ROMA – Elezioni anticipate. «Nel più breve tempo possibile». A giugno. E´ una bomba annunciata quella che Romano Prodi lancia alle quattro del pomeriggio. Ha appena riunito i leader dei partiti dell´Unione, i capigruppo parlamentari, i presidenti delle regioni di centrosinistra. Sceglie lo scontro duro, annulla pure il viaggio già fissato in Cina: da oggi e per dieci giorni, impossibile.
«La parola a questo punto deve tornare agli elettori», va a dire alla stampa nel suo quartier generale di piazza Santi Apostoli. La richiesta arriva alla fine di un ragionamento in cui ci stanno i guai economici, i conti pubblici allo sfascio – «per indagare abbiamo pensato ad una commissione di esperti indipendenti presieduta dal professor Riccardo Fabi» – il «12 a 2» elettorale e soprattutto l´atteggiamento «incomprensibile ed incredibile di questo governo». Conclusione: «Nel Polo è tutto un ambaradan. Per rispetto degli italiani non possiamo andare avanti così».
Volto tirato, abito scuro, movenze da premier in pectore, fa subito partire un messaggio verso il Viminale: «Chiediamo con forza al ministro dell´Interno di assumersi tutte le sue responsabilità per garantire la possibilità del voto». Giuseppe Pisanu poco dopo comunica di essere pronto per le urne a giugno, incontra Piero Fassino e ne incassa il sì a sostenere il provvedimento.
Prodi sa benissimo che l´ultima parola spetta a Berlusconi e alla sua coalizione. «Quando avremo l´onore di sapere quali sono le decisioni della maggioranza…». Ma martella sulle convulsioni del centrodestra «O si risolve subito o bisogna andare alle elezioni». E di nuovo invia un messaggio tanto chiaro quanto duro ai palazzi che devono decidere. «Non vorrei che si continuasse con questo balletto fino ad arrivare al momento in cui poi le elezioni non sono più possibili prima del periodo estivo».
Significa una decisione entro i primi di maggio. Teme che Berlusconi la tiri in lungo per far scadere i tempi delle urne? «Non è escluso si comporti così per paura del voto. – risponde infilandosi nel treno per Bologna – Stanno succedendo cose incomprensibili, di cui bisogna analizzare bene i motivi». «Noi abbiamo detto a lungo – spiega – che non volevamo elezioni anticipate. Non ultimatum: un governo che governi. Invece assistiamo a un degrado continuo, con rischi immensi per tutto il Paese. Di fronte a questa mancanza di garanzie, siamo stati costretti ad accelerare. E´ la situazione ad imporlo. O decisioni subito o si vada alle urne».
Le scelte definitive sono maturate in lunedì sera passato con i più stretti collaboratori in Santi Apostoli. Fini, Berlusconi, Follini, parole dette e negate. Correvano informazioni e telefonate. «Qui ci manca solo il povero Vittorio Orefice, l´unico che riusciva a spiegare le più strane manovre della Prima Repubblica». Cena a panini, vassoi dai bar. «Non hanno la fiducia degli italiani e non sanno nemmeno come comportarsi. Così non può durare». Concetto scodellato poi al vertice degli alleati. Partendo sempre dalla vittoria, dai suoni di fanfara per scendere ai rulli di tamburi.
Fassino, Pecoraro Scanio, Diliberto, Di Pietro, Boselli, pure Mastella convengono decisi: «Elezioni anticipate». Rutelli e Bertinotti sono più defilati, per diversi motivi elettorali. Ma non contrari. Le scintille piuttosto sono fra Fassino e il presidente della Margherita sullo scontro Cacciari-Casson a Venezia. «Hai esagerato con certe tue letture della vittoria di Cacciari», dice il segretario ds, amareggiato del vantarsi dell´altro di aver «vinto contro tutti». Rutelli abbozza una spiegazione, Fassino lo stoppa: «Poi, se vuoi, ti do le mie di letture». Prodi, ormai nel ruolo del capo, fa il paciere: «Nessun leader è andato a schierarsi a Venezia. Lo scontro è fra due personalità entrambe molto forti, ma racchiuso in una città».
No, si parla solo di governo. E tutti credono ancora che i ministri di An si siano dimessi. Quando arriva la notizia che sono solo congelati, l´esplosione è unanime: «Basta». «E´ stato Berlusconi – va a dire Prodi ai giornalisti – a tramutare le elezioni in un referendum su di lui e la sua maggioranza. Ha avuto la risposta dalla maggioranza degli italiani».