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5 Giugno 2013

RIFORME, PURE LETTA FA L’AMMUINA. SERVE UNA DEMOCRAZIA FORTE, UNA DEMOCRAZIA CHE DECIDE. Goffredo Pistelli, ItaliaOggi

Perché di una riforma costituzionale in senso presidenziale c’è bisogno in Italia?
Basta guardarsi attorno. Le sembra che possiamo continuare così? Sono anni che riconosciamo come il nostro specifico problema sia la mancanza di una democrazia forte, forte perchè decidente. Possiamo continuare a scegliere tra una democrazia che non decide e decisori non democratici? E quello che ha riconosciuto anche Letta quando ha detto che la prima delle riforme di struttura che l’Europa attende da noi è quella istituzionale. Senza questa riforma neppure le altre riforme di struttura sono possibili. Venti anni fa, costretti a muoverci dentro gli spazi consentiti dalla Costituzione, abbiamo percorso la via referendaria introducendo la legge elettorale maggioritaria. Senza quel movimento nulla sarebbe stato possibile. Nei nostri comuni, a cominciare da Roma, la sera del voto si aprirebbe ogni volta un negoziato come quello che a livello nazionale definiamo ora una sciagura. Dopo qualche mese avremmo finalmente un sindaco e una giunta, anzi prima una giunta lottizzata a dovere e poi un sindaco. E il giorno dopo, gli scontenti e gli ambiziosi, comincerebbero di nuovo a tramare per una nuova amministrazione e far fuori quella appena varata. E’ grazie al Presidenzialismo che abbiamo introdotto nei comuni, nelle province e nelle regioni, se oggi i cittadini dei nostri 8100 comuni sanno la sera chi li guiderà e a chi dovranno chiedere conto fra cinque anni. Perchè non trasferire al livello nazionale l’esperienza maturata a livello locale? Quello che tuttavia non può accadere è di tornare indietro. E’ invece è propripo quello che è capitato per il livello nazionale col Porcellum. Ecco perchè, venti anni dopo il 1993, tirando la somma della nostra esperienza, abbiamo detto cambiare la legge elettorale non basta. Questo non significa che non è necessario. Almeno come norma di salvaguardia prima ci liberiamo dall’infamia del Porcellum e meglio è. Ma non basta. Visto che il governo Letta di questa meta ha fatto la sua bandiera, io dico “vedo”. Ma non lo dico al governo, lo dico ai cittadini perchè insorgano e dicano: adesso basta! Così non si può continuare.
 
Molti sembrano essersi convertiti sulla via del presidenzialismo dopo la vicenda dei Saggi di Napolitano e il suo successivo reincarico. Un’anticipazione di presidenzialismo, secondo alcuni.
O in realtà i tempi per una svolta istituzionale erano comunque maturi.
Convertiti?. Se stiamo al saggio dei saggi, io il presidenzialismo non l’ho visto. Quello che ho visto è la semplice trascrizione del punto al quale eravamo arrivati l’anno scorso. Con Violante che dice, quale presidenzialismo? Sarebbe lo stravolgimento della Costituzione. E poichè la nostra è la “più bella de mondo”, un arretramento sicuro. Come se non fosse stato proprio Scalfaro, il Presidente ricordato da tutti come il sostenitore più determinato della sua difesa e intangibilità ad avere invitato, in occasione del suo giuramento, il Parlamento a procedere ad una “globale e organica revisione della Carta costituzionale nella articolazione delle diverse istituzioni”
Era il 28 maggio 1992. Da quel giorno sono passati 21 anni. Altri 21. Se allora Scalfaro ricordando il cammino fatto a partire dalla Commissione Bozzi del decennio precedente diceva che “non è più consentito attardarsi in disquisizioni anche eleganti ma inconcludenti”, cosa dovremmo dire noi dopo 21 anni. Ecco perchè ci rivolgiamo ai cittadini.
 
Al vostro manifesto, ma soprattutto alla pubblica presa di posizione del premier Letta, hanno risposto duramente alcuni pezzi di sinistra: da Vendola a Rodotà, Carlo Galli, Pippo Civati. Matteo Orfini ha riproverato a Letta di aver detto per anni che la nostra era “la Costituzione più bella del mondo” e poi di voler cambiare. Lerner obietta invece a lei, che “adesso non è il momento”. Parrebbe che a sinistra si sia fermi a una visione anni ’70 del presidenzialismo, quando la si etichettava come autoritaria.
 
Vede? Altro che conversione di massa. Il cammino da fare è ancora molto. E va portato avanti a partire da quello fatto dai cittadini. Non mi attendo dal Governo un grande aiuto. E’ vero che Letta ha detto che la prossima volta il Presidente non potrà più essere eletto con le regole attuali. Ma da qua ad una scelta presidenzialista ce ne passa. Soprattutto se legge le precisazioni successive di Letta. La scelta di tenere una posizione neutrale. Quasi ci fosse ancora un governo tecnico o Letta fosse Napolitano che, giustamente, fonda il suo riserbo sul fatto che la riforma riguarda appunto la carica da lui ricoperta. No. Forse non è il momento. Ma non è il momento perchè la riforma doveva essere fatta molto prima. E poi non lo vedono che la riforma è già in corso? Non vedono la domanda crescente che preme su Napolitano ben oltre i limiti della forma attuale. Cosa succederebbe se invece di uno come lui, nel solco delle regole attuali, salisse al Quirinale uno privo della sua prudenza e della sua fermezza? Certo che assieme alla elezione diretta deve ripensato tutto il sistema di pesi e contrappesi, muovendo dalla esperienza e dalla lezione degli stessi francesi. Ma queste sono obiezioni giuste se avanzate per avanzare, non per star fermi o per tornare indietro.
Lei è un padre fondatore del Pd: che impatto può avere questo tema sulla unità di quel partito?
Lei vuol ricordarmi che su questo tema il partito è diviso. Ma l’unità che conta in un partito è quella fondata sulle scelte. Sulle scelte che nascono da un confronto, e che sono fatte assieme nel rispetto della democrazia. O vogliamo continuare così? Con la verità dei documenti fondativi che dicono “avanti col maggioritario”, e il lavorio nascosto dei vertici che nei fatti dice “tutta indietro” col proporzionale, con l’esaltazione a parole della partecipazione diretta delle primarie e la prassi che spinge alla delega ai partiti, e, dentro i partiti alla dirigenza di vertice.
 
Viceversa, la presenza nel Pdl di posizioni filo presidenzialiste, può determinare può indurre a un’evoluzione di quel partito, sin qui schiacciato sul suo leader?
Questo è il momento della verità. Se infatti è vero che nel Pd l’antipresidenzialismo traspare già nelle parole, nel Pdl per cercarlo bisogna guardare ai fatti. E’ vero, l’anno scorso ad approvare la destra lo approvò al Senato. Ma nessuno si chiede come mai nessuno ne abbia poi rivendicato il merito nella campagna elettorale. Lei ricorda per caso una campagna comunicativa del Pdl al riguardo? La verità è che se la scelta del presidenzialismo poteva essere difesa come strategica e giusta, i motivi erano sbagliati. Approvato ancora una volta a partire da calcoli di convenienza tattica occasionale e soprattutto di parte. Gli stessi calcoli che avevano guidato prima il rifiuto del maggioritario, per poi approfittarne più di ogni altro. Gli stessi calcoli che avevano indotto nel 2005 a sostituire il Mattarellum con l’orrido Porcellum, e lo scorso autunno a dare ad intendere di voler adottare le primarie, per poi attestarsi dopo pochi giorni nella difesa della nomina dei parlamentari e quindi del potere del capo. Trattate a partire dagli interessi particolari queste sono per tutti questioni indisponibili. Solo il riferimento all’interesse generale e l’ignoranza garantita dalla distanza dalle elezioni può sollevarci dalla disperazione. Ecco perchè non possiamo accontentarci della posizione “neutrale” di Letta e della scelta di limitarsi ad accompagnare l’iter del riforme.