2222
21 Giugno 2007

Il Pd e Veltroni

Autore: Dario Di Vico

Non c’è sondaggista che nutra
dubbi. Walter Veltroni appare la carta migliore che il centrosinistra possa
spendere per guidare il Partito democratico e del resto l’opinione pubblica
progressista lo ha largamente indicato, e non da oggi, come il leader
preferito da opporre alla destra. Il sindaco di Roma è considerato un solido
riformista, ma gode di consensi anche presso l’ala più radicale dello
schieramento progressista e stando ai risultati che ha conseguito nelle
elezioni capitoline può legittimamente sperare di sottrarre voti alla coalizione
avversaria, contando magari sul favore di parte dell’elettorato cattolico.
Su di lui però è inevitabile che si abbatta, sin dai prossimi giorni, la
sciagura dell’unanimismo.

Le dichiarazioni di appoggio alla sua candidatura
fioccheranno. I professionisti dell’ulivismo, anche quelli che magari fino a
qualche giorno fa pensavano di candidarsi, gareggeranno per venire bene in
foto.In questo modo faranno correre al candidato Veltroni il rischio-replay:
bissare le finte primarie del 16 ottobre 2005 quando un numero decisamente
consistente di italiani orientati a favore del centrosinistra si mise in
coda sin dalle prime ore del mattino per votare Romano Prodi, senza però che
fosse in campo una candidatura veramente concorrenziale. Il figlio legittimo
di quelle primarie embrassons nous fu un programma elettorale dell’Ulivo di
ben 281 pagine, fatto apposta per sommare le proposte di tutti i partiti
della coalizione senza sostanzialmente sceglierne nessuna. Come hanno dimostrato
il lungo braccio di ferro tra riformisti e radicali sulla Finanziaria e i
successivi cento zig-zag sulla legge Biagi, la Tav, i Dico e la riforma
delle pensioni.Che oggi si corra il rischio dell’unanimismo induce a
sospettarlo anche il singolare comportamento dello stesso Prodi. Solo due
settimane fa l’attuale premier era contrario all’elezione diretta del capo
del Partito democratico e aveva comunque dichiarato che si sarebbe presentato
regolarmente in gara. La conversione sulla via di Walter non poteva essere
più spettacolare, ma non sarebbe male che i maggiorenti dell’Ulivo ? non
solo Prodi ? spiegassero quali riflessioni sono maturate negli ultimi giorni
e cosa li ha spinti a lasciarsi alle spalle tattiche e piccole
faide.

verde a Veltroni ma il retroterra della conversione dei capi ulivisti
sta tutto dentro la paura del ’92, il terrore che la strisciante crisi dei
rapporti tra cittadini e politica abbia come conseguenza la cancellazione di
un’intera fila di aspiranti leader. Il travaso di voti verso il centrodestra
persino nelle regioni del Centro Italia e i fischi dei benzinai «rossi» a
Prodi e Bersani sono episodi che hanno moltiplicato quei timori, avvicinato
l’ora della verità e la ricerca di una soluzione forte. E Veltroni lo è.Per
evitare i rischi del plebiscito deve però costruire per tempo un suo
programma. Resti pure sindaco di Roma per onorare l’impegno preso con gli
elettori, usi pure ampiamente la fantasia di cui dispone per innovare
l’offerta politica della sinistra, sia però netto e abbia il coraggio di
scontentare qualcuno. Dalla crisi della politica si esce con impegni lineari
e convincenti ma anche estendendo ai partiti e alle coalizioni le regole
della concorrenza. L’Italia non può continuare a essere il Paese dove le
primarie si fanno per gioco. Solo chi si espone al rischio di perdere alla
fine vince davvero.