ROMA – L´appello di Kofi Annan è «carico di ambiguità» e soprattutto sembra un intervento svolto «sotto ricatto». Il segretario del Prc, Fausto Bertinotti, non lascia margini di interpretazione alle parole pronunciate dal segretario generale delle Nazioni Unite. Quello di Annan è un discorso irricevibile e certo «nulla può cambiare in vista del voto sul provvedimento che rifinanzia la missione italiana: «Prodi su questo è stato chiarissimo e io resto su quella posizione». Anzi, su questo l´Unione non può «esitare» altrimenti ne uscirebbe «indebolita».
Insomma Annan non modifica il vostro atteggiamento.
«È vero che ci sono molti segni che indicano una situazione instabile e incerta. Ci sono degli assaggi della possibilità di muovere qualche pedina per uno sviluppo nuovo».
Però?
«Però, ci vorrebbe un´azione risoluta in grado di utilizzare tutti questi assaggi e incertezze per determinare una novità».
Al Palazzo di Vetro hanno appunto individuato la novità nelle elezioni.
«In quel voto la cosa importante è stata la partecipazione. Il risultato, però, ci dice della chiusura del paese. La vittoria sciita pone il problema del coinvolgimento sunnita per evitare la balcanizzazione dell´Iraq. È un risultato segnato drammaticamente dal permanere di una situazione di guerra».
Lei sostiene che a Bagdad c´è la possibilità di un cambiamento ma non una situazione nuova?
«Il quadro è effettivamente molto movimentato. Basti pensare alla Sgrena, una giornalista di pace preda di una situazione in cui terrorismo e guerra si inseguono. O al governo italiano che, posto di fronte all´esigenza inderogabile di salvare la vita a una nostra concittadina, viene messo in condizione di trovare una sospensione per trovare un linguaggio di pace. La Rice poi viene in Europa per chiedere un coinvolgimento, ma Cheney ripete che l´Iraq deve essere in grado di difendersi facendo pensare ad una guerra indefinita».
Quindi nulla che possa convincervi a cambiare idea?
«Rimaniamo comunque di fronte all´orrore dei morti».
Nel centrosinistra, però, molti hanno sostenuto che la presenza in Iraq avrebbe assunto un altro carattere se autorizzata dall´Onu.
«L´appello di Annan è carico di ambiguità. Non riesce a dire una cosa che ripristini l´autonomia delle Nazioni unite».
Eppure è un appello rivolto proprio ai paesi e alle forze politiche che non hanno partecipato al conflitto.
«Prende solo atto della situazione di crisi ma non individua una discontinuità rispetto alla guerra. Bisognerebbe costringere gli Usa a un´inversione di rotta, a un´interruzione della politica di guerra».
Sospetta che Annan sia sotto ricatto?
«Certamente. La verità è che il Palazzo di Vetro è sotto schiaffo del governo americano. Noi, comunque, potremmo rispondere solo se l´Onu programmasse il ritiro delle forze armate dall´Iraq».
In concreto cosa servirebbe?
«Poiché l´Onu è dimezzata, servirebbe una grande iniziativa diplomatica europea a favore di una nuova delibera delle Nazioni unite che ponga fine all´occupazione. Quindi una Conferenza di pace. Solo dopo questi passaggi, se fossero utili delle forze di sicurezza, allora si potrebbe pensare a unità militari che non sono state coinvolte nel conflitto. Ma questo riguarda il dopo. Il punto è ora».
Appunto. E in vista del voto in Parlamento si potrebbe riaprire il dibattito nel centrosinistra.
«In Italia spesso quando si vota per una cosa, si dice agli elettori che il significato è un altro. In Parlamento si vota solo per il finanziamento della missione in Iraq. Ed è paradossale che il governo, che produce guasti rilevanti, rivolga appelli all´opposizione senza modificare la sua linea politica. L´unico appello ragionevole è smettere la guerra».
Ammetterà che nell´Unione, basti pensare a diversi esponenti della Margherita, qualcuno potrebbe prendere spunto dall´appello di Annan per rivalutare la linea concordata.
«Un´alleanza deve essere unita negli atti, nelle analisi ci possono essere posizioni diverse. Se il governo ci prospettasse delle novità, ne discuteremmo. Ma al momento non ne ho viste. Di sicuro indebolirebbe l´opposizione attribuirle un carattere esitante che non ha».
Il voto in Parlamento è un atto.
«Certo e la stragrande maggioranza dello schieramento è per il no».
Cosa accadrebbe se ci fossero dei distinguo?
«Perché dovrebbero esserci? Perché dovremmo dividerci? Prodi ha riassunto la posizione in termini precisi e c´è la convergenza di tutti. Io resto a quanto concordato quando abbiamo presentato il nuovo simbolo. L´unica cosa ragionevole è bocciare un governo che è in guerra».
Le parole di Kofi Annan sono successive a quella riunione.
«E che vuol dire? C´è sempre un prima. Ma io non ho visto atti del governo che abbiano modificato la missione di guerra».