A Muggia per la campagna elettorale, ha sciolto in serata gli ultimi dubbi. «Non vedo fatti che possano modificare le mie decisioni – ha detto – e quindi confermo di avere rimesso il mio mandato nelle mani del presidente del consiglio».
Ieri ci avevano provato in molti a fargli cambiare idea, non ultimo un palazzo Chigi preoccupato per i risvolti che la vicenda potrà avere sull’ultima tranche di campagna elettorale. A compiere la prima mossa, complici i contatti tra la Farnesina e la Santa Sede, era stata in mattinata radio Vaticana.
Offerta di compromesso
La direzione della Radio, in una nota formale, confermava «che lo spostamento della trasmissione in onde corte ad altre antenne verrà effettuato entro il 20 maggio, a seguito delle verifiche compiute nelle misurazioni congiunte» e che «nella riunione della commissione bilaterale del 18 maggio verrà definita la data in cui scatterà il piano di rientro definitivo per le trasmissioni in onde medie».
Con perfetto tempismo, meno di mezz’ora dopo nelle redazioni arrivava una nota di palazzo Chigi, evidentemente stilata in anticipo, firmata dal Presidente del Consiglio in persona. «Accolgo con grande interesse e giusto apprezzamento – scriveva Amato – le parole di padre Lombardi. L’indicazione finora di una data certa per lo spostamento delle trasmissioni in onde corte e l’esplicito impegno ad indicare nella riunione conclusiva della bilaterale del 18 maggio la data in cui scatterà il piano di rientro definitivo per le trasmissioni in onde medie rappresenta un passo in avanti molto importante. E’ un iniziale premio per l’impegno del ministro Bordon e una solida premessa per una soluzione auspicata e voluta dall’intero consiglio dei governo nel rispetto, insieme, della legge italiana e dei legami di diritto internazionale e concordatario che abbiamo nei confronti della Santa Sede».
Era una offerta di compromesso, con la quale si respingevano di fatto le dimissioni di Bordon e lo si invitava ad accontentarsi di una soluzione ragionevole. Ma non era abbastanza.
Già in mattinata, Bordon aveva confermato di aver inviato giovedì notte l’invio a Palazzo Chigi della lettera con la quale si minacciavano le dimissioni, e si era rifiutato di rivelarne il contenuto. Puntualmente altra fonte aveva fatto però uscire pochi minuti dopo il passo essenziale della lettera («se non vi saranno prese di posizione chiare da parte del governo rimetto il mio mandato nelle tue mani») e, tramite l’agenzia Dire, era arrivata nelle redazioni anche la replica riservata di Amato (un bigliettino con su scritto: «Non erano questi gli accordi nelle telefonate di ieri mattina, si doveva attendere il ritorno del premier dalla Puglia per arrivare ad altre conclusioni»).
Ora i decreti
La palla era così stata messa più che mai nelle mani di Bordon, che da Muggia ha letto con attenzione gli appelli che gli pervenivano, in primis quella della presidente dei Verdi Grazia Francescato che definiva «importanti» le dichiarazioni di Amato e che rimarcava l’importanza dell’approvazione dei decreti attuativi della legge quadro, prevista per il consiglio dei ministri di mercoledì. Se avesse voluto Bordon avrebbe potuto appigliarsi a questo e ritirare le dimissioni. Ma come aveva detto l’altroieri ai cronisti «io ho una sola faccia». E se n’è andato.