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20 Febbraio 2006

Il silenzio delle élite

Autore: Edmondo Berselli
Fonte: la Repubblica
L’incidente farsesco nei modi e tragico nelle conseguenze provocato dalla
performance “descamisada” dell´ex ministro Calderoli potrà forse provocare
problemi interni alla Casa delle libertà, data la riottosità della Lega,
soprattutto nella sua base, ad accettare il diktat di Silvio Berlusconi che ha
espulso il leghista anti-islamico dal governo. Ma di fronte allo show razzista
in cui Calderoli si esibiva da qualche tempo, punteggiato da prestazioni
televisive di pessima qualità verso giornaliste definite sarcasticamente
“abbronzate”, e da dichiarazioni tonitruanti di difesa della cultura europea,
vengono alla mente alcune domande che vanno rivolte non tanto alla Casa delle
libertà, e nemmeno all´«asse dei moderati» di cui parlano Casini e Fini, quanto
piuttosto all´establishment italiano.
Vanno rivolte, cioè, ai poteri cosiddetti forti, alle élite economiche,
alle associazioni degli imprenditori e delle categorie produttive, ai santuari
della finanza.
Di fronte al fallacismo da cortile della Lega, viene da chiedere a questo
establishment italiano se non sia il caso finalmente di parlare chiaro. Perché
la Casa delle libertà non è soltanto la coalizione guidata da un uomo che ogni
giorno di più è attirato in storie di ordinaria indecenza: a questo, purtroppo,
il paese si è abituato e nessun esorcismo vale a scuoterlo dal sortilegio. Ma il
centrodestra è un´alleanza politica che, tanto per dire, ha prodotto una riforma
costituzionale ispirata e gestita proprio da Roberto Calderoli. Non è soltanto
lo schieramento del governo che dopo cinque anni di amministrazione del paese ha
prodotto la crescita zero; è il frutto di un patto esplicito fra Berlusconi e
Umberto Bossi, cioè fra un uomo insensibile alla logica istituzionale e il capo
(pur indebolito dalla malattia) di un partito-movimento che non ha rinunciato
all´idea della rottura dell´unità nazionale.
E allora, di fronte alla sciagurata prestazione di un ministro nel governo
di centrodestra, viene voglia di chiedere alle élite del nostro Paese se non sia
il caso di rinunciare a qualche cautela, alla prudenza dettata dalle
convenzioni, al galateo dell´equidistanza, al questo e quello per me pari sono,
all´idea pilatesca di una sostanziale equivalenza fra la Cdl e l´Unione. Sono
ormai almeno due anni che nei centri di potere extrapolitico si sentono discorsi
cosiffatti: certo, il governo di Berlusconi è stato un fallimento; tuttavia
anche il centrosinistra è un´alleanza eterogenea, che sarà incapace di
governare, in cui il ricatto delle forze estreme impedirà eventualmente a Romano
Prodi di governare con coerenza.
Si tratta di cerimonie cerchiobottiste la cui giustificazione è evidente:
né Luca Cordero di Montezemolo né altri esponenti del capitalismo nazionale
possono permettersi di criticare l´esecutivo in carica e il suo “dominus” senza
aggiungere una critica simmetrica e desolata alle manchevolezze del
centrosinistra. Ma sia permesso dire che oggi tale equilibrismo appare più
simile a un gioco ipocrita che a un atteggiamento di buon senso diplomatico.
Ancora per qualche stagione, nonostante lo strangolamento del sistema
maggioritario, vivremo all´interno del formato bipolare della politica italiana.
E se il bipolarismo ha una razionalità, essa si esplica e si rafforza nel modo
più semplice possibile: quando un governo fallisce il suo compito, si mette alla
prova lo schieramento avverso.
Si chiama alternanza politica. È un concetto elementare, poco ideologico,
anzi per nulla. Consente di mandare a casa coloro che non si sono dimostrati
all´altezza. Ma come tutti i concetti semplici, per essere applicato richiede
onestà intellettuale e capacità di rinunciare ai propri pregiudizi. Richiede
cioè la rinuncia a quella partigianeria politica espressa nei giorni scorsi
dagli imprenditori del campione del Sole 24 ore, i quali in maggioranza
rispondono che i mali economici italiani sono nati tutti negli ultimi cinque
anni e nello stesso tempo confermano il consenso al governo di centrodestra che
evidentemente li ha prodotti.
Questo è un comportamento fra l´ideologico e il superstizioso. Ma a poco
più di un mese e mezzo dalle elezioni politiche le classi dirigenti del nostro
Paese dovrebbero chiedersi se non sia il caso di abbandonare le geremiadi
sull´assenza di una vera e buona classe dirigente politica, e di passare
all´applicazione rigorosa e puntuale dell´alternanza politica.
Certo, ci saranno sempre coloro che votano in ossequio al tifo di
ispirazione calcistica. Ma le democrazie diventano adulte facendole funzionare,
magari un po´ ruvidamente, anche con qualche scossone. E quell´establishment
così scafato, abituato a un (rassicurante) scetticismo bipartisan
sull´efficienza della politica, forse oggi potrebbe dire qualche parola in più,
concedersi qualche passettino più deciso. Potrebbe magari dividersi, da una
parte i sostenitori “a prescindere” della destra, dall´altra gli esponenti più
duttili. Forse alla fine, davanti alle urne, non ci guadagnerebbe nessuno degli
schieramenti in campo. Ma nel frattempo ci guadagnerebbe, e molto, la
trasparenza del confronto politico; e anche la credibilità di tutti coloro che
generalmente sono capaci di lanciare moniti e di dare lezioni senza mai prendere
una posizione, e quindi una responsabilità.