ROMA – Le 11 e 18 minuti. A palazzo Madama,
in aula, si scatena il finimondo. Il senatore della Margherita Roberto Manzione
contesta i colleghi pianisti del centrodestra che votano per se stessi e per i
colleghi assenti. Lo scontro verbale con il presidente Marcello Pera si fa duro.
Pera lo richiama ma poi decide di espellerlo. Lui fa resistenza, gli si
avvicinano minacciosi quelli di Alleanza nazionale, tra loro c´è l´ex pm Luigi
Bobbio. Manzione ha un mancamento e cade steso per terra. È il panico. Corrono i
commessi. Arrivano i dottori. Manzione ha gli occhi rivoltati all´indietro. In
tutta fretta viene portato all´ospedale San Camillo. Tutta l´Unione protesta
vivacemente e abbandona l´aula.
Si ferma il decreto legge economico, si
blocca anche la sola idea di discutere l´ordinamento giudiziario, la polemica su
Pera e sulla sua gestione dell´aula si fa pesante, per una volta s´incontrano
nelle critiche la destra e la sinistra, il ministro della Giustizia Roberto
Castelli e i diessini Gavino Angius e Massimo Brutti. Non perdona il graffio del
giornalista e senatore azzurro Lino Jannuzzi che di Pera dice: «Da quando è
amico del Papa ha perso completamente la testa». Il presidente dei senatori
forzisti Renato Schifani avverte l´aria pessima e chiede di sospendere la
seduta. Ancora peggio perché stavolta s´arrabbia Castelli che vede ormai messa
seriamente in pericolo l´approvazione dell´ordinamento che inesorabilmente
slitta alla prossima settimana. Alle 13 e trenta è tutto finito, Pera si
proclama «presidente di tutti», si definisce «il garante della maggioranza e
dell´opposizione», assicura di «esserlo stato per quattro anni e di esserlo
ancora», ma Angius denuncia «la decadenza del Senato e l´inadeguatezza di chi lo
presiede». Brutti accusa: «Non c´erano i numeri. La senatrice segretario
Dentamaro lo ha denunciato. Pera invece l´ha zittita. Si vuole legiferare
nell´illegalità».
La Cdl è costretta a far quadrato su Pera, lo difendono
Schifani, il capogruppo aennino Domenico Nania, quello centrista Francesco
D´Onofrio. Jannuzzi continua a raccontare gossip sulla carriera del presidente,
Castelli rimpiange la presidenza di Nicola Mancino («Se ci fosse stato lui non
sarebbe successo perché non sarebbe caduto in questi tranelli»), ma poi frena
(«Pera è troppo signore»), resta una lacerazione destinata a pesare soprattutto
sulla riforma dell´ordinamento. Sulla quale si addensa ormai il quarto sciopero
della magistratura. Lo chiedono a gran voce, a Roma, a Milano, a Catania, le
toghe riunite nelle assemblee distrettuali. Lo vogliono i magistrati della
Cassazione che, in un documento, parlano della necessità di fermarsi contro una
legge che rivela «l´avversione nei confronti dei giudici in sé cosa non degna di
uno Stato costituzionale». Domani, proprio nella sede di piazza Cavour a Roma,
si terrà la manifestazione nazionale che l´Anm ha organizzato contro la legge. E
il presidente Ciro Riviezzo ammette: «La possibilità di fare sciopero esiste.
Non ci fa piacere arrivarci, ma in questi giorni pare che si sia ormai persa
ogni ragionevolezza».