«Siamo nel 2006 e si risente in giro gente che dice di aver paura di esprimere le proprie opinioni perché altrimenti potrebbe pagarne le conseguenze. Ma si rende conto? Eppure questa è la verità». Un regime, allora? «Io penso queste cose – risponde Diego Della Valle – e poiché sono nella condizione di poterlo dire sarei a disagio con la mia coscienza se stessi zitto».
Mister Tod´s, suo malgrado, è diventato una delle icone dell´antiberlusconismo, «il nostro bomber», come titolò il Manifesto. Non più, o non solo, uno dei campioni del made in Italy. Ora è un sostenitore pentito, molto pentito, dello start up di Forza Italia. Ora vuole che Berlusconi lasci Palazzo Chigi. E ieri ha deciso di lasciare il direttivo della Confindustria «per evitare che continuino strumentalizzazioni che possono arrecare danno all´associazione, a Montezemolo e a tutti gli amici imprenditori».
Attaccato a Vicenza, al convegno di Confindustria, dal presidente del Consiglio, Della Valle vorrebbe che Berlusconi, con il medesimo risalto informativo, spiegasse agli italiani «a che cosa si riferisce quando parla di “scheletri nell´armadio”, senza dimenticarsi che è il presidente del Consiglio, con il potere che ne consegue, che sta facendo un´accusa gravissima ad un cittadino italiano, il quale ritiene di non avere nulla da nascondere».
È stata una decisione difficile quella di lasciare il Direttivo della Confindustria?
«No, è stata una decisione pratica per dimostrare che le mie opinioni sono solo e soltanto mie. Perché chi attacca me, in realtà, punta a disturbare l´associazione e il suo presidente Montezemolo, anche in quanto mio amico fraterno».
Cosa le ha detto Montezemolo?
«Gli è dispiaciuto ma mi ha detto che capiva il senso della mia decisione».
Passiamo a Vicenza. Lei ha sostenuto che la performance del Cavaliere si spiega solo con la perdita del controllo dei nervi. Non le sembra una interpretazione un po´ semplicistica?
«Io sono convintissimo di quello che ho detto. Ho visto da vicino un uomo che ha perso il controllo dei suoi nervi. Non c´è dietro né una tattica né una strategia. Berlusconi è una persona che ha bisogno di molto riposo. Ma è anche una persona – lo dico come singolo imprenditore – che pensa che l´Italia sia “roba sua”, che possa disporre di tutto a seconda della sua convenienza: anche con arroganza e prepotenza. Questa è la sintesi di quello che è accaduto sabato a Vicenza».
Lei considera Berlusconi un piccolo dittatore?
«Non sono io che lo considero tale ma si evince dai suoi comportamenti. Perché è gravissimo quello che è successo a Vicenza, mentre era in corso un civilissimo confronto tra persone che dibattevano dei veri problemi del Paese. Si è presentato lì, con una specie di Circo Barnum. Si è messo a insultare altre persone, a denigrare istituzioni e realtà importanti di questo Paese senza alcun rispetto per nessuno, neanche per la carica che momentaneamente ricopre: quella di presidente del Consiglio di tutti gli italiani, e sottolineo tutti. Ma le sembra questo un buon esempio per i giovani che ci guardano? Per un Paese che ha bisogno non di veleno ma di distensione e solidarietà tra le persone».
Ma lei non si è pentito di avergli risposto come fosse allo stadio?
«Ho risposto come potevo considerando che venivo offeso senza alcun motivo. Naturalmente quello che è stato visto in alcune televisioni, tra le più popolari, può dare un´impressione falsata di quello che veramente è accaduto».
Ma anche la sua non è stata una risposta troppo dura all´indirizzo del premier?
«Ho risposto a un presidente del Consiglio che mi ha offeso ingiustamente. Ma mi sono fermato anche per evitare che si trasformasse tutto in una bagarre in una giornata che era partita benissimo. Certo mi sarebbe piaciuto vedere più imparzialità nel modo in cui sono stati comunicati questi eventi. Ma io sono una persona di mondo, e quindi, non essendo né il proprietario di Mediaset né il tutor della Rai, sono costretto a prenderne atto».
Tra lei e Berlusconi sembra esserci una ruggine personale: i diritti televisivi sul calcio, la politica, lo scontro sulle banche.
«Non c´è nulla di personale. Anzi, da questo punto di vista i nostri rapporti sono sempre stati amichevoli e corretti. Io, non lo dimentichi, sono uno che nel ´93, all´inizio dell´avventura di Forza Italia, ho creduto in Berlusconi, l´ho votato e l´ho anche finanziato, come si può vedere dalla mia dichiarazione dei redditi. Insomma, ci credevo per davvero e pensavo che anche lui credesse davvero alle cose che raccontava. Poi l´ho visto all´opera e ho preso atto che mi ero sbagliato. Ma la cosa che più mi ha spaventato, e che mi spaventa, è la sua bravura a convincere chiunque. La cosa che mi preoccupa molto oggi è che molta gente in buona fede possa credere di nuovo a programmi fantasma, frasi ad effetto che purtroppo non servono a rendere l´Italia più competitiva, a creare posti di lavoro per i giovani e a migliorare le pensioni. È un film già visto che non ha prodotto un granché. Lo dico come moderato che nel passato votava per Ugo La Malfa. L´Italia ha bisogno di ripartire e per farlo, secondo me, si deve puntare su due parole: competitività e solidarietà. Competitività per le imprese, solidarietà per coloro che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese. Berlusconi ha detto che all´estero ci guardano con rispetto. Purtroppo, non è vero: la nostra reputazione è molto compromessa soprattutto dopo lo scandalo estivo che ha riguardato la Banca d´Italia. Per fortuna ora è arrivato Draghi. Bisogna anche ammettere che Tremonti, Urso ed Alemanno hanno fatto un buon lavoro».
Lei sta parlando come un politico. Scenderà in campo?
«No, mai. Si ricordi che uno che ha fatto bene l´imprenditore difficilmente può essere anche un buon politico. Sono due cose completamente diverse. La politica devono farla i politici veri, come Casini, Fini, Rutelli, Mastella, Prodi e Fassino».
E allora mi dica cosa chiede alla politica?
«Che si occupi realmente degli interessi di tutti, in particolare dei giovani e di chi ha più bisogno e che metta a disposizione delle imprese un sistema-Paese che permetta loro di essere competitive. Comunque: fatti concreti e non più politica spettacolo».
Per chi voterà il 9 aprile?
«Sono un moderato e quindi sceglierò nell´area di Mastella, Prodi, Rutelli, senza dimenticare che Clemente è un mio amico fraterno».