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1 Aprile 2007

E Veltroni si schierò con Parisi: così non va «Il Pd non può essere una somma». Il ministro: non andrò ai congressi dl»

L'asse degli scontenti
Autore: Maria Teresa Meli
Fonte: Corriere della Sera

Roma – «Quando parliamo di Partito democratico c’è da chiedersi se stiamo parlando tutti della stessa cosa». Così Walter Veltroni, che, applauditissimo al congresso dei Ds romani, ricorda con ironia quando era considerato un «blasfemo» perché sognava il Pd. E non è un caso — non lo è per niente — se proprio i due politici che hanno da sempre sponsorizzato il Partito Democratico, cioè Veltroni e Parisi, abbiano deciso di lanciare un appello a Fabio Mussi. L’altro ieri lo ha fatto il ministro della Difesa. Il giorno dopo è il sindaco di Roma che dice al leader del Correntone, presente al congresso: «Il soggetto che la sinistra vuole costruire sia interno al Pd, ne condizioni gli esiti, perché alla fine non nasca un partito moderato, bensì riformista».

Sia il sindaco che Parisi, infatti, temono che il Pd si riduca, per dirla alla Veltroni, «nella somma di due gruppi dirigenti che si mettono insieme, magari già divisi al loro interno, magari già attraversati da quel rischio che io vedo in casa nostra: quello della costituzione di piccoli gruppi, piccoli poteri che si organizzano». Questo è il Pd che Veltroni non vuole. E che non vuole nemmeno Parisi, il quale è ancora più esplicito. Tanto da annunciare che non parteciperà a nessuno dei congressi locali del suo partito. «Serve un’autocritica — dice il ministro della Difesa riferendosi ai Dl — perché stiamo assistendo a mere risse. contrassegnate da diffuse illegalità. Mi sono illuso fino alla fine che la politica potesse riacquistare il centro della scena. Ma non era così. Mi auguro solo che ora ci si avvii su un’altra strada in modo che le energie politiche finora compresse nel partito possano confluire nel processo costituente del vero Pd che gli ulivisti attendono». Una pesante presa di distanza sia dalla Margherita che dal Partito Democratico, così come si sta configurando.

Per paradossale che possa sembrare gli antesignani del Pd sembrano voler rallentare, mentre Fassino e Rutelli accelerano. Dice Veltroni: «Questo processo è importante ed è importante che non si concluda domani perché non deve diventare la sommatoria di Ds e Margherita ma dobbiamo allargarci a ciò che è fuori da noi». Già, paradossale non è questo atteggiamento, perché sia il sindaco di Roma che il ministro della Difesa temono che il Pd, per come stanno andando le cose, nasca già morto. E lo teme anche Prodi. Chi ci ha parlato lo descrive «scontento», ma il premier preferisce non intervenire per non turbare gli equilibri di governo. E’ ciò che gli ha rimproverato Parisi l’altro giorno.

Dunque, Prodi, Veltroni, Parisi, gli uomini simbolo dell’Ulivo, sono preoccupati. Al punto che il solitamente cauto primo cittadino della Capitale che, spesso e volentieri, si è fatto scudo del suo ruolo per evitare certi argomenti politici, esordisce così al congresso dei Ds romani: «Non parlerò da sindaco». E infatti da sindaco non parla. Anche quando richiama chi nell’Ulivo sta giocando di sponda con Udc e Lega per la riforma elettorale. «Ci vuole il bipolarismo — avverte —. Chi deve fare il governo? Le segreterie dei partiti o il voto dei cittadini? Se perdiamo di vista questa questione di fondo rischiamo che il Pd rimanga nel vecchio gioco politico». E il Partito Democratico, insiste il sindaco, non può nemmeno vivere «nella rivendicazione delle identità e degli steccati ideologici». Anche l’adesione al socialismo non è «un fattore determinante»: il sogno di Veltroni, infatti, è l’Internazionale dei socialisti e dei democratici.

Ma nè il ministro della Difesa nè il sindaco di Roma riescono a convincere Mussi. «Certo — scherza con gli amici il leader del Correntone — se Walter fosse il segretario del Pd mi sentirei garantito, ma lui descrive l’isola che non c’è, un partito che non c’è». Poi pubblicamente dichiara: «Il Pd non è nè quello immaginato da Parisi, nè quello descritto da Veltroni: è la fusione di due partiti che sono sempre più diventati macchine di potere». E la verità è che lo temono anche Veltroni e Parisi. Riusciranno a far deviare il treno e a portarlo su altri binari? Per raggiungere l’obiettivo, dopo i congressi, il sindaco di Roma dovrebbe scendere in campo più esplicitamente. Lo farà? Quasi tutti assicurano di no, ma qualcuno che lo conosce bene si lascia sfuggire un «aspettate…».