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28 Maggio 2008

Il padre padrone

Autore: Giovanni Valentini
Fonte: La Repubblica

È una corsa contro il tempo quella che si sta svolgendo alla Camera,
nel braccio di ferro parlamentare tra maggioranza e opposizione: non
per gli aiuti alle famiglie o per l´emergenza rifiuti, come hanno
auspicato anche i vescovi italiani, bensì per salvare Retequattro.

O
meglio, per impedire che venga trasferita sul satellite in forza della
normativa antitrust e della sentenza con cui la Corte europea di
giustizia ha già censurato la (quantomai) famigerata legge Gasparri.
Contro il tempo, ma a favore di Mediaset, dell´azienda che fa capo al
presidente del Consiglio e quindi dei suoi interessi strettamente
privati.

Il conto alla rovescia, per l´approvazione del decreto con
cui il governo Prodi aveva disposto l´attuazione di alcuni adempimenti
comunitari, è destinato a finire l´8 giugno, termine ultimo per la
conversione definitiva. Ma la scadenza, per quanto riguarda in
particolare la contestata disciplina sulla televisione, potrebbe anche
essere più ravvicinata se è vero che la commissaria europea alla
Concorrenza, l´olandese Neelie Kroes, è intenzionata a mettere in mora
l´Italia e a deferirla alla Corte già la prossima settimana.

Al di
là dell´aspetto cronologico, però, ciò che più conta è la sostanza
della vicenda. Ancora una volta, appena tornato al governo, il
centrodestra si schiera in difesa degli affari personali di Berlusconi,
premettendoli a tutto il resto: a un assetto del sistema televisivo più
equilibrato e pluralista, ma ancor più alle emergenze grandi e piccole
che affliggono in questo momento il Paese. È la vecchia logica
proprietaria della politica che riemerge come gli “animal spirits” di
una maggioranza subordinata al suo padre-padrone, prevalendo perfino
sulle questioni istituzionali, sugli annunci di dialogo e le promesse
di confronto costruttivo.

Da questo punto di vista, lo stesso
tentativo di riformulare il testo dell´emendamento per ottenere un via
libera dell´opposizione, è stato tanto maldestro quanto vano.
L´espediente lessicale di sostituire il termine “modifica” delle
licenze individuali per il digitale terrestre con quello di
“conversione”, per garantire che non vengano permutate in
autorizzazioni, risulta in realtà un palliativo, se non proprio un
inganno o un raggiro. Fortunatamente, il “bluff” non ha retto al
confronto parlamentare ed è stata innanzitutto una vittoria personale
del ministro-ombra della Comunicazione, Giovanna Melandri, che finora è
riuscita a tenere compatto il suo gruppo su questa linea.

L´ostruzionismo,
come insegna la tradizione del “filibustering” in Gran Bretagna, è
un´arma in mano alla minoranza e uno strumento della democrazia. A
condizione, naturalmente, che venga esercitato nell´ambito dei
regolamenti parlamentari. Ma in questo caso l´interpretazione
accreditata dal presidente della Camera, Gianfranco Fini, considerando
presenti i deputati che si erano iscritti a parlare ma poi al momento
della votazione erano fuori dall´aula, in modo da proclamare comunque
il numero legale, è apparsa francamente troppo discrezionale per essere
considerata “super partes”.

Tant´è che nella stessa seduta il quarto
governo Berlusconi ha dovuto accusare il primo scivolone, finendo sotto
di due voti su un altro emendamento che riguardava la caccia e la fauna
selvatica. Alla conta, nei banchi di Montecitorio mancavano
un´ottantina di esponenti della maggioranza. Evidentemente, i
“fannulloni” non militano solo nelle file della pubblica
amministrazione, tra i maestri di scuola o negli ospedali pubblici.

Non
è certamente un esordio felice per la nuova legislatura. Chi aveva già
celebrato la metamorfosi di Berlusconi, registrando un nuovo clima nei
rapporti tra maggioranza e opposizione, deve ridimensionare le sue
aspettative e i suoi entusiasmi. Quando si tratta di televisione, cioè
di interessi concreti, di affari personali e familiari, diciamo pure di
denaro, non c´è “ragion di Stato” che tenga. Vale solo la ragion di
Arcore, il bilancio o la quotazione in Borsa di Mediaset, la mitica
salvezza di Retequattro.

Nessuno venga a dire, allora, che il
responso elettorale ha sanato ormai il conflitto di interessi. Forse,
l´ha accantonato, l´ha rimosso. Ma purtroppo quel muro invisibile
continua a incombere sulla strada della democrazia italiana, come la
montagna di spazzatura nelle vie di Napoli e dintorni.