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24 Luglio 2014

UNA STRADA PER SALVARE I REFERENDUM ELETTORALI.
di Arturo Parisi e Mario Segni. Corriere della Sera

In un recente editoriale sul Corriere, Michele Ainis si interrogava preoccupato sulla sorte destinata all’istituto referendario nella riforma costituzionale in discussione 다음팟인코더 다운로드. Mentre si accrescono giustamente i poteri del governo ci chiediamo anche noi se è saggio indebolire fino ad eliminarlo uno dei fondamentali contropoteri riconosciuti ai cittadini Hangul Wadian. Perché questo sarebbe appunto l’esito della complessa riforma costituzionale in atto qualora il testo dovesse uscire immutato dall’aula del Senato yoga music. E non pensiamo all’innalzamento a ottocentomila del numero di firme necessarie per la richiesta di un referendum.
L’accresciuto gravame è infatti controbilanciato dall’abbassamento del quorum dei votanti necessari per la validità del referendum alla meta più uno dei partecipanti alle ultime elezioni politiche Kakao Page novel. Se un referendum interpreta una domanda politica matura anche ottocentomila firme sono raggiungibili, come noi stessi abbiamo sperimentato raccogliendo in un solo mese molto più di un milione di firme per quel referendum contro il Porcellum poi sciaguratamente respinto oracle jdbc driver 다운로드.

Vogliamo invece richiamare l’attenzione sugli esiti della limitazione del referendum a intere leggi o a commi di essa con l’intento di evitare i cosiddetti referendum manipolativi 러브캐처2 5회 다운로드. Vi è infatti un campo nel quale una norma siffatta produrrebbe la totale sottrazione del diritto dei cittadini di ricorrere al referendum: quello dei referendum elettorali 헌터킬러 다운로드. Poiché la giurisprudenza della Consulta non ammette un referendum sulla intera legge elettorale per il vuoto legislativo che ne deriverebbe, escludere i referendum che riguardino singole parti equivale a impedire d’ora innanzi qualunque referendum elettorale 파워 쿼리 다운로드.

E questo l’obiettivo? Perché allora non inserire apertamente i referendum elettorali tra quelli preclusi dali ‘art. 75 della Costituzione spiegandone i motivi 목욕탕집 남자들 다운로드? Il governo si vanta che è solo grazie alla sua iniziativa che la macchina delle riforme si è rimessa in moto. E in gran parte si vanta a ragione. Non dimentichi tuttavia che è solo grazie ai referendum del ’91 e ’93 che quella macchina si mise per la prima volta in moto 노르웨이 숲 다운로드. Senza quei referendum non avremmo oggi la elezione diretta del sindaco e del presidente della Regione e non sarebbero state pensabili le stesse primarie per la guida politica del governo del Paese, il precario istituto che è all’origine della nuova stagione politica.

O è invece al futuro immediato, che pensa il governo, alla necessità di blindare la nuova legge elettorale sottraendola al rischio di un nuovo referendum?
Perché è appunto questo quello che succederebbe se la riforma dovesse pasare nel testo attuale. E saggio introdurre nella Costituzione per un calcolo contingente una norma destinata a valere per sempre? Si potrebbe rispondere che non sarebbe la prima volta. Ma è prudente e realistico? Non si rischia così di spingere quanti si oppongono anche solo ad alcuni aspetti della nuova legge elettorale a confondersi con gli avversari dell’intero pacchetto partorito dal patto del Nazareno? E’ per questo motivo che mentre il Senato vota gli emendamenti al testo, nel quadro di un ripensamento della complessiva normativa sui referendum, vogliamo richiamare l’attenzione sull’emendamento proposto dai senatori Tonini e Gotor (A.S.1429-A).

Per rendere compatibile l’esclusione di referendum manipolativi e allo stesso tempo consentire l’abrogazione totale o parziale di leggi elettorali, al fine di evitare il vuoto normativo, l’emendamento prevede che «l’efficacia della abrogazione sia rinviata all’entrata in vigore della nuova disciplina approvata dal Parlamento».
Ci auguriamo che il governo e la maggioranza voglia considerarlo con l’attenzione e il favore che merita. Non vorremmo che la confluenza tra avversari parziali e radicali della iniziativa riformatrice in corso li spinga ad operare prima e dopo la sua approvazione in parlamento perché essa possa alla fine essa possa essere ancora una volta sconfitta attraverso il referendum previsto dall’art.138. Si vanificherebbe in questo modo in un sol colpo tutta l’impresa delle riforme istituzionali che già così tante energie ha sottratto alle urgenze che chiamano il governo e la politica in altri campi della azione associata. Ancora una volta l’Italia si ritroverebbe alla prima casella di quell’infernale gioco dell’oca al quale il patto del Nazareno pensava di averla definitivamente sottratta.