1 Dicembre 2004
“E’ un Paese da rifare”
Autore: Goffredo De Marchis
Fonte: la Repubblica
Contatti da riprendere: «Ho un elenco alto così di richieste e ho intenzione di soddisfarle quasi tutte. Voglio ascoltare, capire: ordini professionali, sindacati, organizzazioni non governative, da Emergency in giù». L´ottimismo per le prossime amministrative e per la tenuta della coalizione: «Le primarie slittano a dopo le regionali, le convocheremo tra il 27 e il 29 maggio. Come le faremo? Il problema non è quello, il problema è che qualcuno non le vorrebbe proprio. Ma ne abbiamo bisogno. Non tanto per me quanto per mandare un segnale di stabilità e per avere una grande mobilitazione». Il pessimismo sulla situazione italiana: «Il Paese è da rifare dalle fondamenta. C´è un confine molto sottile tra la descrizione della realtà e il disfattismo, lo so. Studieremo come impostare il nostro messaggio. Ma sono convinto che dobbiamo dire la verità. Più siamo sinceri e più riusciamo a individuare una via d´uscita, a fare quello scatto necessario per rimetterci in moto». Il lungo ritorno di Romano Prodi si è concluso ieri. Ha aperto la manifestazione dello sciopero generale. È salito al Quirinale per un colloquio con Carlo Azeglio Ciampi, oltre un´ora e molta carne al fuoco. Ha anche ripreso possesso dello studio imbiancato di fresco a Piazza Santi Apostoli dove lo assistono i fedelissimi Ricky Levi e Rodolfo Brancoli mentre racconta il primo giorno del nuovo inizio.
Sul Colle, che è proprio di fronte alle finestre della sua stanza romana, si è parlato a lungo della riforma fiscale, dei tagli di Berlusconi. Top secret le parole del presidente della Repubblica. Netta invece la posizione del Professore: «Dico no a un emendamento dell´opposizione sul taglio delle tasse. Se lo presentassimo dovremmo partire dal presupposto che le risorse ci sono. Invece noi sappiamo che quei 6,5 miliardi non esistono, che Berlusconi ha dilapidato tutte le risorse ereditate dai governi dell´Ulivo». Ma Prodi e Ciampi hanno parlato anche di altro. Della legge elettorale per esempio, del pericolo di un cambio in corsa. Il Professore ha sollevato il problema e spiega il perché: «Quando ho incontrato Berlusconi, il giorno della firma della Costituzione europea, a bruciapelo mi ha detto: “Sappi che cambierò la legge elettorale”. Non mi ha chiesto cosa ne pensassi, non ho avuto l´impressione che chiedesse una collaborazione al centrosinistra. Anzi, anche stavolta vuole fare tutto da solo. Ne ho parlato a Ciampi, gli ho detto che le regole non si cambiano quando la partita sta finendo con l´obbiettivo di ribaltare il risultato». Si è parlato di altre regole, quelle dell´informazione. Prodi è preoccupato: «Ho sentito con le mie orecchie Barroso chiudere tutte le porte all´ipotesi di rivedere Maastricht. Pochi minuti dopo, ho guardato il Tg1 e veniva detto esattamente il contrario». Ma non c´è solo la Rai. «Sono in scadenza le authority della concorrenza e delle Telecomunicazioni, nomine molto delicate… «, sospira il Professore.
La richiesta di una revisione di Maastricht «è un vero suicidio – secondo Prodi -. Sarà un´operazione mediatica, con il potere che hanno nelle televisioni e nei giornali proveranno a farla passare. Ma le bugie hanno le gambe corte e questa è una mossa che può danneggiare il Paese. Dobbiamo solo sperare che il Cavaliere non vada fino in fondo. Se Francia e Germania si mettono d´accordo ci schiacciano in un angolo e buonanotte. Noi siamo gli ultimi per i dati di crescita e il nostro debito è più alto del loro, possiamo essere penalizzati da una revisione. Eppoi adesso non ci sono più io alla commissione. Sempre nel rispetto delle regole, quando ero a Bruxelles ho sempre cercato di aiutare l´Italia, magari evitando una pressione, un richiamo. Ma con Barroso è diverso e dopo il caso dei conti della Grecia, Eurostat sarà molto più attento e molto più severo. Quella del Cavaliere è una politica estera suicida, che non trova alleati. E rischiamo di avere tutti contro. Capirei questa tattica se Berlusconi avesse ottenuto qualcosa dagli Stati uniti e invece niente anche da quel versante. Non c´è il sostegno degli Usa per il Consiglio di sicurezza, non abbiamo strappato una sola commessa in Iraq. L´Italia non porta a casa niente. L´immagine del nostro Paese è veramente a pezzi e non lo dico per fare propaganda».
Prodi è di nuovo nella mischia italiana, ma la testa è ancora un po´ a Bruxelles. «Il modo di fare politica qua è diverso, è traumatico rientrare, ma è andata bene». Lo sguardo però è quello di chi vede l´Italia nel contesto più ampio dell´Unione. «Il programma lo faremo a novembre. Adesso dobbiamo avere alcune idee-guida, scriveremo un manifesto dei nostri obbiettivi. Il primo è lo sviluppo, se non c´è siamo fritti, siamo al venticinquesimo posto nella crescita, retrocediamo anno dopo anno. La seconda sono i giovani, la nostra risorsa. Dobbiamo considerare la fascia che va dai 20 ai 35 anni non più come quella degli eterni adolescenti, ma come un fattore di dinamismo. Purtroppo noi non abbiamo la mobilità, la nostra mobilità è diventata precariato e la precarietà produce soltanto non specialisti. Ogni volta si ricomincia da capo, un ragazzo una volta fa il fabbro, un´altra il falegname e non cresce mai. L´altro tema è l´immigrazione. Dobbiamo dire di no all´isolamento dell´Italia nel mondo. Chirac è andato in Cina. È stato tre giorni con la penna in mano firmando contratti per due miliardi di dollari. E noi?».
Partire dalla globalizzazione per Prodi significa arrivare in Calabria. «Il Mediterraneo è lo sbocco naturale dell´Asia. Da Gioia Tauro ad Amsterdam ci sono cinque giorni di navigazione in più. A meno che non siamo completamente cretini, le navi devono fermarsi in Italia, la Cina e l´India le dobbiamo prendere noi. Però niente storie, voglio parlare di questo con tutti e i sindacati devono darci una mano…». Ecco il punto, la capacità del centrosinistra di offrire credibilità con una coalizione a volte divisa, comunque molto ampia. «Le primarie dobbiamo farle anche per quello, per dare un´immagine di stabilità. E l´indicazione di Arturo Parisi, il politico che ci crede di più, come responsabile del gruppo che lavora su questo è la prova che vogliamo farle sul serio». Lui vede il bicchiere mezzo pieno. «Abbiamo già individuato otto candidati presidente per le regioni, quasi nove. Andando avanti, i nodi si sciolgono. Capisco Mastella, tira la corda fino all´ultimo cercando di ottenere il massimo. Fa la sua partita». Parla di alcune regioni in bilico. «In Veneto è difficile, a meno che loro non mettano un leghista. Ma si sono già scottati in Friuli… In Piemonte può essere più aperta. Lì abbiamo tre nomi: Marcenaro, Morgando e la Bresso. Gli opinion poll per la Bresso sono formidabili. I Ds vogliono Marcenaro, che è il loro segretario regionale, ma Fassino è preciso e vuole vincere davvero, quindi se la Bresso è più forte… ».
Lui si tirerà fuori dalle polemiche quotidiane. Se il Polo lo provoca cercherà di non farsi coinvolgere. Quando l´Ulivo lo chiamerà a risolvere i problemi contingenti, ci sarà ma a distanza. I primi tre giorni della settimana starà a Roma, gli altri a Bologna, «ma soprattutto in giro per l´Italia» a sfoltire quell´elenco «alto così». C´è la querelle sul nome. Prodi sorride. «Alleanza o Grande alleanza, non è molto importante. Mi interessa invece tenere in vita l´Ulivo, quello è il brand più importante. E non ci rinuncio».