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19 Novembre 2010

Primarie: ha sbagliato il Pd

Autore: Marianna Venturini
Fonte: lettera 43.it

E’ considerato, a
torto o a ragione, l’inventore delle primarie. Arturo Parisi, deputato,
ex ministro della Difesa del secondo governo Prodi,  è stato anche tra i primi a chiedere lo
scioglimento dei Democratici di sinistra e della Margherita a favore del
partito unico.

Partito a cui adesso, dopo
la sconfitta 
di Stefano Boeri alle primarie di Milano, chiede un chiarimento sulla linea politica. «Ho
paura che le dimissioni di Filippo Penati  carichino sulla sua persona responsabilità che
sono della intera catena di comando del Pd. Se si dovesse finire per
nascondere questa comune responsabilità si perderebbe un’occasione
preziosa per quel chiarimento sulla linea del partito che viene rinviata
da troppo tempo».

Nel mirino  c’è tutta l’attuale
dirigenza del Pd, a partire dal segretario, Pier Luigi Bersani: «Pensavo
che fare il segretario non fosse esattamente il suo mestiere. Non ho
cambiato idea. Ma ho scoperto che nell’attuale dirigenza non è secondo a
nessuno».

E a proposito dell’ipotesi di primarie nazionali tra
Bersani e Nichi Vendola, risponde secco: «se il Pd si propone di
uscirne sconfitto ha buone probabilità di riuscirci». Infine l’affondo:
«Se si continua così il perimetro del partito è destinato a coincidere
con quello passato dei ds».

Domanda. Il Pd è
uscito sconfitto dalle primarie di Milano. Di chi è la colpa?

Risposta. Prima
ancora del riconoscimento del risultato come una propria sconfitta, la
principale colpa del gruppo dirigente del Pd è stata proprio
l’incapacità di rivendicare lo svolgimento e la partecipazione alle
primarie come una propria vittoria. Ma la verità è che le due cose sono
nella loro testa strettamente legate. A Milano come, più o meno,
dappertutto, per la catena di comando del partito le primarie sono solo
un plebiscito propagandistico a favore del candidato ufficiale
predestinato alla vittoria. Se il risultato viene raggiunto è una
vittoria. Altrimenti una sconfitta.

D. Il Pd ha subìto la
candidatura dell’architetto o è stata una scelta decisa dai vertici?

R. A
me risulta che Boeri si sia candidato da solo. Esattamente come
Giuliano Pisapia e Valerio Onida ha alzato la mano e ha detto: ho una
idea per Milano che mi piacerebbe realizzare con voi. L’errore del Pd è
stato quello di averlo riconosciuto come il candidato ufficiale fino al
punto da far credere che a candidarlo sia stato il gruppo dirigente del
partito. L’errore di Boeri di essersi prestato al gioco.

D. Perché
i vertici nazionali del Pd non si sono fatti vedere a Milano?

R. Non
sono milanese. Quanto e come i vertici nazionali si siano spesi perciò
non lo so. La mia impressione è che si siano pronunciati anche troppo.
Se avessero lasciato Boeri a se stesso sarebbe stato decisamente meglio.
Pensavo che le lezioni subite due volte in Puglia, a Firenze, e nei
pochi posti nei quali si sono svolte primarie vere avessero insegnato
qualcosa.

D. I vertici milanesi, tra cui il capo
della segreteria politica di Pier Luigi Bersani, 
Filippo
Penati, hanno rimesso il loro mandato. Può bastare per risollevare la
situazione in Lombardia?

R. Anche se Penati
non è un dirigente qualsiasi ho paura che le sue dimissioni carichino
sulla sua persona responsabilità che sono dell’intera catena di comando
del Pd. Se si dovesse finire così per nascondere questa comune
responsabilità si perderebbe un’occasione preziosa per quel chiarimento
sulla linea del partito che viene rinviata da troppo tempo. Fino a
quando il Pd non capirà che le primarie non possono essere rivendicate a
parole e raggirate nei fatti, l’unica possibilità per i candidati
ufficiali del partito di uscirne vincitori è che siano vincitori fin
dall’inizio. A Milano come nella mia Bologna. È solo questo che ha
trasformato una vittoria in una sconfitta. Se il partito si sente
sconfitto non è perché i cittadini lo hanno abbandonato, ma perché i
dirigenti sentono come un abbandono del partito il fatto che i cittadini
non hanno seguito le indicazioni dei dirigenti.

D. Il Pd
organizza le primarie dalle quali esce politicamente sconfitto. Non è
che alla fine questi appuntamenti diventano una leva che consente a
 partiti
o movimenti più aggressivi sul territorio di vincere a dispetto dei
reali rapporti di forza tra le diverse anime della sinistra?

R. Se
si continua a fare delle cose dando a intendere di farne altre è
inevitabile che qualcuno si infili nella contraddizione e la volga a
proprio vantaggio.

D. C’è il rischio che da ipotetiche
primarie nazionali tra Bersani e Vendola Bersani esca sconfitto?

R. Possibilissimo.
Se si ripassa il film delle due primarie nelle quali Vendola ha battuto
il candidato del partito di D’Alema, si vedrà che se il Pd si propone
di uscirne sconfitto ha buone probabilità di riuscirci.

D. Il
Pd appare, anche agli elettori, sempre più stretto nella morsa Idv-Sel.
E c’è un’ala della ex Margherita che potrebbe essere tentata dal terzo
polo centrista. È possibile che il Pd venga stritolato?

R. Ridimensionato
è possibile. Stritolato un’altra cosa. Se si continua così il perimetro
del partito è destinato a coincidere con quello passato del Pci-Pds-Ds.

D. Qualcuno
ha anche pensato che sia ora di cancellare le primarie. È d’accordo
?
R. Che
qualcuno ci pensi si sente da tempo. Proprio oggi ho sentito che Bersani gli vuol dare
una “aggiustatina”. Quanto io sia d’accordo lo può immaginare. Posso
però dire che piuttosto che dare a intendere di fare primarie libere e
poi adoperarsi per raggirarle è meglio non farle. Questo però equivale a
riconoscere il fallimento del progetto Pd, l’impegno cioè di dar vita
ad un partito nuovo, non la semplice riverniciatura di storie passate.

D.
Ha detto che «
al partito non mancano i timonieri, ma
la bussola»
. Ci vorrebbe un personaggio esterno per
decifrare la direzione?

R. Esattamente il
contrario. I timonieri si potrebbero pure cercare all’esterno. Ma a
mancarci non sono certo i timonieri. Quello che un partito non può
delegare a nessuno è proprio la disponibilità di una bussola che tutti
siano capaci di leggere nello stesso modo. Con la speranza che sia la
stessa bussola alla quale fa riferimento la maggioranza dei cittadini.

D. Più
volte si è parlato di opposizione forte e autorevole che però continua a
mancare a livello nazionale. Bersani non è all’altezza?

R. Per
Bersani ho stima e simpatia che ho maturato sui banchi del governo e
confermato in questo anno di segreteria. Pensavo che fare il segretario
non fosse esattamente il suo mestiere. Non ho cambiato idea. Ma ho
scoperto che nella attuale dirigenza non è secondo a nessuno. Quello che
invece continuo a pensare è che come partito siamo tutti parte del
problema più che della soluzione. E questo sarebbe poco male, visto che
gli altri partiti stanno decisamente peggio. Quello che non riesco ad
accettare è invece che il Pd si rifiuti di aprire al suo interno un
confronto aperto che ci consenta di trovare e scegliere il nostro
futuro. L’ho denunciato inutilmente in questi tre anni nelle continue
conte che chiamiamo primarie, e nelle convention che chiamiamo
congressi, come se i cittadini non avessero visto alla televisione cosa
sono in altri Paesi le primarie, e i militanti dei vecchi partiti non
ricordassero cosa furono un tempo nel nostro Paese i congressi. Comincio
purtroppo a disperare. Cercare non equivale a trovare. Ma difficilmente
si trovano cose che non si sono cercate.

D. Rimpiange
l’Ulivo?

R. E me lo chiede?