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6 Marzo 2007

Il governo temporeggia e la «ex Cirielli» fa danni

Autore: Vittorio Grevi
Fonte: Corriere della Sera

L’ assenza, nel dodecalogo sulle «priorità non negoziabili» redatto dal presidente Prodi, di qualunque riferimento ai problemi della giustizia, può essere letta in due modi diversi. La prima chiave di lettura è quella di chi vi coglie, con tono polemico, la conferma di un preteso disinteresse, da parte del presidente del Consiglio, per il buon funzionamento del «sistema giustizia», nonché per le conseguenti esigenze di interventi legislativi ed amministrativi. Se così fosse, tuttavia, sarebbe clamoroso il dietrofront rispetto ai propositi espressi nel programma di governo, e poi più volte richiamati, ragion per cui una interpretazione del genere non appare credibile.

La seconda chiave di lettura si fonda, invece, sul rilievo che nel campo della giustizia non si manifestano grandi tensioni, né pericolose divergenze, all’interno della compagine governativa, proprio grazie alla base comune fornita, sia pure talora in forma troppo generica, dal suddetto programma. Sicché, date queste premesse, non si è ritenuto necessario includere anche la politica per la giustizia tra i punti per i quali occorreva ribadire il concorde impegno prioritario della maggioranza, tale impegno non essendo mai stato posto in dubbio.

Se quest’ultima, a quanto pare, è la chiave di lettura corrispondente alla realtà, è però impossibile non constatare che negli oltre nove mesi finora trascorsi dall’insediamento del nuovo governo molto poco è stato fatto per la «questione giustizia» (come pure per la «questione corruzione» e per certi aspetti della «questione mafia», che ad essa si riconnettono). Non solo sul piano dei risultati ottenuti, ciò che si potrebbe forse comprendere, per via delle difficoltà dei percorsi parlamentari, ma anche sul piano dei progetti di riforme legislative a più riprese annunciati, eppure per larga parte non ancora presentati. A cominciare dai progetti di interventi settoriali diretti a razionalizzare i modelli del processo civile e del processo penale, nel senso dello snellimento e della accelerazione dei rispettivi itinerari procedurali (naturalmente nel rispetto dei limiti imposti dalle garanzie costituzionali del «giusto processo»), ovvero diretti a rafforzare le strutture amministrative di supporto dell’attività giudiziaria, in particolare attraverso la istituzione dell’«ufficio per il processo».

A proposito di strutture della giustizia, il problema di maggiore urgenza è senza dubbio quello relativo alla riforma dell’ordinamento giudiziario, specialmente in rapporto alla disciplina concernente l’accesso, la carriera ed i controlli di professionalità dei magistrati, la cui efficacia è stata sospesa fino al prossimo 31 luglio. Entro tale data, dunque, il ministro Mastella dovrà adoperarsi per il varo di una nuova corrispondente disciplina (per sua natura piuttosto difficile e complessa); tuttavia appare davvero singolare che, a tutt’oggi, non sia stato ancora presentato allo scopo alcun disegno di legge.
Per quanto riguarda, più in dettaglio, l’area della giustizia penale, bisogna dire che le intenzioni dichiarate dallo stesso ministro Mastella si muovono nel verso giusto, laddove puntano a ridurre i tempi di durata dei processi, mediante appositi ritocchi mirati sui meccanismi (così in materia di competenza, di notificazioni, di nullità ed inutilizzabilità degli atti, di riti alternativi, etc.) nei quali si annidano talora inutili appesantimenti della attività processuale.

Senonché occorre far presto, soprattutto nei settori nei quali ogni giorno aumentano i problemi di funzionalità del sistema: come sono, per esempio, quello delle impugnazioni (bisognoso oggi di essere comunque riequilibrato, dopo la sentenza costituzionale che ha colpito la «legge Pecorella»), e più ancora quello della prescrizione dei reati. È innegabile, infatti, che la «legge ex Cirielli» continuerà a produrre i suoi nefasti effetti fulminanti sui processi (presenti e futuri), finché non verranno modificate le improvvide scelte che vi sono contenute, nel senso dell’abbattimento dei termini di prescrizione. Ma, allora, perché si continua a temporeggiare?