello che nella storia politica è importante, non sicuramente in quest’aula, il congresso di Torino del ’79, in cui ci fu lo scontro fra me e Craxi, e vinse Craxi, come è noto, e… ­ poi nell’89, scusate, caduto il muro di Berlino, io pensavo che fosse utile per il Partito socialista interrompere la collaborazione con il pentapartito e avviare un processo di tipo mitterrandiano in Italia, quindi ricostruire una unità a sinistra sotto la leadership socialista, visto che la storia aveva dato largamente ragione alle posizioni socialiste. Su questo ci fu un dissidio forte, testimoniato dai libri, diciamo… di storia o se volete di cronaca: io fui l’unico membro della direzione del Partito a votare contro la riedizione del governo con l’onorevole Andreotti, e si aprì una fase di tensione. Io… una fase di tensione che ebbe anche ripercussioni nel collegio elettorale… allora ero stato eletto senatore, nell’87…


Pm: ­ La fermo perchè queste cose non interessano al processo nè in un’aula di giustizia.

T: ­ Sì, sì, benissimo.

Pm: ­ Lei quindi ha detto che vi erano delle rimesse che tornavano in Italia, arrivava quindi contante?

T: ­ Sì.

Pm: ­ Da chi le veniva consegnato e dove?

T: ­ Mi veniva consegnato da Previti.

Pm: ­ Personalmente da Cesare Previti?

T: ­ Personalmente, sì.

Pm: ­ Nel suo studio?

T: ­ Nel suo studio.

Pm: ­ Nel suo studio: quindi Lei era preavvertito, andava da Previti e raccoglieva questi contanti. Questo valeva anche per l’inverso? Cioè quando Lei ha dovuto trasferire dei fondi in Svizzera?

T: ­ Due volte è avvenuto.

Pm: ­ Sì.

T: ­ Una volta nel…

Pm: ­ Sì, le due volte…

T: ­ Quelle due volte, sì…

Pm: ­ Lei ha consegnato denaro contante…

T: ­ …direttamente a Previti.

Pm: ­ A Previti, e poi Lei se li è trovati, senta… quindi nella gestione di questo conto in Svizzera era delegato esclusivamente ad operare Cesare Previti?


T: ­ Assolutamente, come testimoniato dalla lettera della banca di cui Lei è in possesso. Io non ho mai gestito… ho gestito nel senso che sono andato nel ’94 per la prima volta presso la banca e ho deciso, ho guardato come era la situazione, ho visto che c’era una società che si chiamava Coraltec, ho deciso di chiudere questa società e di trasferire quello che rimaneva in un conto personale, al fine di assicurare anche una trasparenza assoluta. Perché ho fatto questo nel ’94? L’ho fatto perché Previti era stato eletto deputato di Forza Italia e ministro della Difesa e mi sembrava che la sua attività prevalente fosse quella politica, non più quella ­ diciamo così ­ legale. E quindi mi sembrava giusto, per tanti motivi, separare, diciamo, questa gestione. Ho definitivamente chiuso il conto presso la banca nel ’96, diciamo per queste stesse ragioni, accentuate dal fatto che nel ’96 erano emerse le questioni giudiziarie di cui ora vi state occupando e quindi ritenevo utile, giusto, necessario uscire anche da quella banca per non ­ come dire… ­ creare un collegamento che comunque non aveva rapporto con le vicende, ma insomma… (…).


Primo intermezzo:

Lo strano caso dei soldi passati dall’avvocato della Fininvest

al presidente della Rai


Enrico Manca, politico e parlamentare della sinistra, trasferisce dunque, come racconta egli stesso, i suoi soldi all’estero, quando questo era reato. Per farlo, li affida a un noto avvocato romano di destra, Cesare Previti, che, a quanto apprendiamo, fa il banchiere privato, il gestore di capitali, il manovratore di soldi riservati in canali (allora) illegali.

Che soldi sposta all’estero, il compagno Manca? Risparmi della madre, spiega il teste, soldi provenienti dalla vendita di una casa romana…


Poiché però Enrico Manca dal 1986 al 1992 è stato presidente della Rai, si è venuta a creare la seguente situazione: Cesare Previti, l’avvocato della Fininvest ­ che è stata addirittura fondata nel suo studio romano ­ ha acceso e gestito per anni un tesoretto in Svizzera al presidente della Rai. Proprio in anni in cui la Rai, dopo una dura competizione di mercato con le reti di Berlusconi, decideva di abbassare il livello dello scontro e di ammorbidire la concorrenza con la Fininvest. La tv pubblica (vale a dire: dei partiti) firmava di fatto una sorta di armistizio con la concorrente tv privata di Berlusconi, istituzionalizzando il duopolio Rai-Fininvest e ponendo le basi per il varo di una pessima legge sulla tv, la cosiddetta Legge Mammì.


Il conto Previti-Manca è stato chiuso soltanto il 18 marzo 1996, quando era già esploso lo scandalo delle «Toghe sporche» e Previti era stato messo sotto accusa dalla procura di Milano, che aveva fatto arrestare anche il giudice Renato Squillante e l’avvocato Attilio Pacifico.


Scena seconda:

Della politica economica a casa Previti


Il pubblico ministero Ilda Boccassini (Pm) continua a porre domande al teste Enrico Manca (T): sugli incontri avuti a casa Previti, con alti papaveri della politica e dell’industria di Stato. E insiste su qualche contraddizione del teste, su qualche dimenticanza (è passato tanto tempo…). Perché, per esempio, ricorrere a un prestanome (il signor Marco Iannilli) per aprire conti e cassette di sicurezza in una banca? A che titolo ricevere assegni dall’avvocato della Fininvest Cesare Previti? Assegni o contanti?

Pm: ­ Senta, Lei conosce Giorgio Casoli?

T: ­ Certo.

Pm: ­ Che tipo di rapporto avevate o avete?

T: ­ Allora, Giorgio Casoli l’ho conosciuto nel 1980, quando lo eleggemmo sindaco di Perugia. E, come dire, ho avuto con lui rapporti politici e anche personali, in una fase migliori, in un’altra fase più tesi. Se vuole, vado avanti a precisare e approfondire, come vuole Lei….

Pm: ­ No, non è interessante (…). Senta, Lei frequentava anche casa Previti?

T: ­ Sì, certo.


Pm: ­ Quale indirizzo?

T: ­ Allora, casa… Previti ha avuto casa fino… adesso mi pare grosso modo all’87, fine ’87, a via Cicerone e poi si è trasferito a Piazza Farnese. Io ho frequentato sia via Cicerone che piazza Farnese.

Pm: ­ Ma cosa erano: ricevimenti, cene, colazioni, aperitivi, cocktail?

T: ­ Allora, distinguiamo: io ricordo… lo ricordo perchè in qualche misura sono stato io promotore di due cocktail, prima che diventassi presidente della Rai, perché ero allora responsabile per la politica economica del Partito socialista, e Previti era vicepresidente della Alenia, Alenia Spazio, e io… siccome lui aveva questa casa grande e così via, allora gli dissi se si potevano là organizzare dei cocktail per ­ tra l’altro per soli uomini ­ diciamo così, per impostare delle relazioni, insomma, e in generale erano imprenditori pubblici o privati, insomma, non so… Mi ricordo il presidente di Finmeccanica Viezzoli, mi pare Fabiani… Poi c’era… alcuni miei amici tipo l’avvocato Lemme, Giannotta che purtroppo è morto, che era il presidente dell’Italtel, alcuni parlamentari come Andò, La Ganga, De Michelis… Insomma ce ne sono stati due, quello me lo ricordo, due di questo tipo. Poi invece ci sono state non più, che io mi ricordi almeno con me, ricevimenti nel senso di molta gente, ci sono state delle cene o pranzi a casa Previti con… o persone di famiglia o alcune volte con Confalonieri, lo stesso Berlusconi un paio di volte o di più. Grosso modo, insomma, questo è quello che ricordo io.


Pm: ­ Lei ha incontrato anche magistrati in queste occasioni a casa Previti?

T: ­ Guardi, io non ricordo di avere incontrato magistrati e comunque, diciamo così, nulla che abbia potuto focalizzare la mia attenzione, insomma. Poi naturalmente non escludo che qualcuno ci sarà potuto essere qualche volta, ma insomma non…

Pm: ­ Lei Renato Squillante lo conosceva?

T: ­Renato Squillante lo conoscevo, lo conosco, è… ha frequentato gli ambienti socialisti, quindi l’ho conosciuto. Non c’è stata una frequentazione né un rapporto stretto, però l’ho conosciuto. Lui è in ambienti socialisti in tutta una fase, molto legato a Giacomo Mancini; poi l’ho ritrovato assistente giuridico di Cossiga quando Cossiga era presidente della Repubblica. Niente più, niente di meno, insomma, comunque lo conoscevo.

Pm: ­ Senta, il danaro che Le veniva consegnato da Previti, erano banconote fascettate, o appena uscite dalla banca, o malmesse? Lei ricorda l’importo: 100 mila lire, 50 mila lire, 10 mila lire?


T: ­ Questo francamente…

Pm: ­ Non se lo ricorda.

T: ­ Mi chiede una cosa che non ricordo.

Pm: ­ Senta, Lei ha mai conosciuto Marco Iannilli?

T: ­ Sì, Marco Iannilli era un collaboratore ­ era o è, non lo so bene ­ un collaboratore dello studio Previti e a un certo momento (non so bene collocare la data, ma è sicuramente negli anni… nella seconda metà degli anni Ottanta), insomma, una volta, cioè, Previti mi disse: «Guarda, se vuoi per, come dire, facilitarti un po’ le cose, anche per una certa riservatezza ­ siccome c’era la Banca nazionale del lavoro che aveva la sede proprio a via Del Corso accanto alla sede del Partito ­ ti faccio aprire da un mio collaboratore (che poi ho visto che era Marco Iannilli) una cassetta di sicurezza e tu hai le chiavi e, quindi, diciamo la puoi utilizzare». Cosa che è avvenuta, francamente questa cassetta non l’ho quasi mai utilizzata.


Pm: ­ Fra i documenti che sono anche in vostro possesso, presidente, leggo febbraio ’87.

T: ­ Eh…

Pm: ­ E risulta anche che la cassetta è stata aperta, cioè è stata utilizzata.

T: ­ Sì, poco…

Pm: ­ È un dato documentale, voglio dire, da qua non si prescinde.

T: ­ Certo, certo…

Pm: ­ Senta, siamo nell’87, se se non ricordo male Lei è già presidente della Rai…

T: ­ Sì.

Pm: ­ Quindi ricopre una carica istituzionale. Sì, ma vorrei che Lei spiegasse meglio, perché francamente mi sfugge per quale motivo Lei ha dovuto servirsi, utilizzare un prestanome, un’altra persona, per aprire una banalissima cassetta di sicurezza, avendo Lei dei conti correnti accesi su vari istituti di Credito… È vero che Lei aveva conti correnti in quel periodo?

T: ­ Certo, certo…

Pm: ­ Allora come mai ha utilizzato una terza persona?

T: ­ Allora avevo dei conti correnti anche alla Banca nazionale del lavoro.

Pm: ­ Ecco, a maggior ragione: perchè ha utilizzato un prestanome?

T: ­ Ma, guardi, nessun… credo un motivo più che altro di… come dire, di riservatezza, di…

Pm: ­ Ma la banca è di per sé riservata, perché…

T: ­ Beh, sa…

Pm: ­ …a meno che la magistratura non chieda, le banche sono di per sé istituti basati sul segreto bancario, quindi nessuno può…

T: ­ Sì, no, ma più che altro…

Pm: ­ Cioè non capisco questo tipo di riservatezza.

T: ­ Ma sa, più che altro il problema probabilmente era anche legato a scendere, andare, fare… Guardi, francamente non c’è stato nessun motivo particolare, è una cosa che non… come dire, cioè, non ho dato particolare rilievo alla cosa, insomma, ecco.

Pm: ­ Presidente, se Lei mi consente, io mostrerei degli assegni bancari che voi già avete e che sono stati ovviamente prelevati dai conti correnti di Cesare Previti, intestati all’onorevole Manca (…). Sono assegni che abbiamo trovato noi, dell’importo di 50, 40 milioni per l’onorevole Manca, a firma Cesare Previti a Lei girati. Si tratta delle compensazioni?

T: ­ Immagino di sì, sono del 1989…


Pm: ­ Ma Lei non ha detto che riceveva denaro contante?

T: ­ Eh, sì, eh… È l’89, sono dieci e più anni fa, sa, adesso… può essere benissimo…

Pm: ­ O è altro denaro che Lei in qualche modo riceveva da Cesare Previti?

T: ­ No, io da Cesare Previti non ho ricevuto altro danaro che non fosse quello delle compensazioni.

Pm: ­ Quindi Lei non se lo ricorda?

T: ­ Ma penso sicuramente che siano quelli.

Pm: ­ Ma Lei ha detto che i soldi le venivano consegnati sempre a mano.

T: ­ E infatti così ricordo. (…) Guardi, non… non mi ricordo adesso questo, credo che…

Pm: ­ Può leggere gli importi, Manca, per favore?

T: ­ Sì, 40 milioni…

Pm: ­ Data?

T: ­ 19 ottobre ’89.

Pm: ­ Poi? Vada avanti.

T: ­ Poi 20 milioni, 31 dicembre ’89; 20 milioni, 22 gennaio ’90; 28 milioni e 500 mila, il 21 dicembre del ’90.

Pm: ­ Quindi, insomma, non è in grado di dettagliarci meglio l’origine di questi assegni?

T: ­ Dieci anni fa, non… può esserci stato qualche motivo che qui non mi ricordo, non lo so, un prestito, una cosa, non lo so… non ho… Credo che siano quelli della compensazione, che probabilmente una parte saranno stati in contanti, adesso… non è così, forse una parte sarà stato… d’altra parte, voglio dire, sono cifre che…


Anche un avvocato del collegio difensivo, Perroni (D), pone alcune domande al teste Enrico Manca (T). Il quale sviluppa e precisa il suo racconto sui ricevimenti politico-economici a casa Previti.


D: ­ Lei da quanto tempo conosce Cesare Previti?

T: ­ Da metà degli anni Settanta.

D: ­ Quindi, insomma, più di una ventina d’anni?

T: ­ Sì. (…)

D: ­ Oh, sempre con riferimento alle frequentazioni di casa Previti, mi sembra di aver capito ­ Lei mi corregga se sbaglio ­ che in una prima fase sostanzialmente Lei ricorda solo due ricevimenti ­ parlo di quando ancora Previti abitava a via Cicerone.

T: ­ Beh, diciamo che quelli me li ricordo bene perche in qualche misura… diciamo li ho promossi io, insomma, ecco, promossi sì. Insomma ho detto: «Facciamo… ci hai una casa, possiamo invitare un po’ di persone»… Diciamo così, dei rapporti di relazioni esterne, appunto, io ero interessato a stabilire positivi rapporti ­ avendo la direzione della politica economica del Partito socialista ­ con dirigenti dell’impresa pubblica, dirigenti dell’Iri, essendo lui uno dei vicepresidenti di una delle società dell’Iri… Niente di più e niente di meno, insomma.


Secondo intermezzo:

Conversazioni sulle sorti dell’industria di Stato


La politica economica, dunque, si faceva a casa Previti: Enrico Manca, il responsabile della politica economica del Partito socialista, nonché per alcuni anni ministro, forse a corto di adeguate sedi istituzionali, aveva chiesto all’attivissimo e utile avvocato (oltre che un tesoretto in Svizzera e un prestanome per aprire una cassetta di sicurezza nella banca sottocasa) di mettere a disposizione la sua bella dimora romana («Ci hai una casa, possiamo invitare un po’ di persone…»).

Così i boiardi di Stato potevano tranquillamente incontrarsi e discutere con Gianni De Michelis, Giusi La Ganga, Salvo Andò, Enrico Manca… Ah, fosse rimasta una registrazione di quelle conversazioni, che splendido romanzo…


Scena terza:

Toh, chi si rivede, la P2


Terminate le domande del pubblico ministero, il presidente del Tribunale, come di rito, concede la parola agli avvocati della difesa. L’avvocato Perroni (D) pone alcune domande al teste Enrico Manca (T): emerge dalla nebbia della storia una vecchia vicenda dimenticata, quella degli elenchi della loggia massonica segreta P2. Sul club guidato da Licio Gelli torna, infine, anche il pubblico ministero (Pm), al termine delle domande della difesa.


D: ­ Ecco, io vorrei tornare invece un attimo sui rapporti con il senatore Giorgio Casoli che Lei aveva accennato. Ce li può cortesemente dettagliare? (…).

T: ­ Allora, ripercorrendo… Nell’80 Casoli viene eletto sindaco di Perugia e quindi io naturalmente lo conosco bene anche perché sostengo quella candidatura essendo io il… diciamo il leader del Partito socialista e avendolo portato, il Partito socialista, a sindaco di Perugia nell’alleanza di sinistra in Umbria. Poi ho rapporti diciamo amichevoli con lui, nel… chiedo anche a lui un… di capire come mai, essendo notoriamente lui ­ del resto lo proclama apertamente, quindi non… non rivelo nulla di particolare ­ un esponente della massoneria, e essendomi trovato io, diciamo così, coinvolto senza alcuna motivazione (come poi è stato ampiamente dimostrato) negli elenchi della P2, ho chiesto a Casoli di cercare di capire, di informarsi. Cosa che lui fece, e mi disse che aveva parlato con un esponente della massoneria, che era l’avvocato Massimo Della Campa, e che questi gli aveva confermato che in effetti il mio nominativo era inserito, ma non c’era nessun riscontro di nessun tipo, cosa che poi, diciamo così, si è verificata nei dati documentali. Gli ho presentato Previti, gli ho presentato Previti perché, anche proprio in rapporto a questa vicenda… perché io avevo affidato a Massimo Severo Giannini una azione penale e un’azione civile e poi un’azione penale per l’accertamento della verità. Quindi si conoscono Casoli e Previti, in parte abbiamo avuto rapporti comuni, in parte poi loro sono rimasti amici, diciamo, per conto loro. (…)


Pm: ­ Una domanda: senta Manca, prima, accennando all’episodio liste P2 ­ dove Lei comunque mi sembra che era… il suo nome negli elenchi ­ ha accennato a delle… a una presa di posizione insieme a Previti e poi di cause. Lei ha avuto anche cause penali?

T: ­ Io ho avuto una causa, ho fatto una causa penale, anzi due: una alla pretura unificata di Perugia, poi un’altra al Tribunale di Spoleto, che però poi si è conclusa perché colui il quale aveva scritto l’articolo ha ritirato…

Pm: ­ Ah, sì…

T: ­ …la cosa, poi ho avuto una causa civile al Tribunale di Roma…

Pm: ­ Chi era il relatore o il presidente? Si ricorda chi erano i magistrati che si sono occupati di questa sua causa civile?

T: ­ Sì, mi ricordo, perché ho letto la sentenza che era… mi ricordo il Presidente, che era Verde.

Pm: ­ Chi scusi?

T: ­ Verde.

Pm: ­ Filippo Verde?

T: ­ Filippo Verde.

Pm: ­ E Lei lo conosceva?

T: ­ No, io Filippo Verde l’ho conosciuto quando Filippo Verde è diventato capo di gabinetto di Vassalli, l’avrò incontrato due, tre volte, là, al ministero.

Pm: ­ Non ho altre domande.


Terzo intermezzo:

Le denunce di Manca, le sentenze di Verde


Nel maggio 1981, più di vent’anni fa, vennero resi noti gli elenchi degli iscritti alla loggia massonica segreta P2, ritrovati in un ufficio di Licio Gelli a Castiglion Fibocchi, durante una perquisizione ordinata dai giudici istruttori di Milano Giuliano Turone e Gherardo Colombo. Tra i nomi della lista c’era anche quello di Enrico Manca, che era uno dei tre ministri che comparivano negli elenchi, insieme a tanti altri politici, militari, funzionari dello Stato, professionisti…


La loggia P2, nel periodo 1978-1980, era stata molto attiva nel settore dei media. Aveva di fatto acquisito il controllo del maggior gruppo editoriale del Paese, la Rizzoli-Corriere della sera. Poi aveva sferrato un attacco al monopolio televisivo della Rai. Nel 1980 aveva portato a termine con successo l’operazione «Mundialito».


Sotto la regia di Licio Gelli, che aveva grandi interessi economici e ottime entrature politiche in Uruguay con la giunta golpista al potere, Canale 5 aveva ottenuto (strappandoli alla Rai) i diritti televisivi europei per il «Mundialito», il campionato mondiale tra le nazionali calcistiche vincitrici della Coppa Rimet programmato a Montevideo per il 1981. Canale 5, la tv di Silvio Berlusconi (tessera P2 numero 1816), ottenne di trasmettere le partite, per la prima volta, in diretta e su tutto il territorio nazionale, in deroga alle leggi allora vigenti: fu, di fatto, la rottura del monopolio televisivo Rai.


Nel governo che permise la svolta erano presenti: il ministro della Poste Michele Di Giesi, socialdemocratico, che obbediva al suo segretario di partito Pietro Longo (tessera P2 numero 2223), il ministro di Grazia e giustizia Adolfo Sarti (che aveva presentato domanda d’iscrizione, accolta all’unanimità nel giugno 1978) e il ministro del Commercio estero Enrico Manca (tessera P2 numero 2148).


Enrico Manca combatté una sua battaglia per dimostrare di non essere iscritto alla loggia P2. Intentò alcune cause per diffamazione. Nel 1985 riuscì finalmente ad avere piena soddisfazione da una sentenza: è estraneo alla P2. Suo avvocato in quella causa fu Cesare Previti, testimone determinante fu Maurizio Costanzo (tessera P2 numero 1819), il giudice che emise la sentenza fu Filippo Verde.


Oggi Previti, gestore del tesoretto di Manca, e Verde, che stilò la sentenza favorevole a Manca, sono coimputati nel processo «Toghe sporche» (che deve giudicare un caso di corruzione in atti giudiziari), insieme a Silvio Berlusconi.