Come ha detto, lasciando la kermesse milanese del Pd? Che Veltroni e
Franceschini avevano fatto un golpe?
«A un amico ho detto sorridendo
che avevano fatto pacatamente, serenamente un golpe».
Perché anche a lei non avevano detto nulla del decalogo? Guardi che pure
D’Alema non ne sapeva niente.
Il decalogo? Non ho fatto in tempo
a sentirlo, che avevano già intonato l’inno nazionale. Da ministro della Difesa
non potevo che alzarmi in piedi».
E se Veltroni non fa retromarcia, lei davvero se ne andrebbe?
«Avrei difficoltà a stare in un
partito privo di regole e democrazia».
Ironico e disincantato, ma coi
toni calvinisti che gli sono abituali, Arturo Parisi parla. Sta andando a
incontrare il suo collega americano Robert Gates. E sarà che Roma è lontana,
l’approccio ai temi anche più caldi è sereno.
S’è chiesto perché risulta l’unico ministro di questo governo che
l’opposizione non critica quasi mai?
«Voglio illudermi che sia perché
da ministro della Difesa sento la necessità della massima unità del
Parla-mento e del Paese. Purtroppo, ho imparato che nonostante il rilievo di
questi temi, ci sono sostegni strumentali così come opposizioni strumentali».
I militari, però, sembrano apprezzarla sinceramente.
«Forse perché si sentono
apprezzati, perché è apprezzata la loro lealtà alla Repubblica, la loro
professionalità e la loro dedizione. I militari hanno il diritto di sentire il
Paese unito alle loro spalle: E io sento il dovere di lavorare per questa
unità».
Si sente in pace per come s’è risolta la vicenda dei nostri due agenti
sequestrati in Afghanistan?
«Quando si perdono delle vi-te,
nessuno può considerarsi in pace. Tornando però al momento della scelta, non
posso che ribadire quanto ho detto al Parlamento: non c’erano alternative.
Comunque, dei tre rapiti, due siamo riusciti a salvarli. E abbiamo salvato
l’onore dell’ Italia».
La volta prima però, col giornalista di Repubblica..
«Si trattava di situazione
completamente diversa. E non è un caso che allora
alcun ruolo».
Si rimprovera qualcosa, in questi 18 mesi alla Difesa?
«Mi rammarico di non esse-re
riuscito a mettere riparo a tutti i guasti fatti alla Difesa dalla gestione
Tremonti. Nonostante gli allarmi disperati di Martino, il mio predecessore,
quei danni peseranno ancora a lungo, e non basta il segno positivo di queste
due ultime finanziarie».
Lei è apprezzato per il rigore, le grandi visioni strategiche, i meriti
riconosciuti tardi. Ma non teme di passare per un grillo parlante, un
rompiscatole?
«Non è la prima volta che i
profeti di avventure vengono scambiati per profeti di sventure. Ma in politica
ognuno combatte la sua guerra, e sfortunata-mente la maggior par-te dei
combattenti con-duce guerricciole che si concludono presto con una piccola
vitto-ria o una sconfitta. A me, invece, è toccata una guerra di lunga durata,
fatta di troppe battaglie non ancora concluse».
Che cosa si aspetta da Veltroni?
«Nonostante mi abbia deluso più
di una volta, mi aspetto il ripristino della democrazia e delle regole. In
virtù delle qualità che come me gli riconoscono tanti italiani e la grande
maggioranza del popolo di centrosinistra».
Lei insiste col referendum elettorale. Per salvaguardare il bipolarismo
è disposto a sacrificare il governo e il suo amico Prodi?
«Quale sia l’ordine giusto dei
valori, dovrebbe essere chiaro a tutti. Una volta, fu chiesto a De Gasperi
quale sia la differenza tra uno statista e un politico. Lui rispose: lo
statista pensa alle prossime generazioni, il politico alle prossime elezioni».
Perché non è mai soddisfatto? Per Franceschini lei dovrebbe essere
all’osteria, ubriaco per il successo delle sue idee.
«Io per la verità, all’osteria
ero quasi entrato. Ma vi ho trovato quelli che sino al giorno prima si erano
battuti contro le mie idee, già ubriachi per i troppi brindisi alla mia
vittoria. Ho preferito stare sobrio, rinviando la sbronza ad obiettivo
raggiunto».
Vede che è un bastian contrario per principio? An-che se Mussi invita a
«far subito» quel che lei propone, visto che si finisce sempre col darle retta.
Ha dimenticato quando la chiamavano «Alì il chimico» perché voleva sciogliere
questi partiti?
«Chiedevo lo scioglimento dei
partiti esistenti. Vedo ora affermarsi, all’insegna del partito liquido, l’idea
della liquidazione di tutti i partiti. Né potrei accettare, come qualcuno
invece vorrebbe, l’omologazione nella categoria del partito liquido sul modello
di Forza Italia».
Afef assicura che anche Sharon Stone è entusiasta di Veltroni.
«Sharon Stone la conosco solo
sullo schermo. Purtroppo a noi serve il sostegno di persone in carne e ossa».
NIENTE SERAT A IN OSTERIA
Chi si era battuto contro le mie
idee brindava alla mia vittoria, così ho Preferito restare sobrio
UN CONSIGLIO A PRODI: VOLA ALTO
Per De Gasperi lo statista pensa
alle prossime generazioni e il politico alle prossime elezioni
L’ASSETTO DEL PD
1. Vicesegretario
Dario Franceschini assume l’incarico
di vicesegretario del Pd
2. Tesoriere
Mario Agostini è nominato tesoriere
del Pd
3. Compiti del tesoriere
Gestirà giuridicamente la fase
transitoria del partito fino all’approvazione dello statuto
4. Comitato dei garanti delle primarie
Svolgerà funzioni di organo di
garanzia del partito nella fase transitoria
5. Finanziamento
Gli eletti aderenti al partito
contribuiranno a finanziarlo a livello comunale, provinciale, regionale e
nazionale
LE PROSSIME TAPPE
6. Coordinatori
provinciali
Elezione il 24 novembre saranno eletti dai delegati delle
assemblee costituenti regionali
7. Gruppi Pd
Entro il 30 novembre dovranno essere costituiti ad
ogni livello istituzionale
8. Assemblee terriroriali
Saranno convocate dai segretari
regionali entro il 23 dicembre. Vi partecipano i votanti delle primarie
9. Tre commissioni
Composte ciascuna da 100 membri,
entro i131 gennaio 2008 dovranno predisporre proposte di statuto, manifesto dei
valori e codice etico da sottoporre all’Assemblea costituente per
l’approvazione entro il 28 febbraio