I rilievi del Colle. Rognoni, vicepresidente del Csm: la parola va alla Camera, il testo può ancora cambiare
ROMA – Virginio Rognoni si lascia alle spalle il palazzo del Quirinale che saranno le 19. Ha partecipato alla cerimonia per il giuramento dei due nuovi giudici della Consulta Gaetano Silvestri e Luigi Mazzella. Ha visto Ciampi e lo ha salutato quando al Senato avevano votato soltanto da pochi minuti la riforma dell’ordinamento. È dunque fresco d’impressioni e sensazioni. Il vicepresidente del Csm non nasconde di essere fortemente deluso perché da ex parlamentare di tante legislature sperava in un’ultima, tardiva, resipiscenza da parte della maggioranza. Eccolo dire subito, senza esitazioni: “Il timore che dei rilievi del capo dello Stato fosse data un’interpretazione riduttiva e minimalista purtroppo è risultato fondato”.
Subito dopo Rognoni pronuncia un giudizio pesante, destinato a pesare sul futuro dell’ordinamento: “I richiami di Ciampi sono stati elusi. Questo è un errore, anche dal punto di vista politico”.
Alle 18 e 40 la Cdl ce l’ha fatta. L’ordinamento si avvia verso il suo ultimo traguardo, il voto alla Camera. Lei ha sperato fino all’ultimo che il testo cambiasse. Qual è adesso il suo giudizio? “Il Csm ha sempre auspicato, nelle dichiarazioni di tutti i suoi componenti, che la riforma potesse essere, data la sua natura, una legge condivisa e, comunque, che non si disperdesse il dialogo necessario tra le forze politiche e gli operatori di giustizia. Finché c’è un margine di tempo, e un margine c’è ancora perché adesso la legge va alla Camera, questo auspicio naturalmente rimane, anche se i segnali che arrivano non sembrano affatto positivi”.
A cosa sta alludendo?“Purtroppo è risultato fondato il timore che dei rilievi di Ciampi, per cui la legge fu rinviata al Parlamento, vi fosse un’interpretazione riduttiva o minimalista. Il testo che il Senato ha appena votato non sfugge a questa critica severa”.
Lei ritiene dunque che il testo, così com’è adesso e come la maggioranza intende votarlo, possa ancora sollevare le eccezioni del presidente Ciampi?“Ribadisco il giudizio che ho appena espresso: l’interpretazione riduttiva e minimalista dei rilievi di natura costituzionale sollevati dal Capo dello Stato rappresenta l’aspetto peggiore, anche dal punto di vista politico. Qualche voce autorevole è andata oltre e ha detto, non senza ragione, che i richiami di Ciampi sono stati elusi. Se fossero stati presi nella dovuta considerazione l’intera riforma avrebbe dovuto essere rivisitata così da eliminare quella diffusa incostituzionalità dell’impianto che da più parti è stato denunciato e di cui c’era già traccia nello stesso parere dato dal Csm”.
Insomma, questo ordinamento in versione Castelli resta al di sotto della soglia minima di costituzionalità?“Si è sempre avuta l’impressione che l’impianto costituzionale voluto dai nostri costituenti sia stato considerato, piuttosto che un insieme di regole a cui rendere conforme il nuovo ordinamento giudiziario, regole che per il loro dettato e la stessa loro “filosofia” indicassero i giusti percorsi di riforma, al contrario siano state considerate come ostacoli ingombranti da aggirare e neutralizzare”.
Lei sta dicendo che l’ordinamento risente di un’evidente insofferenza più generale contro le regole disegnate dalla Costituzione?“Interpreto così alcune anche recenti dichiarazioni secondo le quali la riforma è quella che è, né persuasiva, né esaltante, perché è il risultato non di un legislatore libero nell’indicare i suoi progetti di riforma, ma vincolato e in qualche modo trattenuto dai parametri della Costituzione vigente”.
La sua è un’analisi molto pesante, una bocciatura senza rinvio a settembre, tale da fermare definitivamente il percorso della riforma.“In quel testo si manifesta tutta l’insofferenza per quei vincoli costituzionali che invece dovrebbero essere vissuti come valori assolutamente persuasivi dal legislatore ordinario. Proprio per questa ragione non si fa fatica a comprendere come la riforma sia una legge discutibile e sbagliata”.
In questi mesi c’è stato più di un segnale di possibile miglioramento. Lei ha creduto che l’emendamento Salerno, il cosiddetto taglia concorsi, potesse passare ed essere utile?“Sì, in effetti, a un certo momento, è parso che ci fosse un’apertura: mi riferisco proprio alla presentazione di quell’emendamento visto con favore da componenti della stessa maggioranza e visto pure con favore da non poche posizioni della magistratura associata. Ma quella correzione è stata bocciata. Purtroppo è prevalso, sul merito del provvedimento, l’obiettivo di incassare comunque la “vittoria politica” dell’approvazione della legge”.
L’Anm se n’è molto lamentata, accusando la Cdl di chiusure ingiustificate, di assenza di dialogo, di forzate blindature. Lei che ne pensa?“A me pare che sia stato un errore, un grosso errore, blindare ancora una volta il testo della riforma. E così l’articolato parere scritto dal Csm è rimasto lì, senza una risposta, compresa la questione che noi sin da principio avevamo sollevato sulla farraginosità del sistema concorsuale introdotto e che rende estremamente difficile e pesante la gestione dell’intera macchina giudiziaria, tutto a discapito della giurisdizione”.
E a suo giudizio la soluzione proposta dal senatore alemanniano Salerno e che forse sarà ripresentata alla Camera avrebbe potuto sanare qualche vistosa anomalia?“Sono convinto che la soluzione proposta da questo senatore poteva costituire un rimedio, anche se parziale, ma non si è voluto fare niente. Anzi, si è introdotta una nuova e inedita disposizione la cui ammissibilità in questa fase del procedimento legislativo è tutta da dimostrare, tanto per intenderci l’emendamento anti Caselli, che metterà in difficoltà, bloccandole, una serie di nomine a uffici direttivi, in via generale, come da molte parti è stato segnalato con viva e crescente preoccupazione. Ancora una volta una regola ad personam è foriera di effetti negativi sul sistema e sulla sua gestione”.
A questo punto fanno bene i magistrati ad astenersi dal lavoro il 14 luglio?
“Sullo sciopero e sulle dichiarazioni dell’Anm non voglio interloquire. Vedo però che tutte le correnti dell’associazionismo sono d’accordo. Ciò vuol dire che le ragioni dell’allarme sono forti e diffuse. Tra l’altro esse sono accompagnate da analoghe considerazioni da parte della stragrande maggioranza della dottrina, dai costituzionalisti e dai processualisti. E, poi, il giorno dello sciopero non è imminente e le risorse del Parlamento continuo a credere che siano infinite”.