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10 Dicembre 2013

PARISI: IL RISULTATO CERTIFICA IL DIVARIO TRA IL VECCHIO PD 
E IL SUO ELETTORATO.
Intervista a Carlo Fusi, 

Il Messaggero

Roma. Arturo Parisi, ex ministro, braccio destro di Prodi,
alle primarie ci ha sempre creduto. E ora guarda con un 
misto di soddisfazione ed incredulità alla marea di 
cittadini che è andata ai gazebo per votare Matteo Renzi 
segretario del Pd.

Dunque, professore, una grande soddisfazione anche perchè i
 timori della vigilia erano tanti.





“E’ stato un fatto enorme. Basta un semplice raffronto. Se 
infatti, come nel 2009, avesse votato un elettore del 
partito su quattro, avrebbero dovuto votare poco più di 2 
milioni. Aver registrato tre milioni di voti significa che 
la base degli elettori può tornare ai valori passati e allo 
stesso tempo che la  scommessa sulla democrazia offerta
 dalle primarie è cresciuta.”





Eppure D’Alema che invitava a non abusarne? 




“Altro che dall’abuso, D’Alema voleva dire guardiamoci 
dall’uso. Dal suo punto di vista, se ne avesse avuto la 
forza, forse sarebbe stato meglio, che, invece di piegarsi 
come il giunco alla corrente ci avesse detto chiaro che 
erano una “boiata”. E saremmo restati alla più prudente 
cooptazione dei capi che decidono se il tuo turno è
 arrivato. Ci saremmo evitati così tutti questi “sfrontati” 
che alzano la mano senza chiedere prima il permesso. Ma se
 non lo disse, e anzi le vantò come “una nostra invenzione” 
fu perchè anche lui capiva che della crisi dei vecchi 
partiti le primarie non erano la causa, ma semmai il loro 
effetto. E al tempo stesso l’unico strumento per dare un 
senso a quel tanto che dei partiti era sopravvissuto.” 





Però a guardare i risultati del voto, alla somma dei voti 
raccolti da Renzi e Civati si direbbe che la diffidenza di
 D’Alema era più che fondata.





“Certamente. Più che la sinistra, ad uscire sconfitta dal 
voto è la “ditta”, la catena di comando che faceva capo a 
D’Alema e al suo patto con Marini. Ma, quel che più conta, 
sconfitta proprio coi voti che in passato avrebbero dato
 per scontati. Guardi al divario impressionante che nelle
 zone rosse (in Umbria, in Emilia e in Toscana) c’è stato 
tra il voto degli iscritti e quello degli elettori. Secondo 
il Cattaneo tra gli elettori, per Renzi, quasi 30 punti
 percentuali che tra gli iscritti. La misura di quanto il 
partito si fosse allontanato dal suo elettorato. E allo 
stesso tempo la spiegazione del perchè il vertice voleva
 primarie le più chiuse possibili. Questa è la novità di
 Renzi. Nato nelle regioni rosse perchè per primo aveva 
visto là questo scollamento.”





Dopo il no iniziale, quanto ha pesato sul risultato
 complessivo la decisione di Prodi di partecipare?

“Di certo la sua assenza avrebbe  rafforzato la scelta di
 chi si era già allontanato e indebolito il richiamo dei
 delusi. Non ha visto le facce e i capelli della gente che 
faceva la fila ai gazebo? Se a vincere è stata certo la
 nuova generazione nata a metà degli anni ’70. Alla vittoria
 l’ha portata la generazione dell’Ulivo. Quella che le
 primarie le ha conquistate. E lei pensa che su questi 
l’assenza di Prodi sarebbe restata senza conseguenze? “





Professore ci aiuta a ricordare? Come nascono le primarie,
chi ha avuto l’idea originaria e perchè?




(Se fosse per l’idea, non c’era che da copiare. È ormai da 
decenni che alla Tv vediamo gli americani in fila per
scegliere direttamente i candidati, e non solo a limitarsi
a scegliere tra proposte di altri. Ma in politica conta non 
chi lo dice prima, ma quello che per primo lo fa, capisce 
il tempo, si assume il rischio.) Fu nel luglio del 2004, 
quando al ritorno di Prodi da Bruxelles, capimmo che il 
tempo era arrivato. E lui da leader si accollò il rischio 
della sfida. Anche se la sua candidatura appariva scontata, 
per primo disse ai partiti, “sentiamo i cittadini”.
 Sentiamo i cittadini? Una rivoluzione.”





Nella sua esperienza quali sono state, le primarie 
politicamente più importanti?




”A livello nazionale quelle di ieri sono state di certo le 
più vere. A differenza di primarie passate, nessuno può 
dire che fossero un rito chiamato a confermare una 
decisione già presa altrove da altri. Ma ad esse siamo
arrivati per approssimazioni successive e soprattutto per 
l’esperienza cresciuta a livello locale a cominciare dalle
 prime che nel gennaio 2005 sperimentarono in Puglia il 
modello di primarie di tipo aperto” definite dal Comitato
da me presieduto che istituimmo a seguito della richiesta
di Prodi.”





E cosa fare della domanda che si è espressa in questa 
affluenza imprevista?





“Innanzitutto bisogna dare ad essa una risposta urgente. Un
 voto così esteso impone che i tre impegni di Renzi (sui
 costi della politica, sul senato, e sulla legge elettorale)
 trovino subito risposta. Guai se in occasione del voto di
 fiducia di domani si tornasse alle dilazioni di ieri. Senza 
date precise, e impegni puntuali l’entusiasmo delle 
primarie finirebbe come la nebbia al sole.” 





(tra parentesi la parte omessa nella versione stampata)