La «luna di miele» di Berlusconi con gli italiani rischia di essere
troppo dolce. E, come le torte eccessivamente zuccherate, il risultato
potrebbe anche disgustare. Il presidente del Consiglio, infatti, dopo
una campagna elettorale insolitamente priva di spettacolari promesse,
sembra aver puntato tutto sui fatidici 100 giorni, quelli che segnano
spesso non solo un primo bilancio del governo, ma danno l’impronta di
una intera legislatura. Così, con un ritmo forsennato, si susseguono
annunci di provvedimenti a raffica: sulla sicurezza, sull’immigrazione,
sui rifiuti, sulle intercettazioni, sull’Alitalia, sugli statali
fannulloni e, persino, sulla prostituzione. Un frenetico carosello
d’iniziative che vorrebbero rispondere alle due sostanziali attese
degli elettori. Quella di un ministero forte, compatto, capace
finalmente di decidere. E quella di un ministero che non ha paura di
scelte coraggiose, che non si fa intimidire dai conformismi del
«politicamente corretto», capace di sfidare i vecchi tabù della
sinistra culturale e politica. Insomma, per cominciare a parlar
schietto, di un vero governo di destra.
In Italia, nessun presidente
del Consiglio, dopo Ricasoli, Sonnino e Salandra, ha mai amato che si
definisse così il colore di un suo ministero. Eppure, una normale
democrazia funziona con l’alternanza al potere dei due classici
schieramenti politici. Ecco perché, per motivi diversi, anche meno
nobili, pure una parte degli elettori contrari a Berlusconi, visto
sconfitto lo schieramento amico, si è augurata di vedere all’opera
«finalmente un governo di destra vera, come quello della Thatcher o di
Reagan».
In realtà, Berlusconi si è ispirato a modelli meno
obsoleti. Il suo punto di riferimento, lo si è capito subito, è
Sarkozy. Quello, per la sicurezza, dell’ex ministro dell’Interno.
Quello, per l’economia, del candidato all’Eliseo che invoca «la libertà
di poter lavorare quanto si vuole». Quello del trionfatore alle
presidenziali che promette l’immediato «aumento del potere d’acquisto»
dei francesi.
Il subitaneo favore popolare e mediatico ottenuto con
il primo Consiglio dei ministri, a Napoli sull’emergenza rifiuti, ha
avuto il risultato di invogliare il «Berlusconi quater» a una
moltiplicazione di annunci che rischia di contraddire proprio quei
caratteri di solidità, concordia e, soprattutto, di efficacia vantati
all’atto della sua nascita. Alle partenze fulminanti, infatti, si
susseguono sempre bruschi stop. L’elenco è lungo, per cui si possono
citare soltanto i casi più clamorosi.
Si decidono specie di
«tribunali speciali» per l’emergenza dei rifiuti in Campania e, poi, si
capisce che è difficile sottrarre la questione al «giudice naturale»,
perché, come ricorda Andreotti a Scalfari nel film Il divo, «il
problema è più complesso». Si minaccia il carcere ai clandestini e,
poi, ci si accorge che non ci sarebbero penitenziari sufficienti, si
ingolferebbero ancor di più i tribunali e tutto finirebbe come le
«gride» di manzoniana memoria. Per l’Alitalia non solo il rischio di
fallimento è più vicino, ma forse la soluzione «Air France» era proprio
l’unica che poteva evitarlo. Licenziare gli statali fannulloni è
un’ottima idea, ma neanche l’attivismo del benemerito Brunetta riesce
ad assicurarlo senza infilarsi nel solito tunnel delle trattative
sindacali che si sa già come finiscono. Levare le prostitute dalle
strade è un proposito che non solo non trova nella maggioranza
l’approvazione unanime, ma sembra colpire le vittime invece che gli
sfruttatori. Infine, sulle intercettazioni appare subito chiaro come
l’intenzione governativa finirebbe per assicurare l’impunità alla
maggior parte dei criminali in circolazione, rafforzando peraltro
l’idea che si vogliano garantire gli affari illeciti della solita
«casta» di politici, amministratori e portaborse dei potenti.
Il
risultato della politica degli annunci è sotto gli occhi di tutti:
spesso è mancata proprio quella coesione nella maggioranza di cui si
voleva dar prova, perché, in molti casi, la Lega si è dissociata dalla
coppia Fi-An; c’è uno scarto evidente tra le intenzioni di decisionismo
e di concretezza e l’inefficacia pratica dei provvedimenti proclamati;
la raffica di iniziative, su argomenti sempre disparati, provoca
disorientamento sulle linee essenziali del governo, alle prese ogni
giorno con avanzamenti e retromarce incomprensibili. Certamente il
clima di idillio tra Berlusconi e la generale opinione pubblica non è
ancora compromesso. Ma spingere il pedale delle attese, moltiplicare le
speranze, semplificare problemi complicati facendo credere in soluzioni
imminenti può portare a cambi di umore repentini tra gli italiani. Come
è avvenuto, peraltro, proprio tra Sarkozy e i francesi. Il presidente
d’Oltralpe sta raccogliendo i frutti amari di promesse troppo facili,
soprattutto sull’attuale unico banco di prova dei governi europei: i
bilanci delle famiglie. Forse sarebbe meglio che Berlusconi si
concentrasse su questo grave e fondamentale problema e smorzasse l’eco
dei più disparati annunci.