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6 Novembre 2006

Bersani: «Ma le liberalizzazioni servono ai precari»

Autore: Mario Sensini
Fonte: Corriere della Sera

Roma – Ministro Bersani, dopo la
manifestazione di ieri Franco Giordano, segretario di Rifondazione,
dice che la sinistra radicale è più forte e che ne dovete tenere conto.
Lo farete?

«Sbaglia chi immagina un futuro di convivenza conflittuale o
permanentemente dialettica tra la sinistra radicale e quella
riformista. Noi siamo al governo perché dobbiamo fare sintesi. È una
responsabilità di tutti e credo che nessuno voglia tagliare il ramo
dove è seduto, politicamente parlando» risponde il ministro dello
Sviluppo economico. Che aggiunge: «Io trovo giusto che i giovani che
rivendicano prospettive più sicure si esprimano anche a voce alta. Chi
governa non può semplicemente aggiungere una voce in più, ma deve
dialogare con loro e rispondere non vendendo sogni, ma impegnandosi in
concrete riforme».


Però c’è chi ha attaccato il ministro del Lavoro, dandogli del servo dei
padroni…

«Formule espressive inaccettabili e irresponsabili».


Si rischia davvero un clima anni 70, come dice Damiano?

«Non arrivo fin lì, ma non sottovaluto questi verbalismi regressivi.
Non c’è il clima degli anni 70, però c’è qualcuno che non sa quello che
dice».


Sarà che la gente non capisce questa Finanziaria?

«Certo, questa è una fase delicata per il governo, non tanto per la
tenuta della maggioranza, che è limitata nei numeri, ma nei passaggi
parlamentari ha dimostrato di essere solida. No, il momento è delicato
proprio nei rapporti con l’opinione pubblica, la percezione dell’azione
di governo rischia di essere deformata, evidentemente anche per i
nostri limiti. E poi non dimentichiamo che noi stiamo già subendo
l’urto delle riforme avviate. Adesso il nostro compito è quello di
ricostruire il filo logico e tenerlo fermo sul messaggio dal quale
siamo partiti: risanamento e riforme».


Questo filo s’è perso?

«Abbiamo messo moltissime cose al fuoco».

Forse troppe?
«Non c’è stata proporzione tra le cose fatte e la capacità di
ricondurle al disegno unitario. Ora dobbiamo tenere la barra dritta,
riformare, ricostruire compattezza».



Significa anche riprendere il dialogo con le aree sociali che non hanno gradito la manovra?

«E con quelli che non l’hanno compresa. Dobbiamo portare avanti una
linea incisiva anche sui temi della precarietà. C’era questo problema
anche in Spagna, ma lì invece di battaglie su fronti opposti c’è stata
una presa di coscienza collettiva del problema. Spero che anche in
Italia si possa dare qualche garanzia in più ai lavoratori e ai
giovani, senza con questo limitare la crescita delle imprese. Il filo
logico deve essere garantito da una politica compatta, non raffigurata
da una diarchia tra il riformismo e radicalismo. Per fare riforme
moderne, un po’ di radicalismo ce lo dobbiamo mettere, e lo abbiamo già
fatto. Nelle misure varate a luglio contro l’evasione fiscale, per
esempio, ma anche nelle liberalizzazioni».



Eppure il ministro di Rifondazione, Paolo Ferrero, sostiene che la priorità
sia l’emergenza sociale, non le liberalizzazioni…

«Qui bisogna intendersi. Io vedo queste due esigenze strettamente
connesse. Stiamo parlando della stessa cosa, dei giovani, di chi non
può fare il tassista perché non ci sono licenze, dei giovani avvocati
che fanno tirocinio per anni. Possiamo avere una linea riformista con
un grado di radicalismo sufficiente per cambiare. Però in un contesto
dove l’economia e la crescita siano il punto di riferimento».


Se ieri in piazza con i precari c’erano migliaia di persone non si rischia, passando alle pensioni, di trovarne un milione?

«Io non so perché quando si parla di pensioni un riflesso condizionato
ci porti a parlare dei tagli. Il punto non è questo: si deve parlare di
miglioramento del sistema. Di sostenibilità e di copertura anche per i
giovani che oggi non ce l’hanno. Davanti a noi c’è lo scalone, a
moltissimi non piace, nemmeno a me. Ma è lì: se vogliamo eliminarlo
possiamo farlo solo in modo sostenibile. Tenendo conto
dell’allungamento delle speranze di vita».


Fausto Bertinotti sostiene che quel dato non può essere la somma matematica di tante vite lavorative, ciascuna diversa.

«Ha ragione. Non c’è dubbio che anche immaginando un meccanismo
volontario, ma più flessibile, bisogna tener conto anche della
questione dei lavori usuranti. C’è stata una prima fase, molto
articolata e complessa, dell’azione di governo ma ora, fuori dai
fragori della Finanziaria, dobbiamo prendere un passo da alpini sul
cammino delle riforme e scandirle. Ora c’è il bilancio, poi abbiamo sul
piatto la riforma della tv, la liberalizzazione dei servizi pubblici
locali, l’azione collettiva dei consumatori, la semplificazione della
pubblica amministrazione. Poi, ancora ci saranno le pensioni, i tavoli
già convocati sul mercato del lavoro, gli ammortizzatori sociali, il
contratto del pubblico impiego. Anche quello dimostra la nostra
attitudine: diamo garanzia che il contratto si farà ma chiederemo
riforme».

Lei accennava alla Finanziaria. Non è stata una manifestazione di compattezza dell’esecutivo e della maggioranza.

«Senza arrivare all’autocritica, concordo sul fatto che forse un po’ di filtro in più non sarebbe stato male».

Ci saranno nuovi segnali verso il popolo dei precari?
«Abbiamo già dato un messaggio forte con il cuneo fiscale diretto a
favorire l’occupazione a tempo indeterminato e con primi diritti per
lavoratori flessibili a proposito di maternità e malattia. Abbiamo
inoltre adeguato i contributi per il lavoro a tempo determinato. Adesso
dobbiamo ragionare sui nuovi contributi previdenziali per gli
apprendisti. L’apprendistato è un percorso formativo, ma la formazione
non può essere riconosciuta per 6 anni. Secondo me si può pensare di
graduare l’aumento dei contributi nella durata del contratto.
All’inizio si paga poco, ma se l’apprendistato si allunga si paga di
più».

Fatto questo, la Finanziaria è chiusa?

«Grosso modo, sì»

E il bollo auto, lo cambierete per l’ottava volta?
«Io difendevo l’impostazione originaria che aveva una taratura
ecologica degli aumenti e degli sgravi. Non so se c’è spazio per
ripensarci, ma il mondo non finisce con la Finanziaria. Anzi. Da
gennaio lanceremo un grande piano per l’efficienza energetica,
coinvolgendo imprese e cittadini e da lì in poi qualche cosa in più per
la mobilità dovremmo farla».