6 Gennaio 2008
C’è chi lavora per distruggere Walter
L'accusa: da D'Alema discussione strumentale
Autore: Maria Teresa Meli
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Walter Veltroni (Emblema) |
Roma – Ieri lo ha fatto Walter Veltroni su “Repubblica”, adesso è la volta del suo braccio destro (e sinistro) Goffredo Bettini perché l’annuncio di Dario Franceschini di una svolta presidenzialista alla francese ha creato non pochi problemi al sindaco di Roma e «ha offerto su un piatto d’argento – come dice qualche veltroniano – la possibilità di andare contro il leader del Pd». Bettini, comunque, va all’attacco. E senza troppi giri di parole dice che c’è chi, nel Pd, vuole «distruggere Veltroni», sostiene che quella sul sistema tedesco è «una discussione strumentale» e invita D’Alema ad abbandonare i «personalismi». Insomma, come funziona? Siete presidenzialisti alla francese e avete rinunciato all’idea di trovare in Parlamento una soluzione – compromesso che raccolga la più ampia convergenza possibile? Bettini sorride e spiega: «Noi abbiamo sempre detto che il presidenzialismo francese è il sistema migliore per l’Italia e che rimane un punto di riferimento che potrebbe anche diventare una proposta da presentare per la campagna elettorale delle prossime elezioni politiche, quando saranno».
Peccato che il presidenzialismo alla francese abbia spaccato l’Unione, il Pd e non abbia raccolto neanche grandi consensi nel centrodestra… «E infatti oggi il punto è un altro: raggiungere il risultato concreto di una convergenza larga su una riforma elettorale equilibrata e innovativa da accompagnare alla riforme dei regolamenti e delle istituzioni». Lei parla così, Bettini, ma intanto Massimo D’Alema ha dato addosso a Veltroni e Franceschini e da palazzo Chigi hanno lasciato intendere che le vostre iniziative sulle riforme non sono poi tanto gradite. «Io rispondo così: c’è un motivo semplice semplice per cui oggi è necessario fare le riforme. Il Paese non ne può più degli spettacoli che gli offre un politica frammentata che non decide. A noi non interessa affatto piantare le nostre bandiere. Abbiamo proposto il Vassallum ma abbiamo anche detto che siamo disponibili alla discussione e al compromesso purché vengano fatti salvi tre principi».
E quali sarebbero questi principi?
«Intanto occorre aprire al proporzionale anche per dare più libertà di proposta e di autonomia alle forze politiche: in questo quadro pure il Pd potrà esprimere la sua vocazione maggioritaria».
Questo perché il Pd vuole andare da solo alle elezioni eliminando la Cosa rossa?
«Il problema non è che il Pd abbia la sciocca pretesa di andare da solo ma ha l’ambizione di un programma e di una strategia che parli a tutto il paese, come è naturale per un partito a vocazione maggioritaria».
Strana vocazione maggioritaria che si concretizza con un sistema proporzionale.
«E’ per questo che ci vuole uno sbarramento del 5 per cento: per favorire la semplificazione del sistema politico italiano che soffre di una pletora indicibile di partitini».
Di cui Veltroni vorrebbe disfarsi ben volentieri. «Ma no, nessuno vuole perseguitare i piccoli partiti, piuttosto li dobbiamo aiutare ad aggregarsi e a cambiare perché il loro obiettivo deve essere più coraggioso del mero raggiungimento della sopravvivenza del proprio ceto politico».
E quale sarebbe il terzo principio che va salvaguardato per raggiungere un compromesso sulla riforma? «La realizzazione di un nuovo bipolarismo, con la correzione del puro proporzionale che non dà stabilità al governo, forza alle coalizioni e che riaprirebbe il mercato politico post elettorale. Uno strumento di correzione è dare al partito che vince un misurato premio di maggioranza in grado di rafforzare la sua capacità di essere il baricentro e il promotore della sua coalizione».
Sostiene Veltroni che siete a un passo dal risultato. «Siamo alla fine di questa impresa, siamo all’ultimo sforzo».
Sembrate un po’ troppo ottimisti voi veltroniani: D’Alema, che nel Pd non è che conti proprio niente, insiste sul sistema tedesco e dice che avrebbe la maggioranza in Parlamento.
«Non è vero, mentre sull’ipotesi che prima delineavo possono convergere sia Forza Italia che Rifondazione, che il Pd e non vedo le ragioni di ostacoli insormontabili per An ed anche per chi vuole tentare un nuovo grande centro. Quindi la discussione sul tedesco rischia di diventare astratta e, alla fine, strumentale. Comunque noi dobbiamo evitare due errori. Il primo, quello di ostacolare la strada della riforma per arrivare al referendum, il secondo quello di pensare a un proporzionale puro che ci farebbe rinunciare al sistema bipolare che è l’unico sistema che ci consente un ricambio delle classi dirigenti».
Ma come, Bettini, tutti dicono che in realtà Veltroni sta puntando al referendum. «Il risultato del referendum sarebbe una battaglia elettorale all’ultimo sangue per ottenere un voto in più tra i due schieramenti. Quindi costringerebbe alle ammucchiate che rappresentano proprio il massimo della contraddizione rispetto al progetto del Pd».
Intanto però Giulio Tremonti sostiene che è inutile continuare il confronto con Veltroni perché rappresenta solo un terzo del Pd. «Walter è un leader che è stato scelto nelle primarie a cui hanno partecipato tre milioni e mezzo di persone. Quando qualcuno prenderà un voto in più di lui potrà dichiarare di essere maggioranza».
Quindi il confronto con Berlusconi va avanti, anche se in tanti vi criticano per questo?
«Quando mi dicono “fai male a fidarti di Berlusconi”, io non rispondo. E’ già difficile scegliersi degli alleati, figuriamoci degli avversari. Sappiamo tutti che Berlusconi ha una sua forza in Parlamento e una sua popolarità nel Paese e quindi per fare le riforme bisogna trattare anche con lui».
Non è vero piuttosto come ha ipotizzato anche D’Alema che sotto sotto voi abbiate scelto la via del confronto con Berlusconi per far cadere Prodi? «Questo è assurdo. Da quando c’è il Pd e si è aperto grazie a Veltroni un tavolo concreto per le riforme e il governo si è rafforzato nella sua azione e nell’opinione del paese. Tra l’altro, mi pare un po’ buffo che prima ci si critichi perché con il dialogo si metterebbe in pericolo il governo e poi ci si strappi i capelli perché Veltroni stesso avrebbe deciso di affossare le riforme. Insomma, c’è in giro una voglia distruttiva verso le iniziative del Pd che è in sintonia con la tipica abitudine italiana di colpire ogni cosa buona che nasce. La verità è che prima di Veltroni sulle riforme c’era la morta gora e che solo grazie alla nostra iniziativa oggi si discute credibilmente su un possibile risultato positivo del cambiamento della legge elettorale. E se ognuno superasse personalismi ed eccessi di furbizia tutto sarebbe più facile».