“Mi auguro che le nostre proposte abbiano dimostrato definitivamente agli industriali che non abbiamo intenzione di azzerare tutto quello che ha fatto il precedente governo, ma che vogliamo cambiare ciò che non funziona, ciò che non è equo e ciò che produce precarietà”. Il convegno dei giovani imprenditori di Confindustria “dove ho visto attenzione e rispetto” è alle spalle; davanti – oggi – c’è l’apertura del confronto tra governo e parti sociali sulla politica economica. E in queste ore il ministro del Lavoro Cesare Damiano batte con forza su quello che considera uno dei principali problemi se non “il” problema del mondo del lavoro: troppa precarietà e poca sicurezza. E’ una posizione che oggettivamente lo porta su strade diverse da quelle di altri componenti dell’esecutivo. Non è con il ministro dell’Economia Padoa-Schioppa, che vorrebbe legare la riduzione del cuneo fiscale a innovazione e guadagni di produttività, nè con il vicepremier D’Alema, che a Santa Margherita ha parlato di sostenere “le imprese al fronte”.
Ministro, la concertazione prima di tutto. Padoa-Schioppa ha detto che non costituisce “il momento della decisione”. Lei a Santa Margherita ha difeso invece il metodo del ‘93…
“Ho parlato della concertazione del ‘93 non tanto perché pensi che oggi sia necessario riavviare un grande patto tra le parti sociali, ma perché si devono aprire tavoli sui problemi più importanti tra quelli ereditati, prima di tutto previdenza e cuneo fiscale”.
Ma è un metodo che vale ancora?
“E’ chiaro che la concertazione si propone di arrivare a una sintesi condivisa. L’azione delle parti sociali è fondamentale, fermo restando le prerogative del governo e l’ultima parola che come sempre spetta al Parlamento. Ed è evidente che in assenza di conclusioni comuni il governo ha la necessità di agire. Ma questo è un passo da fare solo se non si riesce a trovare un accordo, una condivisione. Ecco quale deve essere il nostro obiettivo. Questa è la mia opinione, che può anche confrontarsi con opinioni diverse. Ma mi sembra inutile alzare polveroni anzitempo su argomenti che vanno invece trattati con tranquillità e soprattutto – per quel che riguarda il governo – in modo collegiale, dando poi al presidente del Consiglio il compito della sintesi”.
Anche sulla riduzione del cuneo fiscale lei non è in sintonia con Padoa-Schioppa. Deve servire a premiare chi innova e guadagna produttività o ad altro?
“Su questo ho un’opinione molto precisa. La riduzione del cuneo è la prima azione che deve compiere il governo per coniugare il rigore con lo sviluppo e l’equità. E poi la riduzione di cinque punti deve essere ripartita tra l’impresa e il lavoro. La selezione deve essere collegata a un criterio fortemente oggettivo che per me coglie anche l’esigenza di portare il Paese verso la stabilità del lavoro. Per questo ritengo che la riduzione del cuneo fiscale debba essere indirizzata ai contratti a tempo indeterminato, che rappresentano la gran parte degli occupati”.
E l’innovazione? Come si premia?
“Si possono incentivare specificamente le imprese. Mi sembra un problema diverso dalla riduzione del cuneo fiscale”.
Quindi prima di tutto lotta al lavoro precario…
“Sta nel programma dell’Unione, che io difendo a spada tratta. Penso anche che – compatibilmente con le risorse – sarebbe opportuno reintrodurre il credito d’imposta nelle aree svantaggiate in modo da dare un altro incentivo a trasformare il lavoro flessibile in stabile o assumere direttamente a tempo indeterminato. E poi bisogna aumentare i contributi del lavoro flessibile. Io propongo di aumentare i contributi dei contratti a progetto, che oggi sono al 19%, per ridurre quelli dell’industria, che sono al 43%”.
Ma lei vede il rischio di una manovra con molto rigore e poco sviluppo?
“Io sostengo con forza, e mi pare che questa sia la posizione di tutto il governo, l’obiettivo di tenere insieme rigore, sviluppo ed equità. E sarei fortemente contrario a una manovra in due tempi che metta prima il rigore e poi lo sviluppo”.
Ministro, le pensioni cambieranno nel 2007, come ha scritto il Sole 24 Ore, riportando studi dei tecnici dell’esecutivo?
“Sulle pensioni ho un riferimento che è la legge Dini del ‘95 e non sento il bisogno di nuove riforme perché quelle precedenti hanno consentito di ottenere forti risparmi. Si tratta di fare alcune modifiche che abbiamo già annunciato, una delle quali è la revisione dello scalone del 2008 che è una misura iniqua, che pesa su una specifica porzione di lavoratori. La mia proposta è trovare una soluzione che consenta un’uscita più morbida, trovando misure alternative per far tornare i conti. Poi c’è l’esigenza di far decollare le pensioni integrative, estendendole anche al settore pubblico e al lavoro atipico”.
Niente modifiche dell’età pensionabile per le donne o revisione dell’età per l’anzianità?
“Le notizie su presunte modifiche del sistema pensionistico sono destituite di fondamento. E’ una discussione tutta ancora da fare”.
A Santa Margherita, tra i giovani imprenditori c’è stato un cambio di registro rispetto a Vicenza e a Varese. Ma sta davvero cambiando qualcosa?
“E’ noto che la cosiddetta base di Confindustria ha un orientamento prevalente di centrodestra. Ma è altrettanto noto che una grande organizzazione come Confindustria fa i conti con i governi esistenti. Mi è parso che da parte dei giovani imprenditori ci fosse nei confronti dei rappresentanti del governo un atteggiamento di attenzione e di rispetto”.
ntezemolo chiede al governo il coraggio di scelte anche impopolari. Lo avrà?
“Io spero soprattutto di fare scelte utili per il Paese”.