Roma. Arturo Parisi, ex ministro, braccio destro di Prodi, alle primarie ci ha sempre creduto. E ora guarda con un misto di soddisfazione ed incredulità alla marea di cittadini che è andata ai gazebo per votare Matteo Renzi segretario del Pd.
Dunque, professore, una grande soddisfazione anche perchè i timori della vigilia erano tanti.
“E’ stato un fatto enorme. Basta un semplice raffronto. Se infatti, come nel 2009, avesse votato un elettore del partito su quattro, avrebbero dovuto votare poco più di 2 milioni. Aver registrato tre milioni di voti significa che la base degli elettori può tornare ai valori passati e allo stesso tempo che la scommessa sulla democrazia offerta dalle primarie è cresciuta.”
Eppure D’Alema che invitava a non abusarne?
“Altro che dall’abuso, D’Alema voleva dire guardiamoci dall’uso. Dal suo punto di vista, se ne avesse avuto la forza, forse sarebbe stato meglio, che, invece di piegarsi come il giunco alla corrente ci avesse detto chiaro che erano una “boiata”. E saremmo restati alla più prudente cooptazione dei capi che decidono se il tuo turno è arrivato. Ci saremmo evitati così tutti questi “sfrontati” che alzano la mano senza chiedere prima il permesso. Ma se non lo disse, e anzi le vantò come “una nostra invenzione” fu perchè anche lui capiva che della crisi dei vecchi partiti le primarie non erano la causa, ma semmai il loro effetto. E al tempo stesso l’unico strumento per dare un senso a quel tanto che dei partiti era sopravvissuto.”
Però a guardare i risultati del voto, alla somma dei voti raccolti da Renzi e Civati si direbbe che la diffidenza di D’Alema era più che fondata.
“Certamente. Più che la sinistra, ad uscire sconfitta dal voto è la “ditta”, la catena di comando che faceva capo a D’Alema e al suo patto con Marini. Ma, quel che più conta, sconfitta proprio coi voti che in passato avrebbero dato per scontati. Guardi al divario impressionante che nelle zone rosse (in Umbria, in Emilia e in Toscana) c’è stato tra il voto degli iscritti e quello degli elettori. Secondo il Cattaneo tra gli elettori, per Renzi, quasi 30 punti percentuali che tra gli iscritti. La misura di quanto il partito si fosse allontanato dal suo elettorato. E allo stesso tempo la spiegazione del perchè il vertice voleva primarie le più chiuse possibili. Questa è la novità di Renzi. Nato nelle regioni rosse perchè per primo aveva visto là questo scollamento.”
Dopo il no iniziale, quanto ha pesato sul risultato complessivo la decisione di Prodi di partecipare?
“Di certo la sua assenza avrebbe rafforzato la scelta di chi si era già allontanato e indebolito il richiamo dei delusi. Non ha visto le facce e i capelli della gente che faceva la fila ai gazebo? Se a vincere è stata certo la nuova generazione nata a metà degli anni ’70. Alla vittoria l’ha portata la generazione dell’Ulivo. Quella che le primarie le ha conquistate. E lei pensa che su questi l’assenza di Prodi sarebbe restata senza conseguenze? “
Professore ci aiuta a ricordare? Come nascono le primarie, chi ha avuto l’idea originaria e perchè?
(Se fosse per l’idea, non c’era che da copiare. È ormai da decenni che alla Tv vediamo gli americani in fila per scegliere direttamente i candidati, e non solo a limitarsi a scegliere tra proposte di altri. Ma in politica conta non chi lo dice prima, ma quello che per primo lo fa, capisce il tempo, si assume il rischio.) Fu nel luglio del 2004, quando al ritorno di Prodi da Bruxelles, capimmo che il tempo era arrivato. E lui da leader si accollò il rischio della sfida. Anche se la sua candidatura appariva scontata, per primo disse ai partiti, “sentiamo i cittadini”. Sentiamo i cittadini? Una rivoluzione.”
Nella sua esperienza quali sono state, le primarie politicamente più importanti?
”A livello nazionale quelle di ieri sono state di certo le più vere. A differenza di primarie passate, nessuno può dire che fossero un rito chiamato a confermare una decisione già presa altrove da altri. Ma ad esse siamo arrivati per approssimazioni successive e soprattutto per l’esperienza cresciuta a livello locale a cominciare dalle prime che nel gennaio 2005 sperimentarono in Puglia il modello di primarie di tipo aperto” definite dal Comitato da me presieduto che istituimmo a seguito della richiesta di Prodi.”
E cosa fare della domanda che si è espressa in questa affluenza imprevista?
“Innanzitutto bisogna dare ad essa una risposta urgente. Un voto così esteso impone che i tre impegni di Renzi (sui costi della politica, sul senato, e sulla legge elettorale) trovino subito risposta. Guai se in occasione del voto di fiducia di domani si tornasse alle dilazioni di ieri. Senza date precise, e impegni puntuali l’entusiasmo delle primarie finirebbe come la nebbia al sole.”
(tra parentesi la parte omessa nella versione stampata)