Sarà pure «non riconducibile al dibattito interno» al Partito
democratico, come assicura Bassanini, ma il seminario di ieri, promosso
da 14 fondazioni diverse, segna uno spartiacque nel confronto-scontro
tra Veltroni e D’Alema sul Pd e sul tema riforme.
Si
è riaperta una discussione che supera i giorni del «dialogo sul
dialogo» più declamato che praticato: questo per D’Alema è già un
risultato. Grazie alle fondazioni che hanno promosso l’affollato
seminario di ieri, in sostanza, i contenuti da cui partire per
riformare lo Stato sono nuovamente sul tavolo. Prendono le mosse dalla
bozza Violante e la integrano. E mettono al centro alcune proposte di
fondo. Sul metodo, innanzitutto. Perché, al contrario del “facciamo da
soli” che minaccia Berlusconi, la relazione Bassanini sottolinea che
per ridisegnare le regole del gioco «è necessaria una larga
condivisione, un accordo tra maggioranza e opposizioni». E le
opposizioni, ieri, erano rappresentate tutte al residence romano di
Ripetta. C’erano i leader di quelle parlamentari – Veltroni, Casini e
Di Pietro – e alcuni dei maggiori esponenti delle forze di sinistra che
in Parlamento non sono entrate, da Giordano, a Salvi a Villone. Ma
all’iniziativa si sono presentati anche Cicchitto e Calderoli. Il primo
ha raffreddato gli entusiasmi, derubricando la bozza Violante a elenco
di titoli con contenuti da specificare e difendendo, nella sostanza,
l’attuale legge elettorale. Tanto che il ministro leghista per la
semplificazione ha sussurrato che «se si va avanti così, si voterà per
la terza volta con il “porcellum”».
Per Cicchitto il sistema
tedesco «non favorisce l’alternanza». Mentre per Savino Pezzotta, della
Rosa bianca, quel modello è «il più congeniale a un governo
parlamentare». Pier Ferdinando Casini definisce il seminario di ieri
come «puro dibattito accademico» se «la maggioranza è contraria al
sistema tedesco». Calderoli – a differenza di Cicchitto – non chiude la
porta alla modifica del sistema di voto. Il tema si pone, spiega, ma
«partire dalla legge elettorale vuol dire ingessare le riforme e
iniziare con uno scontro». Nell’entourage di D’Alema si guarda alla
scadenza del referendum e si sostiene che il Carroccio non si fida
delle assicurazioni sul possibile mancato raggiungimento del quorum, su
cui insistono Fi e An. Sulla riforma elettorale, quindi, possibile
aprire una trattativa tra il Pd e Bossi.
E, a proposito di
referendum, se Di Pietro, ieri – insieme a Guzzetta – ha difeso a spada
tratta chi ha raccolto le firme, Rutelli inserisce il referendum tra
«le iniziative politiche più sbagliate» degli ultimi anni, perché «è
stato uno dei motivi della caduta del governo Prodi». Anche D’Alema
mette in guardia dagli esiti di un referendum «che non demonizzo». «Una
vittoria dei promotori potrebbe avere due conseguenze – afferma – Un
premio di maggioranza assolutamente distorsivo sulla rappresentanza,
con effetti ai limiti del Colpo di Stato, oppure una situazione con due
listoni pluripartitici con eletti nell’ordine di indicazione dei
partiti».
Per il presidente di Italianieuropei la riforma del voto
va incardinata al più presto, anche per evitare le conseguenze del
referendum. La legge elettorale, in realtà, viene inserita al terzo
posto dell’elenco delle «scelte di fondo» proposte dalle fondazioni che
hanno promosso il seminario di ieri. Che oltre «al metodo condiviso»
tra maggioranza e opposizione, insiste sulla «forma di governo» e «sul
riassetto dei rapporti tra esecutivo e Parlamento». Evidente però,
anche per le polemiche dei giorni scorsi, che la formalizzazione di una
proposta di riforma elettorale improntata al sistema tedesco avrebbe
rappresento il cuore politico dell’iniziativa di ieri. Bassanini, come
Linda Lanzillotta e molti oratori, ha invitato la stampa a non leggere
il seminario con la categoria «del dibattito interno ad un partito»
(cioè al Pd). Ma la contrarietà espressa più volte da Veltroni alla
soluzione tedesca – marcata con forza ieri dai costituzionalisti
Ceccanti e Vassallo – e la preferenza di D’Alema per la via tedesca non
potevano non tenere banco. Da questo punto di vista il confronto
pubblico tra il segretario democratico e il presidente di
Italianieuropei ha segnato uno spartiacque. E ha rilanciato i boatos su
un congresso anticipato del Pd al quale i “dalemiani”, a differenza
delle scorse settimane, guarderebbero oggi come ineludibile per
disegnare il profilo politico e culturale del Pd. Sul modello di legge
elettorale, avverte Veltroni, la posizione del Pd è già stata elaborata
e «se c’è bisogno ci si tornerà sopra».
Il leader Pd, tuttavia, invita
a lavorare nel merito. «I sistemi francesi, tedesco e spagnolo sono
detti così perché fatti sull’esigenza di quei paesi – sottolinea – Io
penso che si possa trovare un punto di equilibrio necessario per
l’Italia lavorando sui contenuti più che sulle etichette». E Veltroni
invita a muoversi «al di fuori da ogni nostalgia» proporzionalistica e
da Prima Repubblica. D’Alema gli risponde immediatamente. «Oggi abbiamo
il bipolarismo, ma dobbiamo chiederci se ha prodotto buoni governi,
perché la stabilità dei cattivi governi non è un bene ma un male». Per
il presidente di Italianieuropei, in sostanza, «il bipolarismo
appartiene ormai alla coscienza del Paese» e non sarà certo una legge
proporzionale sul modello tedesco a metterlo in discussione. Questa,
anzi, favorirà la nascita di partiti più solidi. Come è avvenuto in
Europa dove «c’è bipolarismo, ma anche proporzionale e il capo del
partito più votato diventa premier». La «sfiducia costruttiva», poi,
rende «impossibile il trasformismo parlamentare».
Un’altra
differenza emersa ieri riguarda la fattibilità delle riforme. Spiega
Fassino: «Il dialogo non dipende da noi, alla nostra disponibilità non
ha corrisposto il centrodestra». Le riforme? Veltroni teme «che non ci
siano le condizioni per farle». Il presidente del Consiglio – continua
il leader Pd – «dichiara che le riforme se le farà da solo, lo stesso
dice Maroni. Di cosa stiamo a discutere, allora?». Non è questa «la
sede» per verificare se ci sono le condizioni per le riforme, replica
D’Alema, che rinvia «alla politica» – già oggi la direzione del Pd
discuterà di legge per le europee – la valutazione delle scelte da
compiere. Il presidente di Italianieuropei, tuttavia, lancia un
messaggio chiaro alla Lega. «Il sistema elettorale tedesco unito al
superamento del bicameralismo, con l’introduzione del Senato delle
Regioni, è il più compatibile con il federalismo. Lo è ben più
dell’attuale sistema elettorale». Rischi di grande coalizione? «Questa
può far parte fisiologica di una democrazia dell’alternanza. Non è
l’obiettivo, né la norma, ma quando un Paese ha problemi drammatici e
le forze in campo si bilanciano, queste possono anche collaborare per
un periodo limitato».