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25 Gennaio 2006

Bentornati al Medioevo

Autore: Claudio Fava
Fonte: l'Unità
Per una volta Berlusconi ha detto il vero: sotto il suo impero l’Italia
conoscerà finalmente i poliziotti di quartiere. Ne ha istituiti una sessantina
di milioni, ieri mattina alla Camera, con una legge che introduce in Italia la
licenza di uccidere per chiunque contro chiunque.
Da domani, per sparare in faccia a qualcuno sarà sufficiente che ci si
senta minacciati. E se non t’hanno dato il porto d’armi, la leggina del
centrodestra prevede che tu possa ripiegare sul coltello o su qualsiasi altro
«mezzo idoneo»: pinze, motoseghe, randelli, attizzatoi, fionde… Una fantasiosa
estensione del principio di legittima difesa che ci riporta dritti dritti nel
basso medioevo.

Eppure a codesta legge di un solo articoletto, che la Lega si prepara a
sventolare negli alpeggi elettorali di Pontida tra ampolle sacre e piadine, va
comunque riconosciuto un merito: fa piazza pulita di ogni ipocrisia, di ogni
pietismo sociologico mettendo finalmente sullo stesso piano la vita e la borsa,
la pelle e i piccioli. Si può sparare su chi ti aggredisce ma anche su chi cerca
di fregarti il portafogli, sui ladruncoli che s’infilano a casa tua, sui
briganti di quindici anni che vanno all’assalto delle tabaccherie, sul topo
d’auto che ti guarda con la faccia cattiva. Come accadeva nel far west, quando i
ladri di cavalli non si rieducavano: s’impiccavano e basta. Surreale il commento
dell’ingegner Castelli: «È un importante passo avanti per Abele». Caino è
avvertito.

È che se uno s’impegna, una buona ragione per mettere mano alla fondina si
troverà sempre: difendere l’incasso, difendere la vita, difendere i cavalli,
difendere la faccia…

Qualche decina di anni fa accadde a Catania, nel vecchio
San Cristoforo, che un giovane capomafia si prendesse a pistolettate con il boss
d’una famigliola rivale. Per strada, sotto gli occhi del popolo: dicono le
cronache che fu un bel duello. Uno ci rimase stecchito, l’altro finì in galera.
Ma solo per poco: in Assise lo assolsero per legittima difesa. Spiegò
l’avvocato, e gli credette la corte, che a quel duello l’imputato non si sarebbe
potuto mai sottrarre, pena la sua onorabilità. E siccome da quelle parti l’onore
vale quanto la vita e la borsa… Insomma, il tipo (che si chiamava Ferrera,
detto «Cavadduzzo», ed era cugino di Nitto Santapaola) fu assolto e poté da quel
giorno cominciare la sua carriera criminale. Il suo avvocato invece si meritò la
paga e la gloria: era un principe del foro di Napoli, si chiamava Giovanni
Leone. Quando lo elessero Presidente della Repubblica, a San Cristoforo
festeggiarono con tre giorni di fuochi d’artificio.