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27 Febbraio 2004

Il retroscena

Autore: Goffredo De Marchis
Fonte: la Repubblica

ROMA – Un´altra nomina «unitaria» della lista Prodi, dopo quella di Amato al comitato del programma. Il diessino Fabrizio Morri sarà il direttore della campagna elettorale per le Europee. Siamo ai primi passi, ma per Arturo Parisi conta anche il valore simbolico della notizia: «Andiamo avanti, non siamo fermi alla convention dell´Eur». Il vicepresidente della Margherita è reduce da un incontro a Bruxelles con Romano Prodi, mercoledì pomeriggio. Un incontro non proprio di routine se Parisi ha sentito il bisogno di volare in Belgio in mezzo alla settimana. Ma il presidente della commissione Ue è sereno, tranquillo. «Ho avuto solo risposte positive e incoraggianti dopo la manifestazione di Roma», sono le sue parole. Prodi è rimasto «il punto di riferimento unitario» di tutto l´Ulivo e in uno schieramento così litigioso come quello del centrosinistra questo può essere considerato già un successo. E l´Iraq, i problemi sul voto alla Camera? Parisi non ha dubbi, il bicchiere è mezzo pieno:

 «L´importante è che si sia decisa una linea comune, una linea che regge anche di fronte alle prove più difficili, a tutte le pressioni e alle tensioni. Ci sono dissensi naturali. Ma io provo a immaginare cosa sarebbe successo se avessimo dovuto mettere d´accordo otto partiti invece di quattro». E ora non servono nuovi vertici, dice il vicepresidente della Margherita, basta quello che ha preceduto la votazione al Senato.

La lista Prodi, per decollare, ha bisogno di una linea politica omogenea, di una struttura organizzativa e anche di gesti emblematici. «Se ho difeso il capogruppo dei Ds Violante sulle responsabilità del governo nella strage di Nassiriya non lo ho fatto solo per convinzione, volevo anche far capire in concreto che ora noi e loro siamo sulla stessa barca», spiega Parisi. Resta sempre l´incognita dei passaggi parlamentari della lista, a partire dal voto sull´Iraq. «Noi sapevamo che la fiammata d´euforia del Palalottomatica era una fiammata, appunto – dice il vicepresidente della Margherita -. Ma quello che conta è che il fuoco rimanga acceso e che riscaldi ancora a lungo». A Bruxelles si è parlato anche di campagna elettorale. Il presidente della commissione parteciperà a quattro-cinque grandi manifestazioni. Ma prima del via, si fa sapere da ambienti diessini, ci sono ancora molti problemi da risolvere. Il simbolo presentato l´altro ieri da Achille Occhetto e Antonio Di Pietro, per

 esempio, che insieme ai nomi dei promotori propone lo slogan: «Per il nuovo Ulivo». Un riferimento che non piace ai leader della lista. Come non piacciono le dichiarazioni dell´ex pm che, in vista del voto, vorrebbe contrapporre il «nuovo» al vecchio. Nessuna guerra, ma l´obbiettivo finale è impedire la presentazione di quel richiamo.

Anche nei Ds, l´assemblea della maggioranza di mercoledì notte si è conclusa con un punto a favore della linea del non voto e quindi di Fassino. Dibattito aperto e libero, più di trenta interventi, conclusioni del segretario che ha anche accusato l´Unità di «non raccontare la vera posizione del partito». C´è un difetto di comunicazione, non esiste un solo intervento, ha detto il leader, «in cui io non abbia ripetuto il nostro no alla guerra in Iraq». Ma la scelta del non voto è la più giusta, è intervenuto D´Alema: «Noi dobbiamo parlare al mondo pacifista, ma anche al popolo dei “se” e dei “ma” che si fa strada nell´ambiente cattolico e anche a chi non capirebbe il nostro “no” alle missioni votate dal centrosinistra quando era al governo». Ma bisogna far sentire anche tutta la contrarietà al conflitto. E il presidente dei senatori ds Gavino Angius chiede al governo italiano «immediate spiegazioni sulla veridicità delle notizie relative ai soldati americani che sparano su iracheni

 feriti». Il capogruppo riprende alcune notizie diffuse ieri dalla televisione tedesca Ard ?Panorama´. Angius ha presentato una interrogazione al governo firmata anche da altri senatori Ds. «Se la notizia – spiega – risultasse vera, ci troveremmo di fronte a fatti gravissimi, configurabili come crimini di guerra in palese violazione non solo della convenzione internazionale di Ginevra sui prigionieri di guerra ma dei più elementare principi di civiltà e umanità».