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18 Marzo 2008

I militari sono coraggiosi. I politici siano responsabili. Troppo facile fare i coraggiosi con la vita degli altri

Fonte: L'Unione Sarda

Esclusa l’idea di una ulteriore estensione dei nostri impegni militari all’estero non fossaltro che per il ricordo dei tagli selvaggi alla Difesa di Tremonti. Accantonata anche la proposta di un trasferimento dei nostri militari da una missione ad un’altra. Superata la gaffe del mutamento unilaterale delle regole di ingaggio in Libano come se fosse una cosa nella autonoma disponibilità del nostro Paese, è ora il turno di Frattini che, pur con una misura più controllata, annuncia una svolta in Libano così come in Afghanistan, con la proposta di passare da un approccio difensivo a uno offensivo. Al di là dei dettagli quella che mi sembra inaccettabile è l’idea che le svolte proposte per il futuro danno sulla situazione presente sulla quale in particolare sull’Afghanistan si danno ad intendere molte cose non vere. Non è vero che i nostri militari sono stati frenati da una politica preoccupata solo di evitare i rischi. Non è vero che l’Italia si nega alla condivisione dei rischi dell’alleanza limitandosi a “condividerla solo quando ci fa comodo”.

Non è vero che la continuazione dell’attacco dei talebani e quindi la stessa esposizione ai pericoli derivi da una postura meramente difensiva del nostro contingente. E’ vero invece che i nostri militari danno un contributo determinante e apprezzato allo svolgimento della missione ISAF alla quale l’Italia partecipa nel pieno rispetto dei suoi fini. E’ vero che in questo quadro non solo ci siamo caricati ma abbiamo pagato un prezzo di sangue che ancora piangiamo. E’ vero che sul “se” della presenza anche militare della comunità internazionale in Afghanistan il consenso è ampio, ma anche che sulle finalità e modalità il dibattitto è aperto e diffusi i dubbi: sul rapporto tra la componente militare e quella civile, sulla priorità operativa e cronologica della funzione combat su quella di assistenza, sul mix tra l’autonomia del contributo afghano e sulla capacità sostitutiva di quello esterno. E’ vero infine che i fini della mIssione Enduring Freedom guidata dagli Usa alla quale noi non partecipiamo andrebbero verificati, coordinati, e, a mio parere, integrati nel quadro della missione Isaf guidata dalla Nato della quale noi siamo parte. Se poi Frattini, sostiene che è l’Isaf che deve essere subordinata esplicitamente alla missione cioè ai fini combat di Enduring Freedom con tutto quello che questo implica su fini, modalità di soluzione della questione afghana lo dica. Questo aiuterebbe il confronto. E soprattutto aiuterebbe gli elettori a capire meglio la proposta del PdL e quello che li e ci attenderebbe nel caso di una vittoria del centrodestra.

Poichè credo che la politica estera e di difesa ci chiede il massimo di convergenza non ho difficoltà a dire che in presenza di uno svolgimento ulteriore della missione attuale questa convergenza sarebbe doverosa e possibile così come lo è stata finora in Parlamento. Altrettanto non mi sentirei però di dire per quel che riguarda la svolta che vedo annunciata. E’ in ragione della preoccupazione per la massima convergenza sulla politica di difesa che sento perciò il bisogno di rinnovare un appello al confronto e a questo fine alla misura, al rispetto dei fatti, e al rifiuto degli schematismi. In particolare ritengo da evitare l’idea che il confronto sia tra una politica coraggiosa di attacco, ed un’altra paurosa di difesa. Tra le virtù alle quali sono chiamati i militari sta certo il coraggio. E posso assicurare che i nostri lo hanno dimostrato in abbondanza. La virtù che si chiede ai politici è invece la responsabilità. Affidare ai militari compiti giusti e raggiungibili. Costruire attorno ad essi, ai fini e ai militari, un consenso largo e capace di durare nel tempo. Mettere a disposizione dei militari i mezzi necessari per raggiungere i fini assegnati col minimo rischio possibile. E in ultimo, ma non ultimo evitare di fare i coraggiosi con la vita degli altri.