Ad Arturo Parisi, enfant terrible del Pd, professore universitario cresciuto a Sassari, uno dei pochi che ha deciso spontaneamente di non ricandidarsi alle ultime elezioni per il parlamento, il congresso del Pd non è piaciuto «perché è stata una conta e non un congresso». Unica consolazione per l’ex ministro del governo Prodi, è la sicura elezione di Renzi alla segreteria del Pd; a differenza di quanti in questi giorni stanno salendo sul carro del vincitore, Parisi ha scelto Renzi sin dalla prima ora vedendo nel “ragazzaccio di Firenze” la discontinuità. A sorpresa, il professore mostra solo una moderata soddisfazione per il risultato eccezionale raggiunto dai renziani a Sassari. Parisi fa un bilancio della situazione politica e del Centrosinistra in particolare in questa intervista alla Nuova in cui si augura che Renzi possa essere il segretario vincente in Sardegna in quelle che saranno le sue prime elezioni da segretario nei primi mesi del 2014.
Il prossimo 8 dicembre, Renzi di cui lei è stato uno dei primi sostenitori, diventerà segretario del partito guidato da Berlinguer e poi da Natta, Occhetto, Prodi, D’Alema, Veltroni e Bersani, nomi che sembrano c’entrare poco con il sindaco di Firenze?
«La ringrazio per la domanda, perché è quella che si pongono in molti. Detta così, in effetti, non si capisce cosa Renzi abbia da spartire con la maggior parte dei nomi citati. Ma è una domanda sbagliata. Alcuni di questi, penso a Berlinguer, a Natta e ad Occhetto del Pd non ne hanno mai fatto parte e forse non ne avrebbero comunque fatto parte. Altri, come D’Alema, non lo hanno mai guidato e meno che mai sognato. La verità è che ancora difficile pensare al Pd come a un partito veramente nuovo. Ed è difficile perché ancora nuovo non è. Il compito, diciamo la scommessa, di Renzi è semmai proprio questa, dare vita a una partito che, senza dimenticare la storia passata della nostra democrazia, prenda finalmente sul serio quel progetto che nel solco dell’Ulivo avevamo immaginato. Fondare una nuova famiglia in una casa nuova nella quale chiunque sia scontento del presente e ansioso di un futuro più giusto possa sentirsi alla pari di tutti e a suo agio».
Un meccanismo contorto ha portato Renzi a vincere il congresso dei delegati provinciali, eppure ora c’è chi sostiene che se alla primarie voteranno meno di due milioni di elettori ai gazebo, Renzi sarà un segretario dimezzato. Cosa ne pensa?
«È un argomento messo in avanti per indebolire una vittoria che per svilirla si dà già per scontata. Se il voto dell’otto dicembre aperto ai cittadini sarà preceduto, come mi auguro, da un confronto e da una competizione tra le diverse idee del Paese, della democrazia e del partito e non semplicemente tra i nomi e le facce dei candidati che le sostengono, penso che la partecipazione non deluderà. Se la sua caduta dovesse confermare il crollo già verificatosi tra gli iscritti prima che il vincitore sarebbe dimezzato il partito».
Perché il congresso Pd non le è piaciuto?
«Ma perché chiamarlo ancora congresso? I congressi di partito io ho fatto in tempo a vederli. Pensi a quelli dell’inizio degli anni Sessanta, quando nacque il Centrosinistra o a quelli della solidarietà nazionale alla fine degli anni Settanta. Non pensa che sarebbe valsa la pena di discutere con la stessa passione e la stessa verità di queste larghe intese? Almeno ora visto che non ricordo che lo si sia fatto all’inizio. Guardi come e quanto discutono in Germania della Grande Coalizione»?
Una soddisfazione dal congresso l’avrà avuta: Sassari è la provincia più renziana d’Italia con il 75% dei voti.
«La soddisfazione sarebbe stata certo più grande se quelli che appena qualche mese fa hanno sostenuto la linea opposta, ora che hanno cambiato di campo ci avessero aiutato a spiegare ai cittadini in che cosa avevano sbagliato e perché hanno cambiato idea».
Dopo la sfida Cuperlo-Renzi, in molti ipotizzano la scissione del Pd che sconta dall’inizio, come sosteneva Macaluso, la colpa di non avere un’anima comune. Ci sarà una scissione?
«Forse di anima ancora se ne vede poca. Né di quella nuova comune, ma men che mai di quelle antiche. Ma i corpi si sono così mescolati che ritornare all’inizio non è più così facile».
Renzi da segretario dovrà affrontare la prima prova elettorale con le elezioni regionali del 2014. La Sardegna, oltre alla crisi socio economica più grave, sta vivendo la crisi della politica anche per quella che è stata chiamata questione morale. Che cosa potrà fare Renzi nei primi cento giorni della sua elezione?
«Gli consiglierei non dico di trasferirsi da noi, ma di seguirci e frequentarci almeno quanto, ma non certo come Berlusconi cinque anni fa. Poche regioni hanno da insegnare sul presente e sul futuro quanto la nostra Sardegna».
Non è pentito, «Arturillo», così come il vecchio amico Francesco Cossiga chiamava Parisi, della scelta di aver lasciato il parlamento ma non certo la politica: «La causa per la quale mi sono speso non è stata sconfitta ma certo non ha ancora vinto, continuerò a battermi per le mie idee dalla parte dei cittadini», ha detto Parisi che ha specificato: «Nel campo del Centrosinistra, per l’Italia e per la Sardegna». E la sfida, per chi è stato, come lui, fautore del referendum anti-porcellum, è quella di riformare il Paese, a cominciare dalla legge elettorale e favorire il rinnovamento.