Il passo indietro del Professore lascia di stucco Letizia De Torre. «Non avevamo
già deciso l’altra volta?», chiede la sottosegretaria inserita in quota
Prodi tra i «45». All’indomani delle Amministrative, in realtà, il
Presidente del Consiglio era apparso irremovibile. Due i punti non
trattabili con Ds e Margherita: premier e leader del Pd debbono coincidere: l’Assemblea costituente potrà nominare «un coordinatore» o «uno speaker», ma
non un segretario politico «forte».
Lo schema di allora era il seguente:
Fassino e Rutelli da una parte, il Professore dall’altra. Ieri pomeriggio,
però, durante il secondo vertice del Comitato 14 ottobre, la scena è
cambiata. «Penso che il Pd debba avere un segretario forte», ha spiegato il
Professore, lasciando molti ulivisti di stucco. Prodi che cambia idea perché
si trova in minoranza? Le cose sono più complicate, in realtà. E Rutelli,
ieri, lo ha spiegato. Senza nascondere che anche lui – come Prodi – era
partito da un altro punto di vista. Chiedendo già a fine maggio, come
Franceschini, che l’Assemblea costituente del Pd venisse eletta a luglio,
dopo aver dato – prima – l’impressione di voler mettere il piede sul freno.
«Oggi non ci sono né vincitori né vinti – ha detto ieri il leader della
Margherita – Tutti siamo partiti da posizioni diverse e tutti abbiamo
cambiato parere ragionando insieme». Il 14 ottobre, quindi, coloro che
andranno a votare per l?Assemblea costituente del Pd eleggeranno, di fatto,
anche il segretario del Partito democratico. Attraverso il meccanismo delle
«liste collegate» che ricorda – per esemplificare – quello degli ultimi
congressi della Quercia: chi vota una mozione vota per il leader che l?ha
presentata. Il segretario del Pd non sarà votato con le primarie ma con
qualcosa di molto simile e, almeno sulla carta, verrà scelto dagli elettori
dell?Ulivo tra diversi candidati. Quanti saranno? Questo al momento non è
dato saperlo. Il ruolo di Prodi? «All?indomani del 14 ottobre convocherà
l’assemblea costituente e ne assumerà la presidenza», chiarisce Maurizio
Migliavacca, uno dei tre coordinatori che hanno messo insieme la proposta di
regole varata ieri pomeriggio. «Segretario vero», quindi, per dirla con il
Professore di ieri.
A sentire i suoi collaboratori, Prodi avrebbe rotto gli
indugi, cambiando idea, all’indomani della visita di Bush, leggendo un
editoriale di Scalfari. «Continui a tenere e metta mano finalmente agli
effetti positivi del suo programma di governo – esortava il fondatore
di«Repubblica» – Lasciando, però al Pd la libertà di nascere senza ipoteche.
Neppure la sua». «È esattamente quello che penso…», commentò il premier,
leggendo quel passaggio dell?articolo, che lo riguardava direttamente. In
realtà, per dirla tutta, da tempo Arturo Parisi e Salvatore Vassallo
insistevano perché il «Prof» lanciasse la sfida ai partiti (Ds e Margherita)
– che chiedevano un leader vero e diverso da lui – scendendo direttamente in
campo.
In fondo, l’intervento di tre settimane fa del Presidente del
Consiglio al Teatro Quirino di Roma, davanti a una platea di ultraulivisti,
lasciava presagire chiaramente lo sbocco di ieri. Se le cose rimanessero
come oggi – e Ds e Dl si presentassero alle primarie con molti candidati,
divisi e in ordine sparso – a quel punto liste «realmente uliviste»
sponsorizzate da Prodi, collegate a un candidato alla segreteria nazionale
(una donna?) – appoggiato dal Professore – potrebbe consentire al premier di
fare bingo, tanto più se anche Walter Veltroni fosse della partita. Ma Ds o
Margherita – mescolandosi o ciascuno per proprio conto – lasceranno a Parisi end
co. il monopolio della società civile? Difficile che si realizzi una simile
ipotesi. La realtà dell?oggi, in sostanza, non rimarrà immobile fino al 14
ottobre. La strada scelta, alla fine della riunione di ieri, non era quella
indicata all?inizio e proposta da Migliavacca per conto anche di Soro e
Barbi. «Voglio essere chiaro, voglio un segretario vero che sia una figura
politica forte e autorevole», aveva introdotto Prodi.
Poi la parola era passata
a Migliavacca che aveva esposto il regolamento per le primarie. Regole che
non contenevano l?ipotesi «obbligatoria» di liste collegate al segretario.
L?esito del vertice, però, costringerà i coordinatori a una nuova riunione
per mettere a punto il meccanismo elettorale per il 14 ottobre. Il primo
intervento è stato quello di Arturo Parisi che si è schierato a favore del
metodo «segretario eletto dai cittadini». D?accordo Rutelli. Disaccordo netto,
invece, di Rosi Bindi. «Ci dividiamo in correnti e sulle persone prima
ancora di mettere in piedi il Partito democratico», ha incalzato il ministro
per la famiglia. Che, poi, ha avuto un battibecco con il coordinatore della
Margherita, Soro. È accaduto quando Bindi ha messo in guardia dal rischio di
«capibastone politici» che mettono la mani sulla formazione delle liste.
«Rosi, non usare questa parola – è sbottato Soro – i capibastone li fa la
mafia…».
«Vabbene Antonello, parliamo di capipenna, ma il concetto non
cambia», ha replicato Bindi, perorando anche la causa delle «liste con
preferenze, come unico modo per resistere ai condizionamenti dei gruppi
interni ai partiti». No, quindi, anche alla scelta finale dei «45» di liste
corte senza preferenza. A quelle di Bindi si sono aggiunte, poi, anche le
«perplessità» di Veltroni. «Attenzione, cerchiamo di non far rientrare dalla
finestra ciò che abbiamo cacciato dalla porta, cioè la dimensione
confederale», ha esortato il sindaco di Roma. Se venissero fuori candidature
contrapposte – una dei Ds e una dei Dl – in sostanza, «di fatto sarebbe più
difficile mescolarci tra noi». Veltroni, però, ha espresso una seconda
preoccupazione: quella di «non indebolire il governo». Chiara, però, la
conclusione dell?intervento. «Qualunque cosa decidiamo io sarò d?accordo –
ha esclamato – Ma io voglio esprimere qui le mie perplessità in modo che non
ci siano fraintendimenti».
Qualcuno, il ministro Fioroni ad esempio, ha
letto l’intervento di «Walter» come un’autocandidatura esplicita. Veltroni
in pista per il 14 ottobre? Pochi lo credono a Santi Apostoli. Dove – però –
si ragiona sugli scenari futuri. Sulle future primarie per la premiership
che si svolgeranno in vista del 2011 e alle quali giungerebbe con il vento
in poppa un candidato che riuscisse a incassare una messe di consensi già il
prossimo autunno. Diverse da quelle di Veltroni le posizioni di Errani,
Domenici, Vittoria Franco e Anna Finocchiaro. Tutti a insistere sul rischio
di un dualismo Ds-Dl, che verrà «certamente» evitato mettendo in campo
«liste miste». «No alle liste di partito, ma questo non possiamo scriverlo
nel regolamento – ha affermato la capogruppo dell?Ulivo al Senato – Il
problema dobbiamo risolverlo con la politica». Marina Sereni, da parte sua,
insisteva sulla necessità di andare «oltre le regole».
«Nel territorio
chiedono che si diano volti e strumenti al Partito democratico – sottolineava
la vice capogruppo dell?Ulivo alla Camera – Ed è anche per questo che serve
al più presto una figura di riferimento, cioè un segretario. Ma il nostro
popolo non chiede solo una leadership, chiede anche la politica. Per questo
dobbiamo assumerci anche la fatica di dare una fisionomia anche culturale al
Pd». «Non guardiamo solo al 14 ottobre, perché da oggi ad allora il Partito
democratico deve fare già delle scelte – incalzava Fassino – Alle
preoccupazioni di Veltroni dobbiamo rispondere con la politica».