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24 Luglio 2008

Annunciano il dialogo e poi lo truccano

Autore: Ninni Andriolo
Fonte: L' Unità

Promulgando il «lodo Alfano» il Capo dello Stato prende atto che il
Parlamento non ha apportato modifiche sostanziali «all’impianto» che
aveva ottenuto già il disco verde del Quirinale. E che, «a un primo
esame» del Colle, era «risultato corrispondente ai rilievi» della
Consulta sulla sospensione dei processi alle alte cariche dello Stato.
La celerità della decisione di Napolitano, quindi, non riveste
significati altri rispetto ad una prassi consolidata che richiede un
esame più circostanziato in caso di provvedimenti legislativi frutto di
iter parlamentari più complessi di quello del «lodo». L’articolazione
del «pacchetto sicurezza», ad esempio, potrebbe determinare tempi meno
rapidi. Molti ipotizzavano il rinvio alle Camere di quel provvedimento,
presentato al Colle in forma di decreto, ed emendato di soppiatto in
Parlamento con la «salva premier». La moral suasion quirinalizia, alla
fine, ha convinto la maggioranza a disinnescare quella bomba
istituzionale. Sul lodo Alfano, in sostanza, il Colle non compie una
scelta politica, ma istituzionale. Che, tuttavia, innesca l’aspra
reazione di Di Pietro: il lodo «è incostituzionale e comunque
immorale». Il Pd Salvatore Vassallo, al contrario, spiega che il Colle
«non è chiamato a giudicare su basi soggettive della moralità delle
leggi approvate dal Parlamento, ma solo dell’eventuale, manifesta
incostituzionalità». Per il vicepresidente del Csm, Mancino, tuttavia,
«non sarebbe fuor d’opera rafforzare con legge costituzionale una legge
ordinaria». Il via libera del Colle, va ricordato, non esautora il
giudizio che spetterebbe alla Consulta qualora un giudice – anche nel
processo Mills – dovesse sollevare questione di legittimità
costituzionale in relazione al «lodo Alfano». Rafforzarlo, quindi,
potrebbe creare uno scudo perfino più efficace a tutela delle alte
cariche dello Stato. Il modo spiccio con cui il Guardasigilli tratta la
dichiarazione di Mancino, tuttavia, la dice lunga sull’ispirazione
«pigliatutto» che guida la maggioranza. Inebriato dall’uno-due che
punta a rendere Berlusconi intoccabile «come un sovrano» – decreto
sicurezza, più lodo Alfano – il centrodestra viene paragonato
dall’opposizione a «una macchina schiacciasassi». E il Cavaliere
d’altra parte ringraziando i suoi parlamentari, dimostra l’interesse
tutto personale a una riforma ad personam della giustizia. Con buona
pace di chi spera, anche ai vertici dello Stato, che – tranquillizzato
dal congelamento dei suoi processi – Berlusconi possa tornare a
impugnare la palma del dialogo, il ministro della Giustizia spiega che
la legge costituzionale che chiede Mancino, rappresenterebbe – di fatto
– una perdita di tempo. «Il lodo è già legge dello Stato – taglia corto
Alfano – Siamo ormai proiettati sulla riforma della giustizia, che avrà
come cardine l’accelerazione dei processi che chiedono i cittadini».
Ricordando il provvedimento «blocca centomila processi» confezionato
dal Pdl, le parole del ministro fanno quantomeno sorridere. E
consentono di prevedere un congegno normativo studiato apposta per
annegare il vero obiettivo di Berlusconi – la resa dei conti definitiva
con la magistratura a suon di separazione delle carriere, controriforma
del Csm e via elencando – dentro una selva di norme demagogiche
condite, magari, da qualche provvedimento utile. Spezzare questo gioco,
che trucca continuamente le carte e mortifica il Parlamento, è compito
di tutta l’opposizione, e del Pd in particolare. Che non si farà
intimidire, certo, dall’ennesima beffarda caduta di stile del portavoce
del Cavaliere. «Sono favorevole al dialogo – ripete Bonaiuti – Ma
Veltroni si è letteralmente incapricciato di Di Pietro. Speriamo che
come tutti gli amorazzi estivi anche questo finisca con la stagione
delle balere».