LISBONA – Un risultato storico per i socialisti portoghesi quello che annunciavano ieri sera i primi exit poll delle elezioni amministrative. Il Ps guidato da José Socrates avrebbe infatti conquistato la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento. La prima proiezione, alle otto ora locale (le nove in Italia), attribuiva al partito socialista fra il 45 e il 49 per cento dei suffragi, e da un minimo di 124 a un massimo di 136 seggi. Il totale dei deputati in Parlamento è di 230, dunque sia il risultato minimo che quello massimo coincidono con la maggioranza assoluta. Se il dato verrà confermato il neo leader sarà anche il primo socialista a ottenere un consenso tanto ampio come quello toccato, in passato, soltanto a un leader conservatore, quel Cavaco Silva che riuscì a governare il Portogallo per due volte consecutive con la maggioranza assoluta dei seggi tra la fine degli anni Ottanta e la prima metà dei Novanta. I socialdemocratici – che qui sono il partito conservatore – toccano fondo con il loro peggior risultato in assoluto. La forchetta della prima proiezione gli attribuisce tra il 25 e il 29 per cento dei voti e una settantina di seggi. Mentre tra i partiti minori ha buon gioco l´estrema sinistra del “Bloque” che raddoppia voti e seggi. Tutto sommato moderata l´astensione, intorno al 30 per cento, ma sensibilmente minore rispetto alle precedenti elezioni quando aveva sfiorato il 40 percento. Tra gli incidenti di percorso, curioso, quello capitato al veterano ex presidente Mario Soares, censurato dalla commissione elettorale per aver rilasciato una dichiarazione di voto a meno di 500 metri dal seggio.
Così i socialisti tornano al potere dopo le due brevi parentesi di José Manuel Durao Barroso, che abbandonò la carica di primo ministro per occupare il posto di Romano Prodi alla Commissione europea, e di Pedro Santana Lopes, ex sindaco di Lisbona e sostituto di Barroso alla guida dei conservatori. E lo fanno con un leader, José Socrates, che neppure i portoghesi conoscono granché bene. Giovane ministro dell´Ambiente nei governi socialisti di Antonio Guterres (1995-2001), Socrates è stato eletto segretario socialista appena quattro mesi fa sull´onda del rinnovamento dei quadri politici e per mettere fine alla faide interne di un partito che sembrava ormai condannato all´opposizione. Nato a Oporto nel 1957 è stato spesso paragonato al nuovo premier socialista spagnolo, Zapatero, ma è un parallelo che regge forse solo sul piano dello stile. Socrates, infatti, è dirigente socialista dell´area liberal, molto più vicino, nei programmi, ai laburisti di Tony Blair che alla Moncloa. Non è contrario alla guerra in Iraq, né ha promesso di ritirare il contigente militare portoghese. Non vuole sentir parlare di matrimoni gay, né di adozioni per le coppie omosessuali. Né, tantomeno, scontrarsi con la chiesa locale. Sul fronte delle libertà civili ha parlato soltanto di un referendum per depenalizzare l´aborto nell´ultimo paese della vecchia Europa dove, come nella cattolica Irlanda, l´interruzione della gravidanza è pratica che si svolge illegalmente. Divorziato, con due figli di nove e undici anni, è considerato un pragmatico piuttosto moderato che è riuscito a prevalere più per l´inconsistenza dell´avversario, il leader conservatore Santana Lopes non è mai stato davvero nella partita, che per il suo programma, tutto sommato abbastanza prevedibile.
Alle ansie dei portoghesi Socrates vuole rispondere con ottimismo e moderazione proponendo il suo “choc tecnologico”, un pacchetto di misure da applicare subito a favore delle nuove tecnologie, della scienza e della ricerca. Se basterà o no per cambiare l´andamento dell´economia – il Portogallo vive da tre anni una fase di profonda stagnazione produttiva – non si sa, ma è certamente un programma più seducente per gli elettori di quello socialdemocratico incentrato sull´abbattimento della spesa pubblica e l´austerità. Con un deficit pubblico che balla intorno al 5% del prodotto interno lordo, la disoccupazione in crescita, esportazioni e domanda interna in calo, il Portogallo non è solo il paese più povero dell´area dell´euro è anche quello che rischia di perdere il treno.