Caro professor Romano Prodi, avevo pensato di scriverLe una lettera aperta. Poi, vista l’inflazione di missive spedite attraverso i giornali, ho ripiegato su una cartolina, più consona alla nessuna importanza del sottoscritto. Il quale ha un solo titolo da offrire: l’essere un Suo estimatore e un elettore dell’Ulivo.
Bene, da ulivista semplice, mi sono angustiato quando ho letto due giudizi sul centro-sinistra del tutto identici, ancorché espressi da opinionisti agli antipodi. Domenica 11 luglio, su ‘Liberazione’, organo del Parolaio Rosso, Sandro Curzi ha scritto che l’Ulivo pare “tarantolato” e non se ne vede più neppure l’ombra. Lo stesso giorno, Barbara Spinelli, sulla ‘Stampa’, è stata altrettanto severa: l’Ulivo è “ipnotizzato”. E “i dirigenti della lista Prodi sembrano paralizzati” davanti al disastro politico e personale di Silvio Berlusconi.
Che cosa sta succedendo, caro Prodi? Sarebbe importante sentirlo spiegare da Lei. E in attesa di una Sua parola, metto nero su bianco quel che vedo. Per cominciare, del Triciclo non si ode parlare più. Certo, il bottino elettorale alle europee, il 31 per cento, l’avevamo sperato meno scarno. Però quel che contava, e dovrebbe contare soprattutto oggi, era il messaggio di un terzo degli elettori italiani: coraggio, se stiamo insieme, possiamo farcela. Ma c’è ancora la voglia di stare insieme?
L’ulivista semplice teme di no. Sulla fase successiva al Triciclo, ossia sul Partito riformista, è scesa la nebbia più fitta. Un nebbione spesso come il brodo dei gnocchi, che mi rammenta l’infanzia in Monferrato. E mia nonna che diceva: con questa nebbiaccia, non vedremmo neppure un asino sopra un prato segato. Che cosa scorgiamo, invece dell’asino? Per esempio, Piero Fassino e Francesco Rutelli che ormai vanno d’accordo come l’olio e lo yogurt. E poi la sinistra della Quercia che spara a palle incatenate contro qualunque triciclo o unità riformista si affacci sull’orizzonte. E poi ancora l’alta burocrazia dei Ds che, senza confessarlo, si augura che il Partito riformista non nasca mai.
E infine ecco la Margherita in preda al terrore di rimanere in compagnia della Quercia. Per paura di diventare il fiore all’occhiello della giacca troppo larga di Fassino. Che mistero, questo partito bianco e giallo! Doveva essere la Sua casa, caro Prodi, e sembra invece il partito meno prodista. O, peggio ancora, il più antiprodiano. Adesso i margheriti hanno deciso di andare per conto proprio alle elezioni regionali del 2005. È una scelta assurda. E foriera di conseguenze nefaste.
Da sola, la Margherita apparirà sempre di più uguale alla vecchia Dc della decadenza. Dove, lo so per esperienza di cronista, il primo che si alzava la mattina pretendeva di comandare. Chi comanda, oggi, tra i margheritoni? Rutelli, Marini, Parisi, Letta? Siamo al gioco del lotto: chiunque scelga un nome, può scommetterci su qualsiasi ruota. Con la certezza di perdere sempre.
A complicare il tutto, ci sono le strizzate d’occhio rutelliane, ma non solo, verso i neo-democristiani di Follini & Casini. Ecco un azzardo sterile e masochista. Ci facciamo del male a sperare in un ribaltone dei centristi. Loro non si muoveranno da dove stanno. E se Follini si spostasse davvero verso il nostro fronte, arriverebbe quasi nudo alla meta, avendo perso per strada almeno mezzo partito.
L’Ulivo non deve acquisire la ditta Follini & Casini, ma, se può, una parte dei suoi elettori. Tuttavia, per riuscirci il percorso è uno solo: mettere in chiaro che il centro-sinistra possiede la ricetta giusta per non lasciar cadere l’Italia nel baratro di una crisi senza via d’uscita. Ed è qui che ricompare il nebbione di prima. In vista del voto europeo, Giuliano Amato aveva scritto il programma dell’Ulivo. Dove è finito? Possiamo fingere che non esista e limitarci a stare seduti sulla sponda del Tevere aspettando di veder passare il cadavere politico di Silvio Trepalle? Oppure bisogna fare ben di più?
Penso che tocchi proprio a Lei, caro Prodi, fare questo di più. Nei sistemi bipolari, i programmi debbono coincidere con il volto dei candidati premier. Sono la loro bandiera, il patto che presentano al paese. Dunque, è su questo fronte che l’aspettiamo con ansia e speranza. Lasci perdere la Commissione europea, una storia finita. Ritorni subito a combattere in Italia. Sia già oggi il nostro premier-ombra. Quello che tallona il cavalier Trepalle tutti i santi giorni. Dicendo agli elettori: lui sbaglia a fare così, noi faremmo in un altro modo, per i conti pubblici, il declino industriale, le pensioni, il lavoro dei giovani, e via enumerando.
È questa l’unica strada per preparare una vittoria. E Lei lo sa, assai più di me. Se invece s’è stancato di guidare l’inconcludente famiglia ulivista, lo dica al più presto e con chiarezza. Verremo a riverirLa nella sua casa di Bologna, con il rispetto di sempre. .