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20 Giugno 2005

Il malato Italia nell´Unione in crisi

Autore: Ferdinando Salleo
Fonte: la Repubblica

La mappa politica dell´Europa sembra cambiata d´improvviso. Il fallimento del Vertice di Bruxelles, la guerra sorda che serpeggia ormai e l´incomunicabilità diffusa che esiste ormai tra i governi, hanno moltiplicato geometricamente le dimensioni della crisi istituzionale (e forse persino esistenziale…) aperta dal «no» francese e olandese e dal rinvio del processo di ratifica del Trattato Costituzionale.

Chirac e Schroeder si avviano ad un triste tramonto mentre Sarkozy e Merkel scaldano i motori. I partner nordici scettici e distaccati aspettano gli eventi e i nuovi membri dell´Est, fallito il bel gesto ispirato dai polacchi al Vertice, sono inquieti sul futuro immediato dell´Unione a cui si sono rivolti per ancorare ad essa la loro stabilità.

I candidati ai vari livelli dell´allargamento – la Turchia anzitutto, ma anche la Croazia, l´Ucraina e i Balcani, salvo forse la Romania e la Bulgaria – vedono l´Europa allontanarsi.

Blair, impantanato nel bilancio comunitario per difendere il “suo” rimborso, si prepara a gestire un semestre di presidenza aspro e conflittuale che purtroppo vedrà risorgere le dispute ideologiche.

Washington dal canto suo stenta a rallegrarsi della miseria in cui versano i due governi, francese e tedesco, che più si erano opposti alla guerra irachena ed avevano propugnato un «contrappeso europeo» all´America.

La Casa Bianca, specie dopo il viaggio di Bush attraverso l´Atlantico, sa ormai di non avere nulla da guadagnare oggi da un´Europa divisa e concentrata solo sui propri problemi interni come sa bene di non poter volere la paralisi geopolitica di un partner, magari difficile, ma indispensabile per la stabilizzazione della regione meridionale e orientale, turca e balcanica e dell´area post-sovietica, per il rilancio del negoziato commerciale di Doha, per la lotta alla proliferazione delle armi di sterminio, ma anche per un´exit strategy dall´Iraq e per mantenere una parvenza di processo nel vicino Oriente.

Si prepara forse un riallineamento, un diverso equilibrio tra le forze politiche in Europa in cui i tradizionali fautori dell´integrazione sono in difficoltà mentre l´alleanza tra chi rifiuta le regole comuni dell´Unione e quanti propugnano il livello minimo limitato al libero scambio ha trovato l´appoggio di fatto dei gruppi estremi più bizzarri e autoreferenziali, dei movimenti localisti e nazional-populisti come di quelli no-global e trotzkisti.

Peggio ancora, i tanti «euroscettici vergognosi» stanno organizzandosi allo scoperto, sia rifiutando i vincoli europei nel nome della sovranità nazionale che contrapponendo artificiosamente l´integrazione europea all´alleanza transatlantica.

Il paese più fragile, in piena crisi economica, percorso da venti di protesta politica e in preda a generale insicurezza e sfiducia, l´Italia purtroppo, si trova immersa nella turbolenza europea e ne risente più degli altri. Per la prima volta rischia l´isolamento politico in Europa, cioè l´esclusione di fatto dal negoziato che si prepara, incapacitata com´è dalle proprie contraddizioni interne a contribuire al chiarimento di fondo e alle scelte che devono permettere il superamento dello stallo.

Avevo su queste colonne provato ad anticipare i rischi per l´Italia di una crisi generale europea dovuta al «no» francese. Purtroppo, la crisi è persino più grave, esaltata poi da una leadership concentrata in tutti i Paesi sulla propria politica interna.

Tralasciamo le assurde idee di ripristino della lira o di doppia circolazione monetaria che suscitano la compassione e l´ilarità in Europa come in America: vanno magari bene assieme ai riti celti.

Fanno proseliti però coloro che mirano più o meno apertamente, a rinazionalizzare le politiche comuni e rimettono in discussione proprio l´impianto nel nostro tessuto connettivo delle regole europee – economiche e finanziarie, giuridiche e di sicurezza – di un sistema cioè condiviso che faccia convergere le nostre economie e ci faccia partecipi pienamente di una governance che dia vigore e credibilità alla gestione dello Stato, trasparenza ai conti pubblici e fiducia ai mercati, condizione necessaria per la posizione dell´Italia sui mercati internazionali.

Per cinquant´anni l´Italia perseguendo l´interesse nazionale inscindibile della sicurezza e della prosperità ha rifiutato la contrapposizione tra l´integrazione europea e la comunità dell´Occidente.

Ha propugnato il «vincolo virtuoso» dell´approfondimento e non ha contrastato l´allargamento nell´assunto del consolidamento parallelo dell´acquis communautaire. Ha partecipato da fondatore all´euro e a Schengen, le due collaborazioni rafforzate ante litteram che ci danno ora il modello attorno al quale si potrà risolvere la crisi dei «no».

In questo senso, la crisi economica che ci affligge e le incertezze che proiettiamo all´estero sul nostro perdurante impegno europeo si sommano e si compongono per accentuare il nostro isolamento.

L´isolamento in Europa ci costa la collocazione tra i “malati” come intitola l´Economist, lo spettro della via argentina come ha detto Hale qualche giorno fa al Workshop del Consiglio Italia-Stati Uniti.

E soprattutto ci impedisce di partecipare, nel nostro interesse e con le nostre idee alla ricostruzione del tessuto politico dell´Unione e alla ridefinizione delle sue istituzioni che si profila già.

Per uscire dall´isolamento occorre anzitutto un concreto e visibile impegno europeo, non solo a Bruxelles come è vidente, ma anche e forse soprattutto a casa nostra con iniziative realistiche e prontamente attuate, indirizzate alla ripresa economica e alla trasparenza dei conti pubblici nel solco delle regole che abbiamo sottoscritto liberamente a cui dobbiamo attenerci sapendo che la parola data e mantenuta vale più di ogni pronuncia politica.

Ed è necessario un fermo e deciso richiamo agli euroscettici di casa nostra che gettano sul panorama politico italiano il discredito dell´inaffidabilità. È necessaria la formulazione di un piano di rilancio per l´Europa – come cinquant´anni fa a Messina dopo la bocciatura francese della Ced.

È giusto avvicinare l´Europa ai cittadini, ma proprio i due «no» e le loro conseguenze ci insegnano che l´Europa degli europei deve essere fatta di iniziative concrete, realizzate e non solo promesse, di trasparenza e d´impegno.

Il monito che anche Montezemolo non si stanca di ripetere è un richiamo al quadro europeo, a mettere in comune parti significative della sovranità per compensare la dimensione insufficiente degli Stati nazionali nel mondo globalizzato. L´alternativa, come ci insegnava Einaudi nel 1947, è solo l´imbarbarimento, l´impoverimento e l´esclusione.