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22 Dicembre 2004

E chi ci sta ci sta

Autore: Sandra Bonsanti
Fonte: libertaegiustizia.it

Tornavo ieri sera a casa dopo un incontro natalizio con vecchi e carissimi amici e ripetevo tra me l’ultimo messaggio affidatomi, una sorta di sfogo definitivo, quasi soltanto Libertà e Giustizia avesse ormai l’autorevolezza di farlo arrivare là dove esso era diretto: cioè agli orecchi del Professore e dei segretari della Federazione e dell’Alleanza.

“Adesso basta, la casa brucia, chi ci sta ci sta”. Semplice, no? Semplice e chiaro. Identico messaggio ho sentito in Tv da Massimo Cacciari, qualcosa di simile ha detto anche Ezio Mauro.


Sul forum di LeG i nostri simpatizzanti avvertono intanto: non andrò a votare. Io credo di aver capito, dopo tanto arrovellarmi, che il problema che dilania il centro sinistra, rischiando di regalare al Cavaliere lunghi anni di felice appropriazione della cosa pubblica per sé e per i suoi strettissimi famuli, sia il seguente: Prodi va bene a tutto lo schieramento se si limita ad assumersi la responsabilità di governare il disastro Italia nel momento in cui la minoranza vincesse le elezioni. Ma appena il professore studia il modo politico di tenere insieme la federazione, cioè la struttura su cui dovrebbe poggiare il suo governo, allora tutto si spacca. Prodi a Palazzo Chigi e non rompa le scatole ai partiti.


Il fatto è che il Professore ha un progetto diverso: in un certo senso, mi pare di capire, il problema governo potrebbe anche non essere il primo, mentre il primo vero nodo della questione è per lui l’unità della federazione, intesa nel senso di unità politica, quindi anche di indirizzo, di regole, di progetti. Quasi un solo partito, come ebbe a dire a Milano Massimo D’Alema nell’incontro con LeG.


Ma D’Alema, si sa, è uno che pur essendo presidente di un partito, è profondamente convinto che i partiti come si intendevano una volta non ci sono più e che altri sono ormai i luoghi del vero potere.


Se questa è l’interpretazione abbastanza verosimile dello scontro a cui assistiamo, furibondi, esasperati e chi più ne ha più ne metta, vogliosi davvero di rinunciare all’impegno, memori di Platone che prefigurava la fuga dalla politica dopo che la democrazia in cui aveva creduto aveva messo a morte “l’uomo migliore” di tutti i tempi, allora il messaggio “chi ci sta ci sta” vuol dire: in nome della vittoria su Berlusconi, che è un rischio sempre più grave per la vita civile e culturale dei nostri concittadini, facciano tutti un passo indietro e mettano nelle mani di Prodi non solo il governo ma anche il potere di governare senza esser smentiti o peggio infilzati tutti i santi giorni da un confederato o da una parte di un confederato.


Significa anche che gli elettori del centro sinistra non vogliono più saperne dei vari problemi per così dire personali e di potere, non vogliono docce fredde, tempeste malamente rabberciate il giorno dopo. Siamo stanchi, è il messaggio alla federazione. Fatela finita di accapigliarvi.


E c’è anche un messaggio affettuoso a Prodi: vai avanti, esercita la leadership visto che non siamo capaci di stare insieme senza un capo. Non fateci più vedere quel tavolo per le riunioni attorno al quale sono sempre gli stessi, da dieci anni a questa parte , a far le gomitate per esser visti in Tv: in certi casi meno si appare meglio è. Il duo Rutelli-Verderami già lo leggiamo quasi tutti i giorni sul Corriere, forse non serve alla causa vederlo anche da Vespa perché fa pensare subito a qualcosa di troppo ravvicinato. E così via.


Anche la seconda parte del messaggio, “non andrò a votare”, andrebbe presa sul serio. Essa nasce dalla rabbia di non vedere nella classe dirigente lo stesso grado di indignazione per la situazione in cui vive il Paese reale, lo smantellamento sistematico di tutte le regole della politica, della legalità istituzionale, il dilagare fra la gente della cultura del faccio come mi pare, tanto me lo lasciano fare. Le elezioni non sono vinte e se lo saranno bisognerà poi saper governare.


La somma di questi messaggi dice a Romano Prodi: comincia subito, non aspettare un giorno di più, a esercitare la tua leadership.


E chi ci sta ci sta.