UNA volta nella vita è stato sfortunato Romano Prodi. Non è ancora ufficialmente presidente del Consiglio e già deve affrontare un’emergenza come l’ultimo scandalo del calcio, materia che forse il leader dell’Unione non padroneggia a sufficienza.
Ma se i suoi elettori, o almeno una buona parte di loro, si aspettavano un gesto simbolico, una dichiarazione esemplare, una proposta di quelle che testimoniano il cambio di clima, di stile, un segnale insomma di discontinuità, sono rimasti delusi. L’idea – peraltro bocciata dall’interessato – di candidare Gianni Letta a Commissario della terremotata Federcalcio non va esattamente in quella direzione. Semmai in quella opposta, la continuità. Continuità con un sistema della politica, degli affari, del calcio, dello spettacolo, della televisione, altrimenti detto (a cominciare dallo stesso Prodi) berlusconismo. E che sta all’origine, in associazione con altri soggetti che operano negli stessi comparti (la Juventus tanto per fare un nome), di un mondo che oggi tutti definiscono marcio.
Ecco, per quanto il dottor Gianni Letta sia il volto umano di quel sistema, l’uomo che si è speso in questi anni per garantire una certa presentabilità istituzionale al suo leader, sempre del dottor Gianni Letta stiamo parlando. Ossia di un giornalista e direttore di giornale, divenuto poi dirigente dell’impero televisivo di Berlusconi, quindi suo principale collaboratore in politica e al governo. Infine, particolare non irrilevante, candidato al Quirinale del centrodestra.
Il dottor Letta non è Berlusconi ma è come se lo fosse, ha detto tante volte lo stesso Berlusconi, e il Dottore non l’ha mai smentito. Possibile che a Prodi sia venuto in mente proprio lui, che non abbia pensato a quanto la politica sia fatta di simboli e di messaggi, di nomi che rappresentano le cose? Per dire a chi lo ha eletto vincitore che qualcosa sta cambiando, gli sarebbe bastato proporre un personaggio qualsiasi, un politico, un dirigente, un manager, un professore, un giocatore, un arbitro. Chiunque era meglio del Dottore, anche un guardalinee