L’ansia è stata la sua compagna di viaggio ieri mattina, mentre si dirigeva verso San Giovanni Rotondo. Il timore che una candidatura per il Colle portata al voto senza un’intesa con l’opposizione corra il rischio di «naufragare nel segreto dell’urna». Chissà se Francesco Rutelli ha trovato un po’ di pace quando si è raccolto in preghiera nel santuario dedicato a Padre Pio, mentre ha ascoltato la messa officiata dal segretario di Stato del Vaticano, Angelo Sodano. E chissà se ha tratto giovamento dal colloquio con il cardinale, prima di rientrare a Roma per il vertice con gli alleati.
A Rutelli è chiaro che, per la corsa al Quirinale, i Ds sono bloccati sul nome di Massimo D’Alema, e per spirito di coalizione è pronto a collaborare con Piero Fassino. Ma «il metodo fondato su un nome solo e basta» non lo convince. E non lo condivide. Perché un petalo non fa una rosa, non consente cioè di coltivare un dialogo con il Polo per cercare di raggiungere un accordo sul futuro presidente della Repubblica. Se in più quel petalo mette a repentaglio i petali della Margherita, è ovvio che non può accettarlo. La corsa di D’Alema ha infatti inciso negli equilibri interni dei Dl, e se fino a ieri Arturo Parisi stava sulla sponda opposta, ora Rutelli se lo ritrova al fianco. Il professore ritiene che un conto è non ammettere veti del centro-destra su «un candidato della Quercia», ma poi «il candidato» deve riscuotere «il massimo dei consensi nella coalizione e in Parlamento». Come Rutelli, Parisi non ammette operazioni al buio, nè «prove muscolari», e il voto del 9 aprile dovrebbe far riflettere che simili iniziative danneggerebbero
Non a caso Gian Claudio Bressa, appena nominato suo vice al gruppo dell’Ulivo alla Camera, si è dichiarato a favore del presidente dei Ds. Anche Franco Marini sembra concordare con questa linea, sebbene la posizione del presidente del Senato appaia più defilata, perché c’è chi sostiene che possa ancora essere un candidato al Colle. Di certo c’è che nel partito i due fronti sono ormai ai ferri corti, lo testimonia il gioco di disinformazione
L’inventore del «metodo» che portò Francesco Cossiga sul Colle d’intesa con il Pci, ha voluto offrire una lezione sul «senso dello Stato». Era rivolta agli amici di partito, ma anche agli alleati della Quercia: «Perché il senso dello Stato ci ha impedito di essere arroganti, nonostante avessimo più del 30% dei consensi…».
Quella lezione, Rutelli l’ha portata ieri alla riunione del centrosinistra,