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22 Giugno 2013

UN’ALTRA SCISSIONE? NESSUNA PAURA. SI COMPETE ALL’INTERNO PER COMPETERE ALL’ESTERNO. Alberto Ferrigolo, Reset

 
RESET: Renziani o Bersaniani? Nel Pd i due campi ormai appaiono questi. E l’eterna querelle tra i due poli rischia di mettere al centro ancora una volta piuttosto le divergenze facendo perdere di vista la necessità dell’allargamento del consenso. Però nella dicotomia dell’interrogativo quest’ultimo tema c’è tutto: andare oltre il proprio confine di appartenenza, conquistare anche parte del consenso che c’è nel campo avverso, oppure rimestare sempre nello stesso spazio, “a sinistra”, che più di tanto non dà?
 
PARISI: Credo che innanzitutto vada verificata la proposizione di partenza che individua come riferimenti della dialettica interna al Pd Bersani e Renzi, e subito dopo l’idea che i due “campi” rappresentino la riproposizione della stessa “eterna querelle”. Se Renzi deve ancora svolgere compiutamente la proposta che nelle ultime primarie ha appena abozzato, Bersani ha invece a mio parere portato a termine la sua parabola. Questo non significa che non abbia più nulla da dire. Ma che il suo futuro non può in alcun modo rappresentare una continuazione del suo recente passato. Bersani deve riuscire cioè a mettere un punto e andare a capo muovendo da una riflessione sulla grave sconfitta alla quale ha associato il suo nome. Quel punto che avrebbe dovuto mettere nei cinque minuti successivi alla presa d’atto dei risultati e che purtroppo per noi non ha messo.
Quanto al fatto che la dialettica Renzi – Bersani possa essere letta come una riproposizione di “quella di sempre”, andrebbe chiarito in che cosa questa consista: partito-movimento? democrazia competitiva-democrazia consociativa? destra-sinistra? persona-collettivo? novisti-continuisti? exdc-expci? coalizione ulivista-cartello di partiti?
Per quel che riguarda infine la conquista di nuovi consensi, mi sembra che la domanda supponga che l’allargamento esterno sia inversamente proporzionale alla manifestazione di divergenze interne. In una democrazia competitiva fondata sulla concorrenza bipolare, quale la nostra già è in parte e soprattutto è chiamata ad essere, la competizione esterna presuppone e si nutre invece, a mio parere, della competizione interna. Naturalmente è necessario che questo avvenga in un quadro unitario. Ma la possibilità di conquistare voti del campo avverso è tanto più probabile quanto più l’elettore del centrodestra vede già rappresentate almeno parte delle sue ragioni nella competizione interna all’interno del centrosinistra.
 
RESET: Le ultime elezioni hanno dimostrato che elettoralmente non c’è domanda e mercato di “più sinistra”. Da Ingroia a Vendola, il successo non c’è stato. Però ogni volta che qualcuno si pone l’obiettivo di allargare il consenso non necessariamente “a sinistra” il Pd entra in fibrillazione. Allora la domanda è: un Pd capace di conquistare lo spazio politico vincente, di andare oltre se stesso, uscire dai propri confini, è comunque destinato a spaccarsi, a non tenere più insieme le sue anime e componenti?
Come si può ovviare a questo continuo rischio di scissione, che finisce di diventare la classica spada di Damocle che paralizza il partito, la sua dialettica interna e delle idee, la sua azione politica e programmatica?
PARISI: Fibrillazione è la parola giusta, se la usiamo per quello che significa nel linguaggio comune: “agitazione”, “nervosismo”. Starei invece attento a leggerla come annuncio di “spaccature”. Se la dialettica tra le diverse posizioni è all’esterno sopravvalutata, oltre che per il comprensibile interesse della stampa per la patologia, è per la sopravvivenza nella cultura politica di una idea dei partiti derivata dalla stagione della legge proporzionale, nella quale la quantità inevitabilmente parziale di ogni porzione, era associata alla aspirazione ad una riconoscibile qualità, cioè ad una distinta identità partitica percepibile in contrapposizione alle altre e fondata su una omogeneità interna. La competizione bipolare chiede invece ad ognuno dei due soggetti di rivolgersi all’esterno a tutti – questo significa appunto catch-all party – e quindi aprirsi a tutti all’interno. La maggiore quantità di voti necessari per la vittoria è pagata dalla disponibilità a sopportare una minore qualità interna. Prima si compirà il processo di cambiamento verso la democrazia competitiva e maggioritaria e prima la fibrillazione sarà compresa per quello che è: agitazione fisiologica in vista della gara. Fino a quando sopravviveranno invece logiche e regole proporzionali, ogni tensione e divergenza continuerà ad essere un “oh! dio mio, un’altra scissione!”.