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7 Settembre 2005

Candidature, Margherita e Ds si contendono Prodi

Autore: Monica Guerzoni
Fonte: Corriere della Sera

«Se Ciampi decidesse di non ricandidarsi, perché non considerare anche Ciriaco De Mita?». L’ex premier siede accanto alla figlia quando, dal palco, Arturo Parisi costringe i cameramen a puntare gli obiettivi sulla seconda fila. De Mita si agita sulla sedia, cerca lo sguardo di Rutelli, esclama quattro volte «oh» e poi: «De Mita chi? Il figlio? Io non ho l’età. Ed è una prospettiva che non mi interessa». Quando tutto è finito, l’ex leader della Dc scherza con i cronisti. «Mi vuole far fuori. Ma no… Parisi non è un democristiano e quindi non è ipocrita». Tra gli ex popolari corre il sospetto che l’ideatore dell’Ulivo abbia lanciato una provocazione, ma l’entourage di Parisi giura che no, l’idea di lanciare De Mita per il Quirinale è cosa seria, quasi un risarcimento dopo che nel ’96 (stando a una leggenda di Palazzo) Prodi nicchiava per concedergli un seggio.

LA SCELTA — E altrettanto seria è la sfida che Franco Marini, intervistato in tandem col ds Vannino Chiti, lancia a Prodi per risolvere il dilemma che lo arrovella: ora che il no della Margherita alla lista unitaria ha congelato l’Ulivo, con quale partito si presenta il leader dell’Unione nel proporzionale? «Deciderà lui — premette Marini — ma se volesse rivedere la sua storia e decidesse che la sua provenienza è la Margherita e magari ci facesse questo onore…». Prodi, a sentire il giro ristretto dell’aspirante premier, sceglierà «all’ultimo minuto». Potrebbe presentarsi solo nel maggioritario sotto il simbolo dell’Unione, oppure, ed è l’opzione che più sembra convincere Parisi, correre per il Senato dove la proporzionale non c’è.

LA SFIDA — Potrà sembrare uno di quei cavilli che appassionano soltanto gli addetti ai lavori, invece è un capitolo importante della competizione tra Margherita e Ds. Se così non fosse, perché Marini e Chiti si contenderebbero l’onore e l’onere di candidare Prodi, magari come capolista? «Mi pare difficile — provoca malizioso il coordinatore dei Ds — chiedere al candidato premier, che è stato il promotore della Lista Unitaria e che di questo soggetto sarebbe stato il candidato nel proporzionale, di fare il rappresentante della minoranza della Margherita». Marini lo interrompe, dice che Prodi non rappresenta la minoranza perché non fa parte degli organismi dirigenti, ma Chiti tira la coperta dalla parte della Quercia: «Penso che Prodi si collegherà con le forze che sono rappresentanti della federazione dell’Ulivo».

LA FED — Negli occhi di Parisi, un lampo di esasperazione: quando ancora Prodi aveva nell’Ulivo il suo «partito», una simile querelle sarebbe stata insensata. Indietro non si torna, ma Rutelli non vuol passare come colui che divide. Nel pomeriggio convoca un vertice lampo con Gentiloni e Marini ed ecco, sotto i riflettori, l’ex leader della Cisl rilanciare con forza la federazione tra gli applausi del presidente della Margherita. «Prodi ha bisogno della Fed — grida Marini —. Ripartiamo domattina…». Ma Chiti ribatte: «Bisogna essere coerenti, il no alla lista unitaria non ha certo aiutato». Federare i riformisti, la strategia dichiarata da Marini. E non invece, come non pochi sognano anche nella Margherita, unire le mezze mele di Rutelli e Follini. «Escludo che il vertice del mio partito lavori per la scomposizione del bipolarismo. La Margherita è figlia e madre dell’Ulivo». Non è che Marini non senta la suggestione di un «grande centro», è piuttosto che non crede nel «coraggio» di Follini e di Casini. «Non usciranno mai — va dicendo ai suoi — è soltanto un bluff». E poi restano sempre i vecchi problemi. La sera si mette in scena il remake del Costanzo Show, il presentatore dovrà moderare pure un confronto fra Bertinotti e Fassino a Roma e Rutelli, già che c’è, gli consiglia: «A Bertinotti devi dire di giurare davanti ai suoi elettori che per i prossimi cinque anni non farà cadere il governo».