ROMA – «Capisco che il Polo esulti per lo scampato pericolo, per aver difeso l´ultima trincea. Ma temo che Berlusconi voglia usare il risultato di Catania come un narcotico per nascondere la profondità della crisi, crisi che c´è ed è molto grave». La preoccupazione di Piero Fassino per come il centrodestra si prepara a usare la vittoria di Scapagnini, «con un danno irreparabile per il Paese», supera i timori per un´inversione di tendenza rispetto ai successi del centrosinistra: «È un voto che ci deve servire da frusta, il vento è dalla nostra parte ma dobbiamo alzare le vele nel modo giusto».
Con la vittoria di Catania, Berlusconi pensa di essersi garantito altri nove mesi di vita e il sogno della rimonta. Può cambiare direzione quel vento di centrosinistra?
«Non bisogna confondere l´albero con la foresta. Solo un mese fa la Casa delle libertà ha perso 12 regioni su 14, nove capoluoghi su nove, due province su due. Quindici giorni fa, in Sardegna, è stata sconfitta per 6 a 1. Anche in Sicilia, a 40 chilometri da Catania, hanno perso Enna. Insomma, Catania non può essere presentata come il segno di una ripresa. Oggi la crisi del centrodestra non è diversa da quella di 48 ore fa».
Un po´ meno grave, forse.
«Io vedo un Polo diviso come prima, il crollo di consensi non si è arrestato. In Sicilia, Forza Italia perde i due terzi dei voti, An è sull´orlo di una scissione e il vero vincitore è Raffaele Lombardo che si è presentato con le sue liste in aperta polemica con la Cdl nazionale e con il suo partito, l´Udc. Berlusconi sta cercando di utilizzare il successo di Scapagnini per imbullonare la sua maggioranza e chiudere qualsiasi discussione interna, illudendosi così di recuperare qualche consenso. Ma la loro crisi politica resta aperta. E soprattutto non cambiano i termini della crisi italiana, una vera e propria recessione».
L´audizione di Siniscalco in Parlamento non l´ha convinta?
«La reticenza di Siniscalco doveva servire ad addolcire la pillola, ma quello che ha detto è sufficiente a confermare le analisi più drammatiche. Ha ammesso che il deficit di bilancio dello Stato è attorno al 4 per cento e che nel 2006 si sfonderà questa cifra, ha ammesso che diminuiscono le spese per gli investimenti ed è sconcertante che abbia parlato solo da ministro del Tesoro quando è invece il titolare dell´Economia. Nemmeno una parola sull´economia reale da sostenere. Competitività, crescita, tutela dei redditi: non esiste uno straccio di strategia. Si continua a sbandierare la magia della riduzione dell´Irap che però avrebbe i primi benefici tra un anno, se va bene. E non sappiamo con quali introiti verrebbe sostituita, visto che finanzia il sistema sanitario nazionale. Un quadro del genere alimenta la percezione di un governo non all´altezza e fa crescere la sfiducia. Berlusconi, però, si consola. Catania, secondo lui, dimostra che quando partecipa in prima persona alla campagna elettorale, tutto si risolve. Dimentica di dire che è andato anche a Verona, a Padova, in Sardegna e hanno sempre perso».
La vostra ricetta è sempre "elezioni anticipate"?
«In un Paese normale un governo responsabile farebbe subito una cosa normale: prende atto che si è rotto un rapporto di fiducia e propone lui di andare al voto in anticipo in modo che gli elettori diano un mandato forte a chi deve governare. Continuo a pensare che sarebbe la soluzione migliore. Presentino una Finanziaria di emergenza che eviti il collasso dei conti pubblici e poi si passi alle urne. Ma se hanno paura o si illudono di poter recuperare, allora vengano in Parlamento e dimostrino la capacità di affrontare i problemi del Paese. Presentando misure per il contenimento del deficit e del debito, invece di predicare solo rassegnazione. E proponendo interventi per il rilancio della competitività che abbiano efficacia immediata. Un tempo si sarebbe usata la svalutazione competitiva, oggi l´equivalente può essere la riduzione del cuneo fiscale, cioè la riduzione degli oneri fiscali sul lavoro per le imprese e per i lavoratori».
Cambiamo punto di osservazione: perché a Catania l´Unione ha interrotto il trend favorevole?
«Per il centrosinistra è sempre stata una città difficile, non è un problema di oggi. E il centrodestra ha usato ogni mezzo per recuperare voti, compresa l´inflazione di candidati. Basti pensare al fatto che c´erano 31 liste in gara…».
Era una partita truccata?
«Non parlo di partita truccata perché rispetto i risultati elettorali e i cittadini che hanno votato. Anzi, penso che il centrosinistra sia chiamato a un esame severo su se stesso per capire perché a Catania ha vinto il centrodestra».
E i Ds sono andati molto male: solo il 5,4. Salvi parla di risultato pessimo.
«Viene confermato che a Catania siamo un piccolo partito. Il dato è analogo alle elezioni politiche del 2001. Certo, è una percentuale che non ci soddisfa, tanto più in anni in cui la Quercia è cresciuta ovunque. Anche a Enna e in altri comuni siciliani si vede un progresso che a Catania non c´è. Dobbiamo riflettere con i dirigenti catanesi su questo voto e su come affrontare il problema. E più in generale c´è un problema della sinistra visto che sono minime pure le percentuali di Pdci, Prc e Sdi».
Catania doveva essere, per la Margherita in particolare, la bussola per decidere sulla lista unica dell´Ulivo. Qual è la rotta, a questo punto?
«Catania dice che non si deve dare per scontata la immediata attrazione del voto moderato e del centrodestra. Anzi, quel risultato dimostra che quei voti possono rifluire, tornare al Polo. È necessario che l´Unione abbia una politica che convinca gli elettori del Polo. Da questo punto di vista, vale la pena di riflettere su un dato: alle Europee, un anno fa, fatte le debite differenze con le comunali che hanno tanti candidati e tante liste, l´Ulivo prese il 30 per cento a Catania. Insomma, questo voto dice che la crisi del centrodestra è evidente, ma che quei consensi non si trasferiscono automaticamente a noi se non si fa una politica per conquistarli».
E per lei uno degli strumenti di conquista è sempre la federazione dell´Ulivo.
«Se guardiamo al voto delle Europee e delle regionali, emerge che gli elettori premiano chi si presenta unito. L´Ulivo ha raccolto tanti voti perché offre una speranza in più e quella speranza non va delusa».
È il suo messaggio a Rutelli?
«Non si tratta di imporre niente a nessuno. Ma osservo che un Ulivo che si presentasse unito avrebbe maggiori capacità di attrarre voti moderati e del Polo di quante ne ha ciascun partito da solo. Un Ulivo con Dl, naturalmente. Perché so benissimo quanto prezioso sia stato e sia l´apporto della Margherita al progetto ulivista e lavorerò fino all´ultimo per creare le condizioni affinchè prosegua il cammino comune per la lista unitaria. Mi rivolgo quindi a Rutelli: ragioniamo, discutiamone, riuniamo la federazione e lì decidiamo insieme».
Nessun rimpianto se la Margherita dice di no?
«Intanto la Margherita non ha detto di no ed è in corso una discussione che va rispettata. Mi auguro che prevalga la riconferma del disegno unitario condiviso finora. Ma se così non fosse, noi non intendiamo rinunciare. Del resto, Rutelli ha in più occasioni definito la federazione come una cooperazione rafforzata usando il gergo europeo. Beh, in Europa questo è un meccanismo che consente, a chi vuole realizzare processi unitari più avanzati, di poterlo fare. Anche quando alcuni decidono di aspettare. È come per la moneta unica, che oggi è a dodici, ma la porta resta aperta a chi voglia aggiungersi successivamente».