7 Febbraio 2007
Anche lo screzio Italia-Usa aiuta Prodi a compattare l’Unione
Autore: Stefano Folli
Fonte: Il Sole 24 Ore
Di fronte alla pressione di sei ambasciatori in Italia, in particolare quello degli Stati Uniti, affinché l’Italia non abbandoni l’Afghanistan,il ministro degli Esteri ha reagito aspramente. La sua risposta ai sei è un atto d’accusa contro l’interferenza negli affari interni italiani. Una controffensiva in piena regola, che ha già ottenuto un risultato: il governo di Bucarest ha sconfessato il suo rappresentante diplomatico.
Naturalmente il problema non è la Romania, ma gli Stati Uniti. La risposta seccata di D’Alema è rivolta senz’altro a Washington. Da dove però la reazione è completamente diversa da quella venuta da Bucarest. Il governo americano ha fatto parlare un portavoce, il quale ha difeso in termini netti e precisi l’operato dell’ambasciatore Spogli.
Quindi la tensione fra America e Stati Uniti sulla politica estera dell’Italia c’è e nessuno può sottovalutarla. La replica di D’Alema dava quasi per scontato, almeno in una prima fase, che la Segreteria di Stato prendesse le distanze dal suo rappresentante in Italia. Così non è stato e forse era un po’ ingenuo sperarlo. Non solo Spogli gode del pieno consenso del suo governo, ma la lettera esprime il malessere che si è incuneato nei rapporti fra Stati Uniti e Italia.
Un malessere che forse non trova le sue cause nelle scelte concrete operate dal governo Prodi, tutte nel complesso attente alla continuità dei nostri impegni internazionali. Quanto nel senso di antiamericanismo ideologico che si respira a ogni pie’ sospinto in alcuni settori del centrosinistra. Settori che agli occhi degli americani, gente pratica, appaiono determinanti per la sopravvivenza dell’attuale maggioranza. Quindi l’equazione è presto fatta. Gli stessi che, con i loro voti in Parlamento, sono decisivi per le sorti di Prodi, sono coloro che vanno in piazza a bruciare le bandiere americane e a sgolarsi contro l’intervento in Afghanistan e contro la base di Vicenza.
È inevitabile che questo andazzo susciti la diffidenza dell’alleato americano. D’altra parte,la risposta dura di D’Alema è nella psicologia del personaggio e magari anche nella convinzione che ormai Bush è un presidente a fine mandato, minoritario in Patria:lo si può quindi prendere alla leggera. Non è così, naturalmente. Alcune linee strategiche, come la lotta al terrorismo e dunque lo stesso ampliamento della base di Vicenza,sono concepite per essere valide ben al di là della scadenza di un quadriennio presidenziale.
Comunque sia, ecco spiegate le ragioni di quella che si potrebbe definire quasi una mini Sigonella. Da un lato il responsabile della Farnesina che difende la dignità nazionale, ma pensa anche ai problemi interni della coalizione di centrosinistra. Dall’altro il presidente degli Stati Uniti che ha difronte asé poco meno di due anni di mandato e intende farli valere.
Certo,contano in questa disputa anche i problemi della coalizione. Senza dubbio Prodi e D’Alema hanno usato lo screzio con Washington per compattare l’alleanza nel vertice di ieri sera. Non era impresa impossibile, soprattutto perché nessuno voleva rompere sulla politica estera. Quindi sono bastate un po’ di promesse, come quelle sul maggiore impegno civile a Kabul, e il viso feroce con Washington.L’intesa su Vicenza si trova… Il problema è capire quanto sia profonda e quanto non sia destinata a frantumarsi al primo ostacolo.