18 Ottobre 2006
Gae Aulenti: il Pd nasce, ma nel chiuso dei partiti
Autore: Jacobo Iacoboni
Fonte: La Stampa
«Glielo confesso sinceramente, io sono abbastanza delusa dai risultati di Orvieto», e mentre lo dice Gae Aulenti, chicchissimi pantaloni arancio e giacca corta marrone, fa una smorfia inequivocabile, un misto di perplessità e di pessimismo espresso come solo una gran signora potrebbe fare, storcendo leggermente gli angoli della bocca in giù, una lieve increspatura nel centro della fronte. «I partiti mi sembrano modesti, parlano di tutto tranne che di contenuti…».
È sera tardi e il grande architetto – una che ha rifatto il museo d’Orsay, mica la sinistra italiana – sta per avviarsi a cena a braccetto con Umberto Eco, alla fine di un confronto con Piero Fassino che ha visto lo scrittore esprimere tutti i suoi dubbi (e sono un bel po’) sui modi in cui i dirigenti di ds e Margherita gestiscono la trasformazione. Ecco, la Aulenti dice «Umberto purtroppo ha ragione, lo slancio che servirebbe non c’è».
In realtà le posizioni di due dei più celebri intellettuali italiani sulla qualità del dibattito sul partito democratico sono leggermente differenti. Osserva la Aulenti: «Io vorrei tanto che si facesse; e credo che alla fine in qualche modo si farà. Ma appunto, sui modi non vedo nessun salto in avanti. Anche la discussione di Umberto con Fassino e Franceschini conferma una mia antica impressione, cioè che i dirigenti dei ds non siano capaci di fare quell’apertura che sarebbe necessaria. Non è solo l’apertura alla “società civile”, mi rendo conto che è un’entità sempre evocata che non si sa bene cosa sia, ma un’apertura ai non iscritti, i non militanti, persone che magari sono anche moderate, ma ormai fanno fatica a stare con questo centrodestra. Lei che ne pensa?».
Gae Aulenti non ha mai nascosto il suo impegno politico; è, con Eco, Enzo Biagi, Guido Rossi, Umberto Veronesi, tra i garanti del board di Libertà e Giustizia. Viene considerata – assieme ormai a non molte altre figure «milanesi» di nascita o adozione – una delle poche che avrebbero un diritto a essere ascoltate, non fosse altro che come «fondatrice onoraria» nella prima esperienza ulivista, oltre che collaboratrice – «fornitrice di idee» di campagne prodian-rutelliane. Eppure, dice, «non ho mai voluto parlare del PD anche quando me l’hanno chiesto perché mi dicevo sempre dai, aspetta, magari le cose migliorano». E un po’ sono migliorate, no? «Mah, almeno si parte, ma perché con questi tatticismi? Perché non viene fuori nessun leader che abbia il coraggio di proporsi come tale?». Sta pensando a Walter Veltroni? «A lui, ma anche alla generazione più giovane, dove sono i trentacinque-quarantenni? Toccherebbe a voi fare questo partito…».
Non è così semplice, e la signora lo sa. «Cofferati, che pure tre anni fa era un idolo assoluto, anche se in un progetto un po’ diverso da quello del partito democratico, l’hanno bastonato, avete visto com’è andata a finire, oggi fa il sindaco di Bologna». Crede ci sia un potere, come dire, d’interdizione dei vertici degli apparati? Il sorriso che arriva in risposta non è fraintendibile.
Qualche mese fa, appena eletta per un soffio sindaco di Milano, Letizia Moratti rispose così a chi le chiedeva se avrebbe collaborato con quell’intellighenzia femminile milanese non vicinissima al suo mondo, persone come Gae Aulenti, appunto, l’editrice Rosellina Archinto, la scrittrice Patrizia Valduga, al limite Franca Rame: «Persone che apprezzo. Spero di lavorare con loro, per loro, nel loro interesse. Cercherò di conquistarmi la loro fiducia». Non sta succedendo, ma Aulenti un motivo per sperare lo ricava in un’altra direzione, almeno alla fine: «Una proposta interessante di Umberto, che Fassino mi pare recepisca, è quella sulla formazione, la scuola; servono istituzioni che insegnino qualcosa alla classe dirigente del futuro partito, altrimenti continuerà a dominare l’ignoranza». Oppure, come accade anche in certe sere milanesi come questa, «la tendenza a discutere di tutto tranne che dei contenuti veri, pratica in cui i partiti si confermano maestri».