11 Ottobre 2004
I confini che dividono destra e sinistra
Autore: Ilvo Diamanti
Fonte: la Repubblica
Suscita interesse maggiore del passato, la campagna presidenziale americana. Perché gli Usa offrono uno specchio di ciò che potremmo (e alcuni vorrebbero) diventare. Una democrazia “personalizzata” e maggioritaria, in cui le differenze di posizione e di opinione politica sono riassunte dalla figura del presidente; e, prima ancora, del candidato. Un modello che ha la sua rappresentazione simbolica – e politica – più efficace, in questi giorni, nei faccia a faccia tra Bush e Kerry. Due figure che “identificano” due alternative coerenti e riconosciute dai cittadini. Tuttavia, è ancora difficile, in Italia, immaginare un faccia a faccia fra Berlusconi e Prodi, specchio del confronto fra due Italie politiche. Non solo perché Berlusconi, per accettarlo, dovrebbe esservi costretto (da sondaggi che indicassero una situazione a lui chiaramente sfavorevole). Ma soprattutto perché la “personalizzazione”, in Italia, appare ancora un metodo per tenere insieme soggetti e segmenti politici diversi, più che per interpretare un “comune sentire”. Nel centrodestra, semmai, il problema appare meno acuto. Prima dell’ ingresso in politica di Berlusconi, d’ altronde, la “destra” risultava una parola semplicemente impronunciabile. E’ Berlusconi ad averla sdoganata, costruendo una Casa comune, dove ospitare inquilini tanto diversi. Per questo ne resta, con maggiore difficoltà del passato, il proprietario. Diversa è la situazione nel centrosinistra. Vi coabitano formazioni politiche che hanno tradizioni radicate e fra loro antagoniste, fino a un decennio fa (democristiana, socialista, comunista, di sinistra radicale ed ecologista). Hanno mantenuto, in parte, le basi organizzative e gli uomini di un tempo. Difficile, con un colpo di spugna, cancellare tutto. E ricostruire: una nuova casa, un nuovo condominio, con un solo capo. Così Prodi insegue un modello che rassomiglia molto a quello “americano”: il soggetto unitario presidenzialista, fondato sulle primarie, come metodo di selezione e di legittimazione della leadership. Ma stenta a realizzarlo. Perché gli stessi “veicoli” di cui si serve, in questo percorso, risultano inadeguati (i Democratici), oppure lo tradiscono (la Margherita). Per cui gli elettori di centrosinistra appaiono disorientati, anche se i sondaggi continuano ad essere loro favorevoli. Il leader “predestinato”, in realtà, è contestato da altri esponenti della coalizione. Poi, i gruppi dirigenti e parlamentari del centrosinistra non mancano di enfatizzare, ad ogni occasione, dissensi e divisioni. Su tutte le questioni principali: etiche e sociali, nazionali e internazionali. Da ciò il senso di vertigine che assale, da tempo, gli elettori dell’ Ulivo. Perché è frustrante sentir parlare di “vittoria annunciata” e di leadership scontata. Mentre, nella realtà, si moltiplicano le tensioni personali e cresce la sensazione di non disporre di un terreno comune, su cui costruire una casa comune. Eppure, le distinzioni esistono, fra sinistra e destra. In parte ereditate dalla tradizione, in parte impresse dai cambiamenti avvenuti dopo la caduta della prima Repubblica. Al di là dei programmi e dei progetti, tratteggiati in vista delle convention e delle campagne elettorali, lo si coglie nel linguaggio comune. Nelle parole e nelle immagini usate dalle persone per orientarsi e per collocarsi – insomma per distinguere e per distinguersi – sulla scena politica. Ne offre un esempio un’ indagine, condotta dal Lapolis (Università di Urbino) su un campione nazionale rappresentativo ampio (oltre 2000 persone), nelle settimane successive al voto dello scorso giugno. Un quesito, in particolare, rileva la reazione degli intervistati di fronte ad alcune “parole”, particolarmente familiari e diffuse nel dibattito politico. Alcune, solamente. Tuttavia significative e sufficienti a far emergere una mappa degli orientamenti degli elettori che delimita due territori – destra e sinistra – dai confini chiari. Vi concorrono, in particolare, sei riferimenti. 1. I primi due richiamano, com’ era prevedibile, la “personalizzazione”. Gli elettori delle due coalizioni, in altri termini, si dividono in modo esplicito attorno al nome dei due leader: Berlusconi e Prodi. Tuttavia, fra i due, è Berlusconi, a polarizzare i sentimenti, in misura decisamente più forte. Fra gli elettori di centrodestra, infatti, le reazioni favorevoli, suscitate dal premier, superano del 40% quelle negative. Fra gli elettori di centrosinistra avviene il contrario: – 76%. Fra destra e sinistra, in altri termini, la distanza negli atteggiamenti evocati da Berlusconi è del 116%. Un baratro. Scavato, soprattutto, dall’ antagonismo che si respira nel centrosinistra. Il nome di Prodi suscita orientamenti simmetrici: ma meno estremi. Nell’ uno e nell’ altro versante. Meno detestato dagli elettori avversi, apprezzato, ma non amato, dalla sua base elettorale. Il che ribadisce come nel nostro Paese prevalga una personalizzazione imperfetta. Espressa, per ora, da un uomo solo. 2. Tuttavia, non sono solo le persone a “dividere” la mappa degli orientamenti politici. Due altri riferimenti risultano particolarmente efficaci, al proposito: gli Usa e il sindacato. Sottolineano, due diversi ordini di questioni. a) Gli Usa riflettono l’ importanza assunta, nella nostra società, dalla globalizzazione e dalla guerra al terrorismo. Suscitano, per questo, grande simpatia fra gli elettori di centrodestra (+56% di valutazioni favorevoli), mentre suscitano un prudente distacco fra quelli di centrosinistra (+6% di giudizi negativi). Dove, peraltro, coabitano atteggiamenti contrastanti: l’ opposizione aperta degli elettori di Rifondazione (+45% di giudizi negativi) accanto alla posizione tiepida degli elettori della Lista unitaria (+2% di giudizi positivi). Contrapporre una “destra americana” a una “sinistra antiamericana”, però, appare improprio. L’ ostilità del centrosinistra, probabilmente, riguarda non tanto gli Usa, ma l’ attuale amministrazione Bush e la logica unilaterale che ne ispira la politica internazionale. b) Il peso assunto dal sindacato, invece, riflette il ruolo di mobilitazione e di protesta della società che esso ha interpretato, nella stagione del governo Berlusconi. Ma anche le differenze che attraversano gli elettori in tema di politica sociale (le pensioni), lavoro (la flessibilità, i licenziamenti), scuola, servizi pubblici. Naturalmente, in questo caso, i giudizi positivi prevalgono nettamente fra gli elettori del centrosinistra (+55%), mentre nella base del centrodestra pesano maggiormente, anche se di poco, quelli negativi. 3. Restano altri due riferimenti, capaci di “dividere”, in modo sensibile, gli elettori di sinistra e destra: richiamano il “comunismo”, il primo, il “federalismo”, l’ altro. a) Quanto al comunismo, prevalgono, in entrambi gli schieramenti, i giudizi negativi. Ma ciò avviene in misura molto più netta nel centrodestra. Non solo perché nel centrosinistra vi sono forze che, ancora, rivendicano la tradizione comunista. Ma anche perché, nel linguaggio del centrodestra, il termine “comunista”, è divenuto di uso comune e generalizzato, per “stigmatizzare” gli “altri”. Quelli che hanno una posizione politica diversa. Il comunismo dopo la caduta dei regimi comunisti è diventato, così, un modo per prolungare – artificialmente – l’ antica frattura, che un tempo lo opponeva alla libertà. Oggi alla “Casa delle Libertà”. L’ antonimo di berlusconismo”. b) Infine, il federalismo: riproduce la frattura territoriale, la questione settentrionale, da cui è emersa la Lega; da cui ha tratto spinta Forza Italia. Una parola che, per questo, continua a suscitare divisione, distacco. Anche nel centrodestra. Ma, soprattutto, sancisce la difficoltà del centrosinistra di radicarsi nel Nord. Centrodestra e centrosinistra. Disegnano una mappa con due regioni, delimitate da confini specifici e, a loro volta, segnate, all’ interno, da altri confini. Il territorio della destra: tracciato dal richiamo a Berlusconi, all’ America di Bush, dal federalismo. Dall’ anticomunismo. Il territorio della sinistra, segnato, fra l’ altro, dal sostegno al sindacato, dalle mobilitazioni per il lavoro, il welfare, il servizio pubblico; dalla partecipazione e dalla protesta come risorsa. E dall’ opposizione agli Usa di Bush. Oltre che dall’ antiberlusconismo. Converrebbe lavorare su queste mappe, su questi territori politici. Soprattutto al centrosinistra, costretto a muoversi in uno spazio politico angusto, sfavorevole. Proiettato (e imprigionato) dall’ asse fra (anti) berlusconismo e (anti) comunismo. Minacciato dallo stigma (anti) americano. Il centrosinistra. Mentre promuove il leader e prepara le primarie, gli conviene preparare un terreno amico. Nota metodologica I dati utilizzati nel testo fanno riferimento a una ricerca del LaPoliS (Università di Urbino) nell’ ambito del programma di ricerca, diretto da Ilvo Diamanti, dal titolo Territorio, elezioni e società: dopo il 1994. Il sondaggio è stato effettuato, nel periodo 28 giugno – 8 Luglio 2004, da Demetra. Le interviste sono state condotte con il metodo CATI (Computer Assisted Telephone Interviewing), con la supervisione di Andrea Suisani. Il campione, di 2288 persone, è rappresentativo della popolazione italiana di età superiore ai 18 anni, per genere, età e zona geopolitica. Le tabelle complete, comprendenti i dati proposti sono consultabili su www.agcom.it