2222
13 Settembre 2004

I nodi della politica – Conversazione con Arturo Parisi

Autore: Claudio Sardo
Fonte: Il Mattino

Roma. «Francesco ha approfittato di una battuta per marcare una distanza tra Prodi e la Margherita, anzi per farla diventare più grande». Per Arturo Parisi, presidente dell’Assemblea federale del partito, è questo il problema. La prova di una sfida che Rutelli ha voluto e rilanciato. Di un’«alterità» tra Prodi e la Margherita, che ora, dopo la festa di

Polignano, è diventata questione politica di prima grandezza e potenziale esplosivo per l’intera coalizione. «Posso assicurare – ripeteva ieri Parisi – che la battuta sul ”bello guaglione”, quella che avrebbe offeso Rutelli, è stata pronunciata da Prodi con intenzioni amichevoli, se non addirittura affettuose». Parisi pretende che gli si creda sulla parola, visto il legame fraterno e il contatto costante con il Professore. Ma a chi dubitasse, è pronto a fornire un’ulteriore prova: «Sabato, a Monopoli, avevo anch’io sotto la giacca la maglietta con la scritta ”siamo tutti belli guaglioni”, che era stata simpaticamente distribuita dagli amici di Rutelli». Dopo il discorso di Rutelli e la dura replica a Prodi, però, Parisi è andato via frettolosamente da Monopoli e non ha avuto il tempo di mostrare la maglietta in pubblico.

Oggi Prodi incontrerà Rutelli e il vertice della Margherita. La riunione rischia di diventare incandescente. Parisi non vuole gettare altra benzina sul fuoco. E comincia la sua analisi, sottolineando i punti «positivi», il confermato sostegno della Margherita alla candidatura di Prodi e l’impegno di Rutelli per la federazione dell’Ulivo e per le primarie: «Quelle parole sono tutte a posto. Speriamo che non vengano contraddette da altre parole e soprattutto che, alle parole, seguano i fatti». Fissata la cornice, però, arrivano subito i punti dolenti: «Francesco ha voluto a mettere a verbale una diversità tra Prodi e la Margherita. Ha parlato di noi e Prodi, escludendolo dal noi, dimenticando che Prodi è stato tra i fondatori del nostro partito».

Non solo: «Ha imputato a Prodi di essere un fattore di divisione. Di spostare l’asse a sinistra, coltivando un rapporto priviliegato con i Ds. Di non riconoscere l’autonomia della Margherita». Una questione di tono e di stile: «Un’aggressività che aveva alle spalle quattro giorni di preparazione». Ma anche una questione politica: «Ciò che Prodi chiede alla sua Margherita è di condividere il medesimo orizzonte strategico».

Non dunque di ritagliarsi un proprio spazio all’interno della coalizione, di difendere «un’identità e un interesse di parte».

«La vera battuta-chiave del discorso di Prodi – continua l’analisi di Parisi – non era quella sul bello guaglione, ma quella sul centro di Mastella. Il centro, dice Prodi, è ormai soltanto uno spazio residuale. Per quello che vale, abbiamo già Mastella che se ne occupa». È vero, sottolinea Parisi, che «Rutelli ha escluso che la Margherita diventerà un partitino di centro. Ma vorrei essere sicuro che sia stata esclusa anche l’ipotesi del partitone di centro». L’ambiguità strategica, insomma, non è dissipata. Questa è la convinzione del ”capo” dei prodiani. Che chiede, a partire dall’incontro di oggi, un «chiarimento vero».

«Rutelli ha pronunciato parole impegnative sulla candidatura di Prodi e sulla federazione. Ma, nei giorni della festa, De Mita e Dini hanno contestato la federazione e Franceschini ha espresso dissenso sulla stessa candidatura di Prodi. Sia chiaro, sono dissensi legittimi. Ma c’è qualcosa di strano se chi contraddice le affermazioni di Rutelli si sente parte della maggioranza della Margherita, mentre chi è più in sintonia con la stretegia di Prodi viene di fatto marginalizzato».

Scavando, scavando, il vero nucleo dello scontro ruota attorno alla federazione. «È cominciato tutto il 29 giugno – ricostruisce Parisi – quando alcuni autorevoli dirigenti della Margherita hanno bucato le gomme all’aereo della federazione che stava decollando». Chi non vuole la federazione, scommette sulla competizione tra centro e sinistra.

Invece, secondo i prodiani, fu proprio questa la causa prima della crisi del ’98. «Tra di noi, c’è chi non si rende conto che, in questo modo, rischiamo di lasciare ai soli Ds i consensi ulivisti che premiarono la Margherita nel 2001». Il chiarimento, dunque, per i prodiani ha un solo esito politico possibile: che la Margherita torni ad essere il partito di Prodi. «Il partito che condivide il suo orizzonte ulivista e la voglia di costruire un progetto per tutto il centrosinistra, non solo per una parte». E se il chiarimento fallisse? «Non lo credo, non è possibile» risponde Parisi. Poi, però, aggiunge: «Se fallisse davvero, Prodi non potrebbe fare altro che prendere atto della distinzione. La Margherita non sarebbe più il suo partito. Ma noi non rinunceremmo a condividere il disegno di Prodi».