È proprio
vero che la paura fa novanta. Il governo Prodi sbanda e inciampa ogni giorno;
i sondaggi sono infausti; e in Senato è come se non esistesse, non riesce a
legiferare. L’Ulivo ha ragione di essere spaventato. E così d’un tratto si è
svegliato. Ha capito che il balletto dei cavalli (o ronzini) di razza che da
vent’anni si bloccano l’un l’altro ? la somma di impotenze dalle quali è
emerso Prodi ? deve finire. Pena una pessima partenza il nuovo partito, il
Pd, non può nascere senza un nuovo leader che sia davvero tale. Prodi ha
escogitato un partito per rinforzarsi in sella. Paradossalmente ha costruito una
macchina che lo disarciona.
E così, d’un tratto, Veltroni è diventato il
candidato di tutti. Quantomeno a parole. Ma facciamo come se l’ultima parola
sia stata detta. Veltroni vola nei sondaggi ed ha fatto bene come sindaco di
Roma. Pertanto sta negoziando da posizioni di forza e chiede sin d’ora il
sostegno dei suoi sulle riforme elettorali e istituzionali che ha in mente.
Ma, appunto, cosa ha in mente? È bene chiederselo subito visto che in passato
(quando Veltroni era segretario dei Ds e non fece bene) sbagliò, per
esempio, sul sistema elettorale. Il problema è che in media gli
attribuiscono idee contraddittorie.
Leggo che Veltroni intende proporsi come
«sindaco d’Italia» (è lo slogan di Mario Segni), ma leggo altrove che è per
il sistema semipresidenziale francese. Sono due formule diversissime. La
prima è caratterizzata dalla elezione popolare diretta del capo del governo,
la seconda dalla elezione diretta del capo dello Stato. Non posso credere
che Veltroni le confonda. Forse le confondono i giornalisti.L’altro giorno
sentivo su una televisione «ammiraglia» che lo scarto tra voti e seggi era
dovuto, nelle elezioni francesi, al premio di maggioranza. Ma la Francia non
ha premio di maggioranza. Del pari ogni tanto leggo che dal referendum
Guzzetta sul sistema elettorale nascerebbe un sistema bipartitico.
Assolutamente no (anche se sono per il referendum, non lo vendo raccontando
balle).
Non è detto, allora, che chi fa confusione sia Veltroni. Però un
sospettuccio, e nemmeno tanto piccolo, lo covo. L’elezione diretta del premier
fu inventata in Israele con l’intento di contrastare la frammentazione
partitica dovuta a un proporzionalismo che è il più proporzionale al mondo.
Israele si è gia rimangiato dopo tre elezioni questo esperimento, che è
risultato disastroso. Ma in Italia l’idea piace. Piacque a D’Alema (per sé)
ai tempi della Bicamerale, sotto sotto piace (per sé) a Prodi, e piace anche
da tempo (per sé) a Veltroni. Che l’esperimento sia fallito nell’unico Paese
che l’ha tentato risulta del tutto indifferente ai nostri aspiranti premier.
E ai suddetti non importa un fico che per una lunghissima maggioranza di
costituzionalisti la formula del «sindaco d’Italia » sia ingannevole e
impraticabile. Non so se Veltroni abbia davvero detto che lui non si
impelagherà in «astruse discussioni sulle riforme», perché gli basta sapere
che «premierato significa un governo che può decidere». Ma proprio no. Le
strutture di governo che danno governabilità sono parecchie:
presidenzialismo, semi-presidenzialismo, premierato inglese, cancellierato
tedesco. Pertanto chi non distingue pasticcia. E non vorrei che Veltroni ci
introduca in una notte hegeliana nella quale tutte le vacche sono nere, e
cioè sembrano uguali.