Roma – «Sono d’accordo con Massimo D’Alema quando parla di “spettacolo indecente” ma non posso condividere il suo giudizio, espresso con parole forti, secondo il quale tutto questo è “avvenuto sotto lo sguardo trascurato della magistratura”. Dico questo perché il palazzo di giustizia di Milano è un vero casino e non spetta certo al giudice per l’udienza preliminare o al giudice per le indagini preliminari rincorrere gli avvocati per le scale».Il senatore dell’Ulivo Felice Casson, ex pubblico ministero di prima linea a Venezia e ora relatore a Palazzo Madama del ddl Mastella sulle intercettazioni, dice anche che il presidente dei Ds in qualche modo confonde l’obiettivo quando se la prende solo con gli avvocati accusandoli di avere favorito le fughe di notizie.
Chi altro avrebbe favorito la circolazione illegale delle intercettazioni?
«Dobbiamo partire da un dato di fatto. I verbali e i contenuti delle intercettazioni erano, in gran parte, in possesso dei giornalisti. Da almeno un anno».
Ne ha la prova, senatore?
«Guardi, basta capire che in pochi minuti non era materialmente possibile trascrivere tutto quello che era stato depositato ».
Vuol dire che prima degli avvocati, gli spifferi li hanno favoriti la polizia giudiziaria e la procura?
«Quando uscì la famosa intercettazione Fassino-Consorte, pubblicata un anno fa, gli atti non erano ancora arrivati alla procura. E questo vuol dire che la fuga di notizie c’era stata nella fase precedente ad opera della polizia giudiziaria (in questo caso la Guardia di finanza, ndr) o per un controllo telefonico parallelo e, dunque, illegale. Queste sono le uniche due possibilità perché non essendo arrivati gli atti in procura non potevano essere stati né i magistrati né gli avvocati».
Quindi D’Alema sbaglia a prendersela solo con gli avvocati?
«Che sia successa questa scena un po’ vergognosa è vero. Ma la scena vergognosa è sicuramente la ciliegina finale rispetto a tutta una serie di fughe di notizie che si erano verificate in altre fasi».
Il giudice Clementina Forleo ha interpretato correttamente la legge Boato?
«La legge in vigore non è sicuramente adeguata a tutelare la riservatezza né delle indagini né della privacy. Prova ne siano le fughe continue di notizie…».
Ma ora c’è il disegno di legge Mastella fermo al Senato, di cui lei è il relatore.
«Con questo testo, che inizieremo ad esaminare in commissione la prossima settimana, si propone di stringere le maglie. Soprattutto nelle fasi più delicate non si può far ricadere tutte le responsabilità sull’ultimo anello della catena, ovvero sui giornalisti. Piuttosto, bisogna risalire a chi dà le notizie».
Polizia giudiziaria e magistratura?
«Bisogna stringere le maglie a livello di polizia giudiziaria e magistratura. Responsabilizzando magistrati e polizia giudiziaria e su questo faremo alcune proposte».
Quindi D’Alema non ha torto a parlare di «sguardo trascurato della magistratura»?
«Ripeto, concordo sullo spettacolo avvilente. Però, conoscendo il palazzo di Giustizia di Milano, dubito che la dottoressa Forleo e altri magistrati fossero in grado di vedere quello che stava succedendo. Non spetta certo al Gup e al Gip inseguire gli avvocati».
E gli altri che avrebbero violato le regole nelle fasi precedenti?
«La colpa principale non è degli avvocati. Ci sono responsabilità della polizia giudiziaria. Molto pesanti e ormai datate nel tempo».
D’Alema chiede che qualcuno ne risponda.
«Se vengono individuate le responsabilità è giusto arrivare alla punizione».