2222
21 Giugno 2005

Bertinotti promette lealtà ma no a lacrime e sangue

Autore: Maria Teresa Meli
Fonte: Corriere della Sera
ROMA – Alla fine, dopo tre ore scarse
di discussione, senza neanche una lite, è passata perfino la «
clausolaMastella » . All’unanimità. L’hanno accettata tutti, da Romano
Prodi a Piero Fassino passando per Fausto Bertinotti. Il leader
dell’Udeur, da pragmatico qual è, ha spiegato al candidato premier: «
Romano, se hai paura che ti fottano, stabiliamo che nessun partito
della coalizione può votare contro un provvedimento del governo, al
massimo si ricorre all’astensione » . Buonsenso, logica politica e
costituzione avrebbero voluto che qualcuno si fosse alzato a dire: «
Impossibile » . Così non è stato, tanta è la paura che le fondamenta di
questo schieramento possano crollare alla prova del governo.
L’unica cosa che proprio non si poteva fare eramettere nero su bianco
quel che avrebbe voluto Prodi: ossia elezioni anticipate se cade il suo
esecutivo. Due problemini lo hanno impedito. E non di poco conto.
Primo, sarebbe stato uno sgarbo istituzionale nei confronti del capo
dello Stato, cui spetta il compito di sciogliere le Camere. Secondo, i
segretari dell’Unione si sono detti: sarebbe come approvare la riforma
di premierato forte di Silvio Berlusconi che osteggiamo, insomma
rischieremmo la figuraccia. Meglio una formula più generica, come
quella del patto di stabilità per cinque anni. Ma sono parole che non
risolvono le questioni ancora aperte nell’Unione.
Questioni che
oggi non potevano essere sviscerate onde evitare liti, risse e nuove
divisioni. Perché, come ha detto Fassino: « Basta. Smettiamo di
discutere di noi e tra di noi: dobbiamo parlare agli italiani e
indicare loro una via d’uscita dalla crisi. Le regole che fissiamo oggi
ci consentiranno di riprendere il cammino » . Però i problemi sono
tutti lì, come la polvere messa sotto il tappeto. La « clausola
Mastella » che, dicono, ha fatto fare i salti di gioia sia a Prodi che
a Fassino, non può risolvere le difficoltà del governo che verrà, se
verrà. Se ne è avuto un assaggio, per esempio, quando Prodi ha
annunciato: « L’economia va male e noi saremo chiamati a scelte
difficili » . Bertinotti, fino a quel momento garbato e conciliante, ha
fatto un balzo sulla sedia: « Niente lacrime e sangue » , ha esclamato.
Con tono gentile ma molto molto fermo.
Insomma, è ovvio che se si
dovesse arrivare a determinate soluzioni in materia di politica
economica, clausola o non clausola, Rifondazione comunista voterebbe
contro. Né il Prc può fare sin da adesso sconti sul programma. Perciò
non può accettare l’ipotesi secondo cui il candidato che perde in
quelle consultazioni si ricaccia in tasca il suo programmino e si
adegua a quello del vincente. Bertinotti, sempre garbato e conciliante,
è stato chiaro su questo punto: « Il tema del programma – ha detto –
non verrà risolto dalle primarie » . Ma i problemi non riguardano
Rifondazione. Riguardano il non disciolto nodo del rapporto tra il
premier e i partiti della coalizione. E questo è un fattore di rischio
per la governabilità invocata dall’ex presidente della commissione ue.
Certo, è vero che Prodi ha chiesto – e ottenuto – di avere « l’ultima
parola sulla scelta dei ministri e delle candidature » . Ma è anche
vero quel che osserva un esponente della Margherita: « Vi immaginate
Romano che boccia un nostro candidato in Campania per metterne uno suo?
» . Quindi non è un caso se Prodi, prima di annunciare che voleva
l’ultima parola sui ministri, ha dovuto premettere che « i partiti
saranno rappresentanti nell’area di governo » . Un eufemismo per dire:
non vi preoccupate avete i vostri uomini nel governo. E ha anche
rassicurato Mastella che, senza peli sulla lingua, ha osservato: « Oh,
bisogna cominciare a parlare di dicasteri perché io non vorrei
ritrovarmi poi a fare il ministro per gli ottuagenari all’estero » .
L’episodio più indicativo, comunque, è un altro. Prodi ha proposto la «
creazione di un organo collegiale che prenda le decisioni per l’Unione
» .
Proposta bocciata. All’uopo basta e avanza il direttivo dei
segretari. Insomma, il candidato premier deve sapere che è con le forze
politiche che dovrà trattare, anche dopo le primarie.
Dunque, i
partiti. La clausolaMastella non servirà ad arginarli. E il problema
dei problemi che affliggeva Prodi, ovvero la governabilità, non è stato
certamente risolto in questo vertice.