LOCRI – E´ nell´ospedale di Locri uno dei mandanti sospettati del delitto eccellente. Il suo nome è coperto da un omissis nella confessione di Bruno Piccolo, il killer che si è pentito. L´uomo è finito in un rapporto della squadra mobile di Reggio appena qualche giorno dopo l´omicidio di Francesco Fortugno, un dossier dove sono stati ricostruiti i suoi legami familiari e criminali, la sua storia di personaggio di rispetto. E´ considerato il vero boss dell´Asl del paese. Ancora oggi lavora a pochi metri dalla stanza di Maria Grazia Laganà, la vedova dell´esponente della Margherita ucciso nel seggio delle primarie la domenica del 16 ottobre dell´anno scorso.
La seconda fase dell´inchiesta sull´omicidio politico calabrese sta puntando su questo insospettabile impiegato. Dopo l´arresto dei killer, comincia la caccia a chi voleva morto Francesco Fortugno. Il mandante dell´ospedale ha una fedina penale miracolosamente pulita nonostante i suoi rapporti stretti con i Cordì di Locri e la parentela acquisita – attraverso la moglie – con i Bruzzaniti di Africo, ha fatto campagna elettorale alle ultime regionali per Domenico Crea, uno che dall´Udc è transitato nella Margherita e che dopo la morte di Fortugno ha preso la sua poltrona in consiglio regionale.
Il nome del boss della Sanità di Locri è emerso nelle investigazioni almeno due mesi prima che ne parlasse il pentito Piccolo. Già una settimana dopo l´agguato nel seggio una «segnalazione» descriveva i suoi collegamenti proprio con Salvatore Ritorto, il sicario vestito di nero che ha assassinato Francesco Fortugno. Una conoscenza antica quella tra l´insospettabile impiegato dell´Asl e il sicario, quest´ultimo era considerato quasi uno di famiglia, il migliore amico di Giuseppe, uno dei figli del boss della Sanità di Locri.
Il nome del personaggio di rispetto è tornato poi in un secondo rapporto di polizia. E poi ancora in un´informativa del Comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria, dossier inserito proprio nell´ordinanza di custodia cautelare contro i 9 killer di Fortugno. Lì dentro si racconta in particolare dei rapporti tra il sicario di Fortugno e Giuseppe, il figlio di quello che avrebbero individuato come mandante del delitto. Il figlio in questione è in galera da una quarantina di giorni, catturato il 10 febbraio scorso dalla polizia insieme ad altri 15 calabresi coinvolti in un traffico di armi e droga. Prima di finire in carcere aveva trovato una sistemazione come spicciafaccende nella segreteria politica di un consigliere regionale della Margherita.
E´ un «giro» di amicizie e di interessi che fa affiorare il contesto dove sarebbe maturato l´omicidio di Francesco Fortugno, almeno quello del momento operativo, la preparazione e l´esecuzione dell´omicidio del vicepresidente del consiglio regionale della Calabria.
Ma il boss della Sanità di Locri sembra comunque solo un anello nella catena dei mandanti, l´ultimo. «I moventi del delitto Fortugno sono tanti, uno lo stiamo trovando dentro l´ospedale di Locri e negli interessi della Sanità nella fascia jonica, altri li abbiamo individuati altrove», rivela uno degli investigatori che dall´ottobre del 2005 indaga sul delitto eccellente.
Ci sono più moventi nel caso Fortugno e almeno due sono anche i livelli dei mandanti. C´è un movente locale che riguarda la Sanità e l´azione di disturbo che esercitava la vittima contro certi affari locali, c´è un movente più alto e generale sugli equilibri di potere alla Regione Calabria e sul processo di rinnovamento portato avanti dalla nuova giunta del governatore Agazio Loiero.
Sui mandanti, gli investigatori avanzano ipotesi analoghe.
Mandanti politici e mandanti della Locride, il luogo dove Fortugno viveva e dove era stato eletto alla Regione. Uno di questi ultimi probabili mandanti l´hanno individuato proprio nell´impiegato dell´Asl.
Le indagini di polizia hanno trovato un formidabile riscontro alle rivelazioni di quel pentito del bar Arcobaleno di Locri, quel Bruno Piccolo che ha ricostruito i trenta giorni precedenti all´omicidio e svelato i nomi degli assassini. Il pentito ha perfino raccontato ai magistrati e ai poliziotti quanto era costato come killer Salvatore Ritorto, quanti soldi aveva preso per uccidere. Tanti. Così tanti da comprarsi una Bmw serie 5, ristrutturare casa e conservare dopo il delitto poco più di settantamila euro. Un cambio di tenore di vita improvviso, dopo quei cinque colpi di pistola.
Nell´interrogatorio del 22 dicembre del 2005 il sostituto procuratore di Reggio Giuseppe Creazzo ha chiesto al pentito Bruno Piccolo: «Quindi, se Ritorto ha avuto un compenso, evidentemente non gli interessava personalmente a lui (l´omicidio di Francesco Fortugno ndr), interessava a qualcun altro che l´ha incaricato. Lei sa qualcosa?». Eccolo l´omissis chiave di tutta l´inchiesta sull´omicidio politico della Calabria. Lì c´è il nome dell´insospettabile impiegato dell´ospedale di Locri. E dietro tutte le altre ombre. Quelle dei grandi affari sui soldi della Sanità e quella dei grandi intrighi della politica calabrese.